L’impatto della pandemia da Covid-19 sulla vita dei minori – bambini, e adolescenti – impone di mettere a fuoco quella che è stata chiamata una “pandemia parallela”[1].
Pur se le manifestazioni cliniche sono contenute, ovunque nel mondo lo stress psico-sociale prodotto su bambini e ragazzi dalle circostanze della pandemia ha provocato disagi e patologie, con conseguenze estremamente diversificate a seconda dell’età, delle diverse condizioni sociali e ambientali.
Una pandemia parallela
Questa pandemia parallela, che colpisce le generazioni nella fase in cui si sviluppano le energie finalizzate ad alimentare l’immaginazione del futuro, è destinata ad incidere profondamente sulla psicologia dei ragazzi, in modo particolare sugli adolescenti. Il disorientamento generato non può non richiamare l’attenzione degli adulti.
Sembra di poter osservare che tale questione, per quanto ripetutamente evocata, sia ancora lontana dall’essere formulata come un tema centrale per il loro sviluppo. I tratti più incalzanti del dibattito corrente non lasciano percepire sufficiente determinazione nell’assunzione di questa responsabilità. I bambini e i ragazzi, dentro i limiti delle loro possibilità, ci lasciano intuire – a dispetto di tutto – una grande attesa e una implicita fiducia nella capacità degli adulti di interpretare lo stallo presente con la resilienza e la creatività che sono necessarie per trarne un insegnamento.
Non tutte le nostre abitudini di vita devono “ritornare come prima”. Affinché le abitudini buone possano riprendere, dobbiamo certamente “fare i conti” con quelle che ci hanno resi troppo spensierati nei confronti del bene comune e della vulnerabilità individuale.
Con questa Nota la Pontificia Accademia per la Vita, nel suo concreto esercizio di tutela e promozione della vita, vuole fare tesoro di quanto vissuto in questi mesi, riconoscendo le risorse positive emerse durante questo tempo di pandemia e evidenziando alcuni luoghi particolarmente fragili e problematici, al fine di affrontare il prossimo futuro con quella speranza che è dovuta alle giovani generazioni.
Le risorse di bambini e adolescenti al tempo del Covid
I bambini e i ragazzi, proprio in questo frangente così inedito, pervasivo e traumatico per gli stessi adulti, mostrano una attenta capacità di essere sensibilizzati e coinvolti nella comprensione e nell’interpretazione della pandemia e dei suoi effetti.
Nei più piccoli, proprio nel momento stesso in cui cresce una maggiore comprensione della realtà, aumenta la sensibilità per le domande e le risposte che riguardano il dolore, la malattia e la cura. Tale sensibilità rappresenta un primo e rilevante passo dello sviluppo di una coscienza morale. Non si può pensare che i bambini, anche piccolissimi, non abbiano senso di empatia e capacità di capire il dolore degli altri: lo percepiscono come esperienza moralmente rilevante.
Si tratta di una qualità umana, che sempre emerge e sempre ci meraviglia. Per quanto povera di esperienza e riflessività adeguate, infatti, la coscienza è umana fin dall’inizio. Già nei primi anni di vita, dunque, noi intuiamo in profondità la questione del bene e del male come tema ineludibile del senso della vita. Per quanto misteriosa – e spesso persino enigmatica – questa sensibilità per la qualità morale della vita ci avvolge interamente fin da quando siamo bambini.
Davanti alla morte i più piccoli sanno esprimere una sorprendete intuizione della sua dimensione di misterioso passaggio e di ininterrotta vicinanza. L’idea stessa di Dio rimanda spontaneamente ad un affidamento ultimo, attento, sensibile. Un’intuizione originaria dell’Amore, un riconoscimento fiducioso del Padre[2], di cui i bambini sono anche capaci.
Durante questi tragici mesi è poi emersa la resilienza[3] che caratterizza le giovani generazioni, che hanno continuato a proiettarsi nel futuro nonostante gli eventi destabilizzanti, le condizioni difficili, talvolta anche i gravi traumi. Si è trattato della messa in campo di una resistenza agli eventi gravi della vita attraverso la reattività di risorse interiori e di sostegni esterni.
I ragazzi sono capaci di resilienza: disagio psichico e reazione resiliente possono coesistere anche nei bambini e negli adolescenti. Per questo non vanno lasciati soli: é necessario attivare percorsi di rielaborazione del trauma, riconoscendo un senso e un significato dell’esperienza umana condivisa, resa difficile da eventi traumatici collettivi. L’esercizio di un dialogo empatico e di una elaborazione narrativa adeguati sono un ausilio di attenzione e di partecipazione indispensabili: sia nelle forme di cooperazione famigliare, fra genitori e comunità locali.
Sia nella diffusione e nella distribuzione più ampia di parole e incontri che danno un senso, una direzione e un orientamento alle esperienze vissute.
Il momento della rielaborazione è anche l’occasione per comunicare ai minori una fiducia nella scienza. Davanti alle malattie come il Covid19, l’intelligenza umana sta trovando risposte, secondo gli statuti propri della ricerca scientifica.
Le giovani generazioni, cresciute in un mondo fortemente tecnologizzato e scientificamente spiegato possono essere aiutate a riconoscere nella scienza un processo di fallimenti e vittorie attraverso cui ci si avvicina alle soluzioni. Al contempo, in un tempo in cui emerge un pericoloso negazionismo del valore della ricerca scientifica, la pandemia si presenta come una grande occasione per ribadire il valore e l’altezza dell’essere umano e del dono delle proprie capacità intellettuali.
La realizzazione di vaccini efficaci è stata, anche, il frutto della condivisione di competenze scientifiche transnazionali e di rilevanti mezzi finanziari sia pubblici che privati che permettessero la gratuità della vaccinazione. Sono, questi, elementi tipici del mondo globalizzato, che abbiamo la responsabilità di presentare come pregi e opportunità.
Quattro sfide gravi e urgenti
Il perpetuarsi della pandemia a livello mondiale chiede di affrontare il prossimo futuro con un’assunzione precisa e condivisa di responsabilità nei confronti delle giovani generazioni.
Si segnalano qui quattro ambiti in cui è necessario avere una particolare attenzione.
Aprire il più possibile le scuole
La scelta di chiudere le scuole, operata con modalità e tempi diversi nel mondo, è stata motivata dalla comunità scientifica con la necessità di evitare la diffusione del contagio nelle comunità. L’esperienza di precedenti epidemie ha dimostrato l’efficacia di questa misura nell’ottenere un controllo dell’infezione e un appiattimento della curva del contagio.
D’altra parte, non si può non sottolineare la gravità di una tale misura, che dovrà in futuro essere considerata solo l’ultima ratio da adottare in casi estremi e solo dopo aver sperimentato altre misure di controllo epidemico quali una diversa sistemazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dell’organizzazione dell’intera vita scolastica e dei suoi orari.
Laddove infatti le misure di contenimento hanno costretto i ragazzi alla pratica abituale – e spesso singhiozzante – della didattica a distanza, l’impoverimento dell’apprendimento intellettuale e la deprivazione delle relazioni formative sono diventati un’evidenza condivisa.
Questa costatazione non impedisce di apprezzare l’uso dei mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione per non perdere semplicemente la didattica e il contatto. Dobbiamo ringraziare le risorse della rete e auspicarne un rafforzamento in alcune aree del mondo dove l’uso dei collegamenti virtuali è ancora troppo debole. Ma è del tutto evidente che non bastano.
Non si deve neppure escludere, nondimeno, la possibilità che una privazione così estrema avrebbe forse stimolato una resilienza più creativa e ingegnosa: in molti paesi, ancora adesso, la drastica limitazione delle possibilità di istruzione è contrastata dalla commovente ostinazione di piccoli alunni che fanno chilometri a piedi per raggiungere la scuola e di insegnanti itineranti che raggiungono piccoli gruppi di alunni nei loro villaggi, con i mezzi più diversi.
Quello che tuttavia viene all’evidenza – degli educatori, dei clinici, dei genitori e degli operatori sociali – è l’accumulo di frustrazione e di disorientamento soprattutto degli adolescenti, particolarmente aggravato da pregressi contesti di povertà e disagio sociale.
La mancanza di interazione multidimensionale nel rapporto educativo e nella relazione sociale prova un impatto negativo sul sentimento della qualità della vita, sulle motivazioni della formazione della persona, sulla cura della responsabilità sociale. Non possiamo non sottolineare che la frequenza quotidiana della scuola non è solo strumento educativo.
Per tutti, ma soprattutto in età adolescenziale, si tratta anche di “scuola di vita”, di relazioni, di legami amicali e di educazione affettiva. La chiusura delle scuole ha interrotto anche le relazioni sociali o le ha gravemente mutilate.
È importante rimarcare una serie di conseguenze negative che ancora oggi destano grave preoccupazione:
- Nei paesi del Sud del pianeta è cresciuto in modo preoccupante il tasso di abbandono scolastico in seguito all’interruzione della scuola. Si stima che almeno 10 milioni di bambini, nel mondo, non torneranno più a scuola[4]. Molti di loro vengono riassorbiti da problematiche sociali che li costringono al lavoro minorile e allo sfruttamento.
- È accresciuto il rischio di una regressione importante delle abilità /acquisizioni scolastiche. L’interruzione ha di fatto limitato l’accesso all’istruzione, accentuando a questo riguardo le ineguaglianze a causa del “digital divide”[5] connesso alle pratiche di didattica a distanza, delle ridotte capacità dei genitori di supportare i figli nello studio domestico, delle diseguaglianze in ordine alle diverse tipologie abitative.
- Si è ridotto l’apporto calorico quotidiano[6] per quei bambini che vivono in zone dove il sistema scolastico provvede anche il cibo, colmando così situazioni di svantaggio economico, per altro aumentate a causa della crisi economica generata dalla pandemia. Al contrario, la chiusura delle scuole si associa nel mondo più sviluppato a stili di vita meno sani, relativamente alle modalità di alimentazione e alla ridotta attività fisica. L’incremento del peso nel breve periodo[7], anche modesto, può avere conseguenze a lungo termine per la salute (soprattutto maggiore incidenza di diabete e patologie cardiovascolari). L’interruzione di attività sportive ha avuto un impatto negativo sia dal punto di vista fisico che mentale e relazionale.
- L’ impatto sulla salute psico-fisica, mentale e sociale dei ragazzi e sull’interazione sociale generata dalla chiusura delle scuole ha generato disturbi d’ansia, depressione e stress[8]. Inoltre, la chiusura dei centri sportivi e le altre limitazioni imposte dal distanziamento sociale hanno determinato una riduzione dell’attività fisica – raccomandata dall’OMS in misura di almeno 60 minuti al giorno per i ragazzi di età compresa tra i 5 e i 17 anni[9] – con conseguenze in termini di incremento ponderale, ma anche di salute mentale. La ridotta esposizione dei ragazzi all’aria aperta, inoltre, si associa a deficit di vitamina D e a un peggioramento della miopia[10]. La limitazione dell’attività fisica nel corso della pandemia COVID-19 è risultata maggiore nei ragazzi le cui famiglie hanno dovuto affrontare difficoltà economiche o sono state sottoposte ad un maggiore stress psicologico[11].
- La chiusura delle scuole ha aumentato la dipendenza da internet, videogames o TV (binge watching). La restrizione drammatica del gioco all’aperto ha avuto serie conseguenze. Gli studi neuro-scientifici[12] mostrano che quando si limitano le esperienze di gioco e di esplorazione prevale una sovra-stimolazione delle aree che esprimono tristezza e paura, provocando effetti negativi sullo sviluppo del bambino.
Davanti a questa drammatica situazione, la capillare e universale diffusione dei vaccini e delle altre misure di prevenzione non aprirà – da sola – la strada. La ricostruzione della ricchezza formativa dell’interazione sociale e mentale che qualifica le fondamentali comunità di iniziazione e di apprendimento, è un tema di innovazione culturale e non solo di politiche economiche o allocazione di risorse.
Anche in questo i ragazzi ci vengono in aiuto. La chiusura forzata ha provocato una rinnovata consapevolezza dell’importanza di andare a scuola. La riapertura è sentita dai ragazzi come una mèta da raggiungere perché oggi se ne intuisce il valore, sia dal punto di vista educativo che sociale. Ne sono una prova i buoni risultati delle campagne vaccinali volte a favorire la vaccinazione per i giovani e gli adolescenti.
La tecnologia, che è venuta in soccorso soprattutto nei paesi più sviluppati e nelle città, ha dato risalto all’importanza di un uso buono e sapiente della Rete e delle risorse che in essa possono nascondersi: il futuro del sistema scolastico potrà beneficiare di un più profondo scambio di competenze e conoscenze, possibile grazie a collegamenti, lezioni on-line e materiale condiviso in rete, di cui nel tempo della pandemia si è fatto largo uso.
Custodire le relazioni familiari
L’ampliarsi obbligato della vita in famiglia ha offerto l’occasione di riscoprire il tempo condiviso come un’opportunità: una stagione da valorizzare e riempire, da mettere a frutto. La pandemia sfida i genitori e le famiglie nel loro ruolo educativo. Una improvvisa e marcata prossimità tra genitori e figli restituisce alla famiglia la visione di una responsabilità.
Quella di immaginare con fantasia e creatività una rinnovata presenza nella vita dei figli. Essere genitori non significa solo mandare i figli a scuola e preoccuparsi che la frequentino. La chiusura delle scuole ha ricollocato la vocazione a essere genitori e nonni al cuore delle famiglie. I genitori svolgono un ruolo chiave nel supportare i ragazzi e nell’aiutarli a superare le difficoltà che vivono nella nuova situazione. Questa stagione si offre come una opportunità per rivedere i contenuti della sfida educativa a partire dalle famiglie.
Al contempo, gli studi mostrano come la pandemia ha mostrato i limiti di molte esperienze familiari e dei contesti vitali e abitativi in cui sono inserite. La violenza domestica diretta o passiva (anche per lo stress economico che grava sulle famiglie) ha subito, in qualche paese, un incremento del 40-5% mentre secondo i dati di alcuni governi, le richieste di aiuto sono aumentate del 20% nei soli primi giorni del lockdown[13].
Preoccupanti segnali di disturbi del comportamento si sono verificati a livello mondiale. L’incremento dello stress genitoriale dopo un periodo prolungato di lockdown si ripercuote direttamente sul benessere mentale dei bambini. È impensabile affrontare i prossimi mesi senza un adeguato sostegno (sociale, culturale, urbanistico, economico) alle famiglie, che saranno ancora chiamate a sostenere non poche conseguenze dell’urgenza pandemica[14].
Educare alla fraternità universale
Dall’inizio del 2020 tutto il mondo si è sintonizzato su di un problema epocale di portata universale. Anche tale dimensione rappresenta una sfida educativa. La tendenza a restringere la formazione culturale entro orizzonti scolastici troppo provinciali e domestici rischia di eliminare dimensioni larghe e internazionali.
La storia del Covid-19 si presenta al mondo degli educatori come una chance preziosa. Illustrare origine, effetti e conseguenze della pandemia significa ripensare gli strumenti educativi per aiutare i bambini a scoprire e abitare il mondo, a non sentirsi estranei e a comprenderlo. Si apre la sfida per una nuova educazione alla mondialità e alla fraternità universale.
Siamo “connessi” non solo e non tanto perché esiste internet ma perché tutti abitanti della medesima “casa comune”. Scrive papa Francesco nella Laudato Si’ (92): “Non possiamo considerarci persone che amano veramente se escludiamo dai nostri interessi una parte della realtà: «Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere nuovamente nel riduzionismo».
Tutto è in relazione, e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi.” Siamo al cuore teologico della vera testimonianza di fraternità cristiana che si esprime nel raccontare un Dio che è amico dell’uomo e che chiama “amici” tutti gli esseri umani (Gv15,15).
È necessario insegnare alle giovani generazioni a non fuggire le prospettive della globalizzazione, le conquiste della scienza, la sfida ecologica, la prospettiva economica e sociale con le sue diseguaglianze, il ruolo dei social media e della tecnologia.
Non potremo né dovremo più solo lamentarci che i nostri ragazzi sono chiusi in sé stessi e dentro angusti confini culturali, fuori dal mondo e dai suoi problemi; con la pandemia tutto il mondo è entrato in ogni casa: quello dei paesi più benestanti e anziani come quello dei più giovani ma ancora in via di sviluppo. Spetta al mondo degli educatori tradurre tutto questo e farne tesoro perché le nuove generazioni aprano gli occhi e diventino più consapevoli del mondo e della loro responsabilità di cittadini e di credenti.
Trasmettere la fede nel Dio della vita
Non possiamo negare che, accanto a molti virtuosi esempi di creatività e rinnovata fantasia pastorale, per troppe realtà ecclesiali la pandemia si è rivelata una grave fonte di stress che ha generato, non di rado e con qualche ragione, una sospensione delle attività educative ordinariamente proposte dalle comunità cristiane ai bambini e ai ragazzi. L’esperienza vissuta impone, per il prossimo futuro, una doverosa e urgente ricomprensione della cura pastorale delle giovani generazioni.
La pandemia stessa, come avvenimento complesso, non può non essere considerata una occasione per approfondire e mettere a fuoco temi di enorme rilievo per l’educazione alla fede. Il Covid-19 offre la sponda per proporre ai più giovani tematiche che forse sono state troppo relegate ai margini nella pastorale ordinaria del tempo senza pandemia: da dove viene il male? Dove è Dio nel tempo dell’epidemia?
Quale è il rapporto sano ed equilibrato che la Chiesa propone tra scienza e fede? Quali pagine della Scrittura illuminano questo tempo? Quali parole davanti alla malattia e quali gesti per accompagnare i malati? Sono, queste, alcune domande le cui risposte, cercate e trovate insieme ai ragazzi, in modo adeguato e rispettoso delle diverse età, costituiranno senza dubbio una fonte e un’occasione di crescita nella fede.
La pandemia, inoltre, costringendoci più nelle case, ha come riproposto l’abitazione e la famiglia come ‘spazio sapienziale’ dell’assimilazione e della partecipazione della fede, dove si trovano gesti e parole che sostengano, suscitino e rispondano alle domande profonde dei nostri figli.
A questo fine è urgente lavorare perché, all’interno della comunità cristiana, le famiglie emergano come ‘nodi di rete’ dei cammini di formazione e di accompagnamento: con il valore aggiunto di una migliore evidenza del nesso fra vita familiare e vita della comunità, rispetto a quello della singola famiglia con l’istituzione parrocchiale.
In questo modo, tra la vita della comunità e quella dentro le mura domestiche, si incomincerà a sanare e a colmare una eccessiva distanza, che – anche a prescindere dall’emergenza – da tempo impoverisce entrambe. In tale direzione va infatti papa Francesco che scrive in Amoris Laetitia (279): “Per rendere efficace il prolungamento della paternità e della maternità verso una realtà più ampia, «le comunità cristiane sono chiamate ad offrire sostegno alla missione educativa delle famiglie», in modo particolare attraverso la catechesi di iniziazione. Per favorire un’educazione integrale abbiamo bisogno di ravvivare l’alleanza tra le famiglie e la comunità cristiana”.
Conclusione
Le radici della preoccupazione educativa della Chiesa per i suoi figli più piccoli affondano nelle stesse pagine evangeliche.
“Gli presentavano dei bambini perché, li toccasse, ma i discepoli li rimproveravano. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro” (Marco 10, 13-16).
I discepoli non facilitarono l’avvicinamento dei bambini a Gesù, che li rimproverò. La società appare talvolta più matrigna che madre: lascia i piccoli soli e senza risposte; e quelle che offre non di rado sono pericolose e dannose.
La Chiesa Cattolica, a partire dall’esperienza della pandemia, indica l’urgenza di rimuovere pesanti ostacoli che impediscono, nel mondo, un sano e positivo inserimento dei bambini e degli adolescenti nella società, e che siano create tutte le condizioni perché questo avvenga. I ragazzi devono frequentare la scuola.
Lasciamo che i bambini vadano a scuola, è il rinnovato appello che nasce dal tempo della pandemia. Lasciamo che la scuola sia un ambiente sano, dove si apprendano il sapere e la scienza del vivere insieme e delle relazioni. Lasciamo che i più piccoli abbiano buoni maestri, attenti ai talenti di ciascuno e capaci di pazienza e di ascolto.
È necessario sentire, inoltre, prepotente nei nostri cuori – e nella nostra azione pastorale – la spinta a portare i più giovani da Gesù e ad educarli alla sua scuola. Lasciamo che i bambini conoscano Gesù, medico delle anime e dei corpi, vadano a Lui con le loro domande, la loro capacità di resilienza e il loro proprio cammino di fede.
La pandemia ha richiamato tutti alla necessità di affrontare le domande autentiche e sorgive dei ragazzi nei confronti di un male improvviso e collettivo. Includere le risposte a tali interrogativi nei cammini di iniziazione alla fede è un’opportunità da non eludere. L’epidemia da Covid-19 è un fenomeno globale che ripropone la sfida di aprire le menti e i cuori ad una dimensione universale e larga.
Ce lo ha ricordato Papa Francesco, nel suo messaggio del 15/10/2020 in occasione del Global Compact on Education: “Siamo consapevoli che un cammino di vita ha bisogno di una speranza fondata sulla solidarietà, e che ogni cambiamento richiede un percorso educativo, per costruire nuovi paradigmi capaci di rispondere alle sfide e alle emergenze del mondo contemporaneo, di capire e di trovare le soluzioni alle esigenze di ogni generazione e di far fiorire l’umanità di oggi e di domani”.
[1] M. C. Cardenas, S. S. Bustos, R. Chakraborty, A ‘parallel pandemic’: The psychosocial burden of COVID-19 in children and adolescents. Acta Paediatr. 2020 Nov;109(11):2187-2188.
[2] R. Coles, The Spiritual Life of Children, 1990.
[3] E. S. Rome, P. B. Dinardo, V. E. Issac, Promoting resiliency in adolescents during a pandemic: A guide for clinicians and parents. Cleve Clin J Med 2020 Oct 1;87(10):613-618.
[4] J. A. Hoffman, E. A. Miller, Addressing the Consequences of School Closure Due to COVID-19 on Children’s Physical and Mental Well-Being. World Med Health Policy 2020 Aug 20;10
[5] S. Tang, M. Xiang, T. Cheung, Y. T. Xiang, Mental health and its correlates among children and adolescents during COVID-19 school closure: The importance of parent-child discussion. J Affect Disord 2021 Jan 15;279:353-360.
[6] A. R. Masonbrink, E. Hurley, Advocating for Children During the COVID-19 School Closures. Pediatrics 2020 Sep;146(3):e20201440.
[7] M. Ab. Khan, J. Moverley Smith, “Covibesity,” a new pandemic. Obes Med 2020 Sep;19:100282.
[8] S. Tang, M. Xiang, T. Cheung, Y. T. Xiang, Mental health and its correlates among children and adolescents during COVID-19 school closure: The importance of parent-child discussion. J Affect Disord 2021 Jan 15;279:353-360.
[9] https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/physical-activity (ultimo accesso: 6 settembre 2021)
[10] E. Shneor, R. Doron, J. Levine, et al, Objective Behavioral Measures in Children before, during, and after the COVID-19 Lockdown in Israel. Int J Environ Res Public Health. 2021 Aug; 18(16): 8732.
[11] L. C. Mâsse, I. Y. Edache, M. Pitblado, The Impact of Financial and Psychological Wellbeing on Children’s Physical Activity and Screen-Based Activities during the COVID-19 Pandemic. Int J Environ Res Public Health. 2021 Aug; 18(16): 8694.
[12] M. Poletti, A. Raballo, Letter to the editor: Evidence on school closure and children’s social contact: useful for coronavirus disease (COVID-19)? Euro Surveill 2020 Apr;25(17):2000758.
[13] M. C. Cardenas, S. S. Bustos, R. Chakraborty, A ‘parallel pandemic’: The psychosocial burden of COVID-19 in children and adolescents. Acta Paediatr. 2020 Nov;109(11):2187-2188.
[14] D. Marchetti, L. Fontanesi, C. Mazza et al, Parenting-Related Exhaustion During the Italian COVID-19 Lockdown. J Pediatr Psychol 2020 Nov 1;45(10):1114-1123.