Martedì 20 giugno è stato pubblicato il Documento di lavoro – l’Instrumentum laboris – del prossimo Sinodo sulla «sinodalità». Ho fatto un rapido scroll del testo. E ne ho tratto alcune prime impressioni che riporto come tali, non ancora ragionate.
Registro con soddisfazione, tra le cose positive, la codificazione del cosiddetto metodo della «conversazione spirituale». Un’ottima risposta al chiacchiericcio di cui parla spesso il papa e un’indicazione pastorale da custodire per ovviare alla poca attenzione che, in tante situazioni ecclesiali, si dà a un vero ascolto, non superficiale e protetto.
Annoto, però, anche la sparizione dalla Chiesa sinodale – almeno su carta – del matrimonio e degli sposi. Laddove si parla di Chiesa missionaria «tutta ministeriale» e di corresponsabilità, suona strano. Una «Chiesa-famiglia» (bene), senza famiglia?
Assenza che interroga
La parola «matrimonio» viene usata una sola volta, per riferirsi al matrimonio poligamico. La parola «sposi» mai.
La parola «famiglia» (o «famiglie») è usata ancora prevalentemente come «oggetto» di attenzione nel testo principale, salvo un richiamo in forma di domanda di cui farò cenno tra poche righe nelle schede di lavoro, ove negli altri casi si usano le due espressioni con riferimento alla «famiglia umana» e alla «Chiesa come famiglia».
La parola «coppia», in realtà al plurale, è usata in poche ricorrenze anch’essa solo nelle schede di lavoro, tra i possibili spunti di preghiera e di riflessione. In particolare, in un caso rispetto al ruolo ecumenico delle coppie «interconfessionali» (interessante).
Nel secondo, riappare nella nuova riformulazione di un mantra che procede sin dalla fine del Concilio, senza per ora avermi pacificato granché: «Le sintesi delle Conferenze episcopali e le Assemblee continentali chiedono con forza un’«opzione preferenziale» per i giovani e per le famiglie, che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale».
Dignità ecclesiologica
Non credo che la riduzione ai minimi termini del matrimonio e del ruolo ecclesiale degli sposi sia dovuta alla volontà di non confliggere con la nuova e benvenuta sensibilità verso le persone LGBTQ+.
Penso proprio che sia una negazione costante, nella storia e nella vita della Chiesa. Una difficoltà, un fastidio imbarazzato forse, a riconoscere al matrimonio la dignità ecclesiologica che merita. Spero che qualcuno porti questa osservazione nel Sinodo.
Personalmente sono rimasto a questa «visione» di 10 anni fa, quella di una Chiesa che «sa far casa»… Sono come l’ultimo giapponese nella giungla?
- Pubblicato sul blog Vino Nuovo il 22 giugno 2023
Non credo che la Chiesa sinodale – per riprendere il titolo dell’articoletto, un po’ infelice a mio modo di vedere – non abbia bisogno degli sposi. sulla famiglia c’è stata già un sin-odo e forse l’autore dovrebbe rileggersi Amoris Laetitia per notare che da allora la famiglia ha una meritata dignità ecclesiologica. Questo sinodo semplicemente ha molto altro su cui riflettere e discernere.
Sin-odo sulla famiglia è stato fatto dalla solita gerontocrazia : non è stato “camminare insieme” ma la solita produzione di documenti altisonanti con ricaduta nulla sulla vita ecclesiale . Come il sinodo dei giovani , altri faldoni di carta inutile .. scritti a tavolino da un “Altissimo Consesso di Uomini Ordinati” che hanno perso la bussola della vita reale . E la vita continua , anche senza di loro … Amen !
Giovanni , non potrei essere più d’accordo . Questa gerontocrazia ( e fra essi quanti preti giovani che credono che il loro potere liturgico li porterà oltre la crisi attuale !! ) è il vero funerale della chiesa ! E di ecclesia non c’è traccia ..
Non disperiamo! Non abbiamo ancora raggiunto il fondo della crisi del Cristianesimo. Ma la rinascita è già cominciata con le DONNE E FAMIGLIE delle nostre comunità che vivono alla periferia dell’impero. Il sinodo degli eletti e soprattutto la oligarchia gerontocratica e maschilista sono il segno di un vecchio mondo ecclesiale che sta morendo. Nascono cose nuove in un Cristianesimo ancora ben radicato nella coscienza di DONNE E UOMINI liberi nel Cristo che non devono nulla a cardinali e diplomazie vaticane. La tenerezza di Dio io la vedo negli abbracci e baci di una mamma e un papà ai figli. La vedo nella gioia di due fidanzati mano nella mano, nel camminare abbracciati di una coppia di nonni. Non vedo la tenerezza di Dio nei freddi e insignificanti segni di pace di vescovi e preti concelebranti, magari dopo aver predicato e dato tanti buoni consigli ai genitori. Predicano sulla famiglia ideale che non esiste, da singoli, adolescenti che non vogliono crescere, da narcisisti inguaribili. Hanno le chiavi ma non aprono, e il peggio è che impediscono ad altri di aprire! Maranatha.