Il 18 febbraio scorso papa Francesco, rivolgendosi ai partecipanti di un corso di formazione aperto a operatori della giustizia e della pastorale familiare, organizzato dalla Rota Romana, ha dichiarato: «A partire dai due motu proprio Mitis iudex e Mitis et misericors Iesus è andata crescendo la consapevolezza circa l’interazione tra pastorale familiare e tribunali ecclesiastici, visti anch’essi nella loro specificità come organismi pastorali. Da una parte, un’integrale pastorale della famiglia non può ignorare le questioni giuridiche concernenti il matrimonio. Basti pensare, per esempio, al compito di prevenire le nullità di matrimonio durante la fase previa alla celebrazione, e anche accompagnare le coppie in situazioni di crisi, compreso l’orientamento verso i tribunali della Chiesa quando sia plausibile l’esistenza di un capo di nullità, oppure il consigliare di iniziare la procedura per la dispensa per inconsumazione. Dall’altra parte, gli operatori dei tribunali non possono mai dimenticare che stanno trattando questioni che hanno una forte rilevanza pastorale, per cui le esigenze di verità, accessibilità e prudente celerità devono sempre guidare il loro lavoro; e non va trascurato, altresì, il dovere di fare il possibile per la riconciliazione tra le parti o la convalidazione della loro unione»
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Nel solco di queste parole di papa Francesco si pone il prezioso servizio scaturito dalla riflessione permanente di don Emanuele Tupputi, che si avvale dell’esperienza e dall’incontro delle persone sofferenti anche nell’esercizio del ministero di giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Pugliese. Non a caso, nel sussidio dal titolo Per una Chiesa in cammino: un percorso di discernimento in foro interno, egli prende le mosse, come ben collocato in seconda di copertina, da Amoris laetitia 312, e cioè dall’invito rivolto da papa Francesco ai fedeli che stanno vivendo situazioni complesse, ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore.
Sembra pertanto le premessa corretta e indispensabile per una nuova impostazione della pastorale familiare relativa a tali situazioni complesse, che richiedono una particolare capacità di ascolto, con affetto e serenità, ricorda il papa, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa.
Insomma, un servizio delicato, da svolgere con competenza e sapienza evangelica (…dediti al Signore...) proteso a “risollevare” le persone “a terra”, secondo la dinamica del Buon Samaritano. Con tali premesse, il lavoro svolto dall’arcidiocesi di Trani, anche nella metodologia, si connota di tratti di sistematicità e di praticità, nell’orizzonte largo della compassione e dell’ascolto. Con la preoccupazione, una vera e propria ansia pastorale, di guarire coloro che soffrono a motivo delle ferite inferte dalle esperienze della vita.
Le indicazioni pastorali sono chiare, precise, aiutano passo dopo passo il soggetto che intende farsi carico di tale servizio, che va all’incontro con i drammi delle persone sofferenti con le braccia allargate, con fare discreto, facendo intravvedere a chi sta male la speranza che tutto possa risolversi, che si possa ritrovare la gioia.
La fase 2, quella del discernimento, è particolarmente delicata, in quanto, con umiltà e pazienza, bisogna aiutare il fedele a prendere coscienza del passato, a vivere il presente e a rilanciare il futuro. Un passaggio delicato, nel quale chi opera deve essere nelle condizioni spirituali di trasmettere la gioia di una vita vissuta secondo il vangelo della misericordia.
La terza fase, quella dell’integrazione, ha lo scopo di inserire progressivamente la persona in cura nel contesto comunitario, una sorta di neocatecumenato, consentendole di agganciarsi alla comunità creando e intensificando relazioni, per uscire dall’isolamento, che costituisce una ulteriore sofferenza, fortificandosi. Una fase, questa della integrazione, nella quale occupa una parte importante il percorso di corretta formazione della coscienza, altrimenti non in grado di compiere, tramite momenti di riflessione, un esame di coscienza; una fase che ha come icona biblica i discepoli di Emmaus e che pone alla base del percorso di crescita spirituale la Parola di Dio e l’insegnamento della Chiesa, nonché, “in certi casi”, i sacramenti.
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La finalità di questo percorso – ricorda il Responsabile diocesano del Servizio per l’accoglienza dei fedeli separati don Emanuele Tupputi – è proprio quello di creare, come auspica Amoris laetitia, “processi di consapevolezza che aprano alla crescita nella sequela evangelica mediante un attento e paziente accompagnamento e discernimento”.
Uno sforzo ulteriore che la Chiesa diocesana sta compiendo per intercettare i drammi familiari, con l’auspicio di incontri fraterni con l’avvio di processi relazionali finalizzati a riportare le persone all’incontro con il Signore e quindi a un progressivo rientro nelle comunità, magari, in certi casi, con il supporto sacramentale.
A tal fine l’arcidiocesi di Trani, proprio per cadenzare questo processo di reintegra delle persone che versano in situazione di difficoltà, ha di recente emanato, un Regolamento (un unicum nel panorama nazionale dalla pubblicazione del m.p. Mitis iudex Dominus Iesus e da Amoris laetitia), che offre a ogni singolo operatore piena consapevolezza del ruolo che svolge, nonché della sua interpretazione nella diocesi, nonché del percorso di formazione necessario per svolgere il servizio e arricchire il proprio bagaglio culturale.
Come diceva Sant Alfonso….ne manda più all Inferno la FALSA MISERICORDIA che la Giustizia di Dio. Se ti separi non per tua colpa rimane fedele al Sacramento come hanno fatto schiere di cristiani.
Sono d’accordo con l’Amoris Laetitia per i fratelli separati! È giusto (chi ha ragione e non colpa nella distruzione del matrimonio), vivere con diritto dentro la Chiesa. Non ci sono privilegiati dentro la Casa del Signore. Perché Lui è venuto per i malati, non per i sani. E i sani, avere più umiltà, carità e amore, verso chi soffre nell’anima. Scusatemi e grazie🤍🕊️
ciò che Iddio ha congiunto l’uomo non separi» (Mt 19,5-6); «Chiunque ripudia la propria moglie e ne prende un’altra, commette adulterio; e chiunque, prende quella che è stata ripudiata dal marito, commette adulterio» (Lc 16, 18)
Penso che queste parole di Gesu’ saranno al piu’ presto cancellate dal Vangelo ,per venire incontro alla mentalita’ del secolo.
Del resto non c: erano registratori ai tempi di Gesù. Diranno che queste parole non sono vere . I teologi odierni certo roveranno un modo per rinnegare l’ insegnamento di Gesu’ sul matrimonio . Tutto va in questa direzione: per piacere al mondo si stravolge persino il messaggio di Gesu’ , che e’ molto chiaro e non si presta a fraintendimenti.
Resta sempre la misericordia di Dio (e quella che dovremmo avere noi, ma dai due commenti non mi sembra ci sia), nei confronti di chi si ritrova separato non per colpa sua, o di chi è costretto a separarsi per la violenza del coniuge….
Il discernimento…… per consolidare le persone nel loro peccato mortale. I veri cattolici sono quelli della Fraternità SPOSI PER SEMPRE che accettano la propria croce e si santificato. Qui si vuole santificare il peccato permanente e pubblico. Tanti auguri….
Esistono milioni di cattolici silenziosi “sposi per sempre” che non appartengono a nessuna fraternità o accolita di nessun tipo. Semplici cattolici.