Alla larga dal “Mondo russo”

di:
ivanov

Aleksander Ivanov, Apparizione di Cristo al popolo (1837-1857)

Dopo la pubblicazione de Il presente e il futuro del Russkji Mir − un testo di sei cartelle approvato dai 488 delegati del Congresso generale del Consiglio mondiale del popolo russo (27 marzo) − non sono mancate le reazioni delle Chiese ortodosse di obbedienza russa ma operanti fuori della Federazione.

Ho già censito la presa di distanza della Chiesa ucraina di Onufrio (qui su SettimanaNews) che in un comunicato, non firmato, ha denunciato le richieste dell’assemblea presieduta dal patriarca di Mosca, Cirillo, come posizioni che «non possono essere sostenute da una Chiesa che si pretende cristiana».

L’appoggio totale alla guerra in Ucraina, la riaffermazione che il «mondo russo» (Russkji Mir) comprende obbligatoriamente russi, ucraini e bielorussi, la dimensione imperiale della Russia, la famiglia necessariamente numerosa e devota, la politica antimigratoria, l’educazione autarchica e l’ipotesi irrealistica di una nuova urbanistica, e cioè gli argomenti sviluppati dal testo russo hanno trovato l’opposizione delle Chiese legate al Patriarcato.

Estoni e lituani si dissociano

Il sinodo della Chiesa estone afferma in un comunicato che il Congresso del popolo russo «non ha niente a che vedere con la Chiesa ortodossa estone del Patriarcato di Mosca. Più volte, nelle dichiarazioni del sinodo, abbiamo sottolineato il carattere di autonomia della nostra Chiesa in materia economica, amministrativa, scolastica, educativa e civile. Non accettiamo il documento finale del Congresso perché non è conforme, a nostro avviso, allo spirito dell’insegnamento evangelico».

Il primo firmatario è il metropolita Eugenio, costretto a ritornare in Russia perché ritenuto un pericolo per il governo del paese estone. La mancanza di qualsiasi censura di Mosca nei suoi confronti mostra l’irrilevanza del suo dissenso, inteso come una «vacanza scolastica» da parte del patriarca. La presa di distanza non ha convinto le autorità estoni che hanno convocato per spiegazioni il vescovo Daniel, il sostituto locale del metropolita.

Il presidente del parlamento, Lauri Hussar, ha sottolineato che ogni ambiguità va chiarita e il ministro dell’interno, Lauri Lāānemets, ha qualificato come molto allarmanti le affermazioni del testo russo.

Il vescovo Innocente di Lituania ha rimarcato: «Per principio non sono d’accordo con il contenuto del documento finale adottato dal 25° Congresso mondiale del popolo russo […]. La Chiesa ortodossa lituana ha condannato la guerra in Ucraina a tutti i livelli». Ha annunciato di aver dato le dimissioni dall’organizzazione russa.

Ha preso posizione anche il Consiglio dell’arcidiocesi delle Chiese ortodosse di tradizione russa, presenti soprattutto nei paesi francofoni ed europei, rientrato nell’obbedienza russa nel 2019 dopo un faticoso conflitto interno. Ha riaffermato la sua condizione plurietnica e plurilinguistica, dichiarando antievangelica la pretesa di identificare la Chiesa con un singolo popolo. «La parola della Chiesa non è una parola di carattere culturale, sociale, demografico, etnico e geopolitico».

Nessuna capacità autocritica

Parole molto sofferte ed esplicite sono state raccolte fra i «dissidenti» russi. Per le persone più avvedute in Russia il nazionalismo estremo di Cirillo e la sua eresia ecclesiale richiamano «letteralmente concetti nazisti. Nell’ideologia nazista si parlava di “mondo ariano” e adesso nel ruolo di “non ariani” e di “ebrei” è l’intero Occidente» (Valerian Dunine-Barkovsky).

«Per lungo tempo i cristiani ortodossi erano fieri che, nella propria storia, non ci fosse un fenomeno simile alle crociate. Ma, dopo il documento del Congresso russo, mi pare che marciamo esattamente nello stesso modo. Più avanti ci vergogneremo di questo». «Dopo aver letto attentamente il documento del Congresso mondiale russo arrivo a concludere che le misure punitive verso i dissidenti e verso tutti quelli che non sostengono ciecamente il governo saranno rinforzate. Crescerà la collera, la corruzione e la divisione nella società» (Sergiy Ribakov).

Uno dei dissidenti più noti, Andrei Kuraev, già collaboratore di Cirillo, privato del sacerdozio nel 2021 e ora confermato come protodiacono dal patriarca Bartolomeo (5 aprile 2024) diceva in un’intervista del settembre 2022: «Il clero ortodosso – e in particolare l’episcopato – credono che la richiesta di perdono non sia per loro. Non hanno niente da imparare dai loro errori perché non ne fanno. Se ci sono alcuni fallimenti nella storia della Chiesa, non saranno mai errori degli ecclesiastici. Li attribuiranno alle macchinazioni dei perfidi ebrei e di ogni sorte di cattolici che, da sempre, vogliono insultare gli ortodossi. Il narcisismo della classe dirigente della Chiesa ortodossa russa ha provocato una bolla di auto-soddisfazione che oggi la corporazione clericale presenta come società ortodossa».

A suo dire, aveva ragione Dostoevskij che, «mentre scriveva la Leggenda del Grande Inquisitore, intendeva parlare dell’ortodossia e ha poi indicato il grande inquisitore come cattolico solo per ragioni di censura».

Il CEC dovrebbe escludere Cirillo

Secondo lo specialista Reinhard Flogaus (Università Humboldt di Berlino), l’allineamento del patriarca Cirillo con Putin lo squalifica totalmente rispetto al cammino ecumenico e dovrebbe indurre il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) a espellere la Chiesa russa (Sŭddeutsche Zeitung, 10 aprile).

Un’ipotesi già in parte condivisa nell’Assemblea generale del CEC a Stoccarda (settembre 2022), ma alla fine rifiutata per garantire all’organismo la permanenza di una piattaforma di dialogo. Ma del programmato incontro fra le Chiese ucraine e la Chiesa russa, previsto per l‘ottobre 2023, non è rimasta traccia. Mentre risuonano ancora le aspre parole di denuncia del presidente tedesco, Steinmeier: «I capi della Chiesa ortodossa russa stanno attualmente guidando i loro fedeli e la loro Chiesa in un cammino pericoloso e sostanzialmente blasfemo che va contro tutto ciò in cui credono. Stanno giustificando una guerra di aggressione contro l’Ucraina, contro i propri e i nostri fratelli e sorelle nella fede. Dobbiamo parlare qui, in questa sede, in questa assemblea contro una propaganda che attenta alla libertà e ai diritti dei cittadini di un altro paese, contro un nazionalismo che alimenta arbitrariamente i sogni dell’egemonia imperiale di una dittatura in nome della volontà di Dio».

Per Yves Hamant, professore francese di civilizzazione russa, le affermazioni retoriche contenute nel documento russo rappresenterebbero il segnale della fragilità di Cirillo. Timoroso nel momento della conquista della Crimea, si è successivamente sempre più esposto per avere più attenzione da parte di Putin (Le Monde, 6 aprile 2024). Ma, poiché il documento è stato scritto sotto l’egida del patriarca (che probabilmente vi ha messo mano), esso «interpella in primo luogo i fedeli del Patriarcato di Mosca. Certo, alcuni non ne avranno neppure conoscenza. Altri potranno far finta di ignorarlo; in fondo non è un testo della Chiesa. Altri, invece, l’approveranno perché appartiene allo spirito del tempo attuale. Una minoranza sarà rosa dal caso di coscienza, soprattutto fra i preti. Come reagire senza rompere con la Chiesa o esporsi alla rappresaglia del potere politico?».

Torna anche la richiesta all’Unione Europea di sanzionare il patriarca come già gli oligarchi vicini a Putin, ipotesi scartata nel 2022 per l’opposizione del “democratico illiberale” Viktor Orban, primo ministro ungherese.

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6 Commenti

  1. Christian 12 aprile 2024
    • Gian Piero 13 aprile 2024
      • Christian 13 aprile 2024
      • Anima errante 13 aprile 2024
      • Angela 14 aprile 2024
  2. Mauro Pastore 12 aprile 2024

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