È morto la sera del 21 maggio a Mosca, all’età di 88 anni, Anatolij Krasikov, firma illustre della Tass, uomo integerrimo, cultore delle tradizioni ortodosse della Russia, assai vicino alla Chiesa cattolica, difensore dei diritti dei credenti delle varie confessioni, punto di riferimento dei nostri reportage a partire dallo smembramento dell’impero sovietico.
Laureato alla facoltà di storia dell’Istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali, comunemente ritenuto la fabbrica delle spie e dei collaboratori del famigerato KGB ai tempi dell’URSS. Conosceva e parlava molte lingue, un italiano perfetto.
Lunga la sua attività all’agenzia d’informazione Tass, la voce ufficiale del regime sovietico. Tra il 1959 e il 1964 è a Roma, come corrispondente ufficiale dall’Italia e dal Vaticano. Ha la possibilità di conoscere molto bene papa Roncalli, di cui diventa un appassionato ammiratore e stringe una solida amicizia con il segretario Loris Capovilla. È il tempo del concilio Vaticano II, che segue con acutezza e competenza. Accreditato dalla sala stampa vaticana, invia interessanti servizi che attirano l’attenzione dei gerarchi sovietici. Al tempo stesso, Krasikov si fa notare e stimare dai giornalisti stranieri e dalle gerarchie vaticane.
Ebbi molte volte l’occasione di conversare con lui sul suo periodo romano. Ricordava con emozione la reazione di papa Giovanni XXIII alla crisi di Cuba, il suo intervento all’apertura del Concilio, l’incontro del pontefice con Alessio e Rda Adzhubei, genero e figlia del leader sovietico Nikita Krusciov, arrivati e accolti in Vaticano come messaggeri di pace. Il suo pensiero andava spesso all’enciclica Pacem in terris, della quale fece un ampio riassunto che fu pubblicato dal settimanale moscovita Za Rubeshom nell’aprile del 1963.
Si occupò dei documenti del concilio Vaticano II, concluso nel dicembre del 1965 da Paolo VI, che furono tradotti in russo e pubblicati in versione completa e divulgati.
Di Karol Wojtyla metteva in evidenza il suo apporto personale al cambiamento dei rapporti internazionali a seguito della caduta del sistema totalitario sovietico. Si trovò – raccontava – per la prima volta accanto al papa slavo nella Giornata mondiale della preghiera per la pace il 27 ottobre 1986. “Ho pregato con i capi religiosi riuniti ad Assisi e sono sicuro che la mia modesta voce fu anch’essa ascoltata da colui al quale era rivolta”.
Krasikov non fu sempre tenero nei confronti della Chiesa ortodossa russa: “Devo riconoscere che i nostri fratelli cattolici sono andati più lontano di tutti gli altri cristiani, ivi compresi noi ortodossi, nella difesa del sacro dono della vita dalla violenza”. Ma plaudì al documento adottato per la prima volta nella storia dell’ortodossia cristiana dal concilio locale tenutosi a Mosca durante del celebrazioni del grande giubileo del 2000 intitolato: Basi della concezione sociale della Chiesa, che in molti punti era in sintonia con le tesi del Vaticano II.
Il documento dichiarava che lo stato non deve interferire negli affari della Chiesa e la Chiesa, dal canto suo, non deve interferire negli affari dello stato; ma osservava amareggiato: “Purtroppo una parte del nostro clero si è alleata di fatto con quei politici e militari che sono nostalgici del passato”. Citava il giornale edito dal dipartimento sinodale della Chiesa per i rapporti con l’esercito: “La Chiesa e le strutture militari dello stato devono funzionare come un organismo unico. Secondo il giornale, la Russia è accerchiata dai nemici e deve prepararsi a combattere per «salvare di nuovo la civiltà»”.
La confessione di Krasikov: “Ho alzato la mia modesta voce contro questa tendenza apparsa in seno alla Chiesa. E non sono stato il solo. Nel caso di molti critici della militarizzazione della coscienza di alcuni ecclesiastici si tratta della critica dall’interno della Chiesa. Non dimentichiamo le parole del patriarca Alessio II: «Ogni peccato nella Chiesa non è peccato della Chiesa, ma peccato contro la Chiesa»”. Era un ammiratore convinto di Alessio, molto meno del successore Cirillo.
Per alcuni anni Krasikov fu a capo della sala stampa della presidenza di Boris EltsIn, il montanaro degli Urali, il “ corvo bianco”, che detronizzò Gorbaciov ed ebbe due mandati presidenziali dal 25 dicembre 1991 al 31 dicembre 1999. Abdicò in favore dell’uomo forte del KGB nella Germania dell’est, Vladimir Putin. Eltsin era dello stesso anno di nascita di Krasikov.
Dal 1996 al 2016 guidò il Centro studi dei problemi della religione e della società nell’Istituto d’Europa dell’Accademia delle scienze. Era il tempo in cui nell’ex impero sovietico venivano alla luce le comunità cristiane per anni oppresse. Eltsin, che lo stimava, lo nominò segretario responsabile delle relazioni con le associazioni religiose alle dipendenze dirette della presidenza della Federazione Russa. In quegli anni si costruirono molte chiese e si fece la registrazione delle parrocchie. Krasikov si mostrò di notevole imparzialità nei confronti degli ortodossi, cattolici, protestanti, musulmani, rispettoso anche delle piccole comunità di vario orientamento religioso.
Lo ricordiamo con grande affetto e simpatia. Notevole la sua carica umana. Encomiabile la disponibilità. Profonda la conoscenza dei fenomeni religiosi. Interlocutore sobrio e documentato. Roncalliano tutto d’un pezzo, sognava l’unità delle Chiese cristiane. Ricordava: “Nel mio ufficio a Mosca è appesa un’immagine, frutto del lavoro comune degli esperti cristiani orientali e occidentali. La nostra storia vi è presentata sotto forma di un albero con un tronco robustissimo alla base, diviso più in alto in due grandi rami ed infine suddivisosi in moltissimi ramoscelli che spuntano in direzioni differenti. Così la Chiesa fondata da Cristo e chiamata tuttora da tutti i cristiani suo corpo ha perso la sua unità effettiva a livello umano. Dobbiamo rifarla”.
È il messaggio lasciatoci da un grande della storia russa.