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L’Athos, la santa montagna del monachesimo ortodosso, sta diventano la testa di ponte della presenza russa nel Mediterraneo, piattaforma per gli oligarchi e i loro traffici, luogo di coltivazione del nazionalismo russo della tradizione zarista?
Un articolo sulla Bild Zeitung (8 maggio) lancia l’allarme che rimbalza su molti giornali europei. Il giornale afferma di essere in possesso di un rapporto riservato su attività criminali di monaci filo-russi dell’Athos (riciclaggio, armi, tratta).
Uno degli interlocutori citati nell’articolo, l’igumeno (superiore) della comunità monastica atonita di Esfigmenos, Bartolomeo, ridimensiona e specifica le accuse da lui sostenute: non ha notizia di spie o di traffici finanziari, ma constata il rigonfiamento del nazionalismo russo e uno spazio privo di controllo all’interno del suo monastero.
Alla pretesa del potere zarista sull’intera area dell’Athos corrisponde la volontà della Chiesa ortodossa russa attuale di spaccare le comunità greche, come quelle di Costantinopoli o di Cipro, creando nuove eparchie (diocesi) di obbedienza russa. «Cosa sta aspettando lo stato greco per svegliarsi? Che l’Athos diventi una base per navi e sottomarini russi? Che si compiano i sogni imperiali degli zar?».
Al settimanale tedesco Spiegel l’ex primo ministro russo Spephashin (1999) confidava il suo auspicio per un Athos totalmente indipendente.
I ribelli di Esfigmenos
La denuncia dell’igumeno Bartolomeo riguarda un edificio al centro del monastero di Esfigmenos che, da decenni, è in mano a monaci dissidenti, luogo non governabile, aperto a presenze nazionalistiche russe (stendardi, organizzazioni settarie, nazionalisti cosacchi, alleanze con generosi oligarchi, con coperture mediatiche sospette), sottratto alla responsabilità sia dell’igumeno, sia del governo monastico (Hiera Kinotis), sia della giurisdizione di Costantinopoli. Per difendere i loro diritti si sono rivolti ai tribunali civili fino alla suprema corte ad Atene, ma sono sempre stati smentiti.
I monaci ribelli non fanno canonicamente riferimento a Costantinopoli e neppure ad Atene, ma a una Chiesa scismatica greca che, all’inizio del ’900, si oppose al mutamento nell’anno liturgico del calendario “giuliano”, detta “calendarista”. Si sospettano legami di interesse fra Mosca e gli scismatici “calendaristi” per mettere in difficoltà la Chiesa greca dopo l’assenso all’autocefalia ucraina. Un focolaio russofilo fuori controllo che minaccia di inquinare l’ampio influsso della Russia sulla penisola dell’Athos.
Oltre al monastero di Esfigmenos ve n’è un altro, chiamato “russo”, Agios Panteleimon, e un terzo, recentemente restaurato, Ksilurgu.
Il primo e il secondo appartengono ai venti monasteri storici che governano l’unità amministrativa autonoma della penisola (ciascun monastero delega un monaco al sinodo, all’interno del quale si eleggono quattro monaci che, assieme ad un governatore nominato dallo stato greco, compongono la Hiera Kinotis, o governo).
La giurisdizione canonica fa capo al patriarca di Costantinopoli, mentre il territorio appartiene alla Grecia che garantisce la sicurezza del luogo con la sua polizia.
Anti-ecumenici
Fra monaci e patriarcato costantinopolitano vi è una vecchia tensione nata negli anni ’60 del ’900 con l’avvio dell’azione ecumenica da parte di Atenagora. I monaci la consideravano un’eresia.
Già nel 1992 il patriarca Bartolomeo aveva censurato i monaci di Esfigmenos chiamandoli “zeloti” (settari) e imponendo loro di abbandonare il monastero.
Nel 2003 c’è stato un ultimatum con l’intervento della polizia greca che però non è entrata nel monastero per le regole previste dalla costituzione dell’Athos. I monaci hanno resistito in un edificio centrale, mentre il resto del monastero è passato alla nuova comunità.
Esfigmenos è diventato l’emblema non solo della resistenza anti-ecumenica (per altro molto diffusa nell’Athos), ma anche del sostegno alla tradizione russa, giovandosi della protezione della Chiesa e del potere russo. Sono note le visite all’Athos di V. Putin nel 2005 e nel 2016. In questo caso, in compagnia del patriarca Cirillo, per solennizzare la presenza millenaria dei russi.
Parlando ai monaci, Cirillo diceva: «Pregate per la nostra patria che oggi ha una responsabilità speciale, anche per la salvaguardia dell’Ortodossia. Sappiamo che il nemico del genere umano insorge oggi contro la Chiesa, e forse anche a voi giungono echi di questa difficile lotta. Noi, in mezzo al mondo, siamo in prima linea in questa lotta: e quanto abbiamo bisogno del vostro aiuto, del vostro sostegno spirituale, del vostro ricordo nella preghiera, ogni giorno e ogni ora, per tutta la nostra gente, la nostra Chiesa e per tutto il genere umano».
L’occhio dei servizi segreti
Sono risapute le generose offerte degli oligarchi per il restauro di chiese, monasteri e cappelle della montagna santa.
Gli investimenti maggiori per il restauro vengono però dallo stato greco e soprattutto dai fondi europei.
Sui circa 1.500 monaci attualmente presenti sull’Athos, un centinaio sono di appartenenza russa. Assieme a serbi, bulgari, romeni e alcuni occidentali compongono la variegata comunità dei residenti.
Lo scisma intra-ortodosso prima (autocefalia ucraina) e l’attuale aggressione della Russia all’Ucraina stanno mettendo alla prova la concordia e la serenità interna.
La lotta internazionale ai traffici russi e alle sostanze degli oligarchi hanno riacceso l’attenzione dei servizi segreti. Al di là del contenuto dei documenti in possesso della Bild Zeitung, il ministero degli interni greco ha rafforzato il servizio di polizia assicurando un controllo maggiore su quanti entrano ed escono dall’Athos. Un indirizzo nato da segnalazioni circa il tentativo di coinvolgere alcuni monasteri in giochi geopolitici ben più ampi dei 390 chilometri quadrati della penisola.
Alcuni elementi erano già nelle mani dei servizi segreti quando, nel 2018, vennero espulsi dalla Grecia diversi diplomatici che avevano un’intensa attività nella regione.
La luce taborica
Al di là delle cronache recenti, l’Athos rappresenta uno dei luoghi più preziosi della spiritualità ortodossa. L’ideale athonita è il Cristo lucente del Tabor, il raggiungimento della santa illuminazione nell’esichia (lo stato di quiete e di silenzio del cristiano che ha vinto l’agitazione e si riposa in Dio).
La rigorosa fedeltà alla liturgia, alle regole monastiche, alle disposizioni che disciplinano la vita della santa montagna (scritte fin dal 972 con l’approvazione dell’imperatore bizantino dell’epoca, Giovanni Zimisce) costituisce il quadro per una ricerca spirituale che ha conosciuto vertici altissimi. Teologi e santi come Diadoco di Fotica, Massimo il Confessore, Gregorio Palamas, fino a Silvano del monte Athos costituiscono un tesoro senza pari. Più prezioso del patrimonio paesaggistico e architettonico dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1980. Più centrale delle cronache sulfuree sopra ricordate.
Grazie dell’articolo. Alcune precisazioni circa la questione Esfigmenou.
Si dice “un edificio al centro del monastero di Esfigmenos”. Per la verità si tratta, di fatto, dell’intero complesso del monastero storico di Esfigmenou (quello ritratto nella foto) che si trova in possesso (ormai da decenni) di una comunità scismatica, scomunicata dal Patriarca ecumenico e dal resto dei monasteri dell’Athos per i motivi su riferiti. Quando infatti nelle fonti greche (articoli, siti internet…) si fa riferimento “all’edificio centrale del monastero” (κεντρικό κτήριο της Μονής cf. https://www.protothema.gr/greece/article/1241228/agio-oros-epelasi-roson-uperethnikiston-apisteutes-kataggelies-apo-ton-igoumeno-tis-monis-esfigmenou/) si intende di fatto il monastero stesso, tenendo conto che ci sono anche dipendenze dello stesso collocate al di fuori dall’area di sua competenza propria e immediata. In particolare vi è il “konaki” (edificio di rappresentanza) situato a Karies, dove attualmente vive l’igumeno Bartholomeos con pochi altri monaci, i quali attendono da anni di poter prendere possesso del loro monastero, in cui di fatto non hanno mai vissuto.
Altra precisazione: sui “calendaristi”. Il nome corretto è “vetero-calendaristi” (Παλαιοημερολογίτες), così chiamati in quanto fedeli al calendario giuliano e contro l’uso del “nuovo” calendario (gregoriano).
Da notare infine che le connessioni con “gruppi ultranazionalisti russi” sono solo l’ennesimo tentativo della comunità scismatica di trovare appoggi all’esterno per continuare l’occupazione abusiva del monastero. In realtà, come sottolineato, la triste vicenda di Esfigmenou è ben più antica e non c’entra se non marginalmente con la storia dei tentativi russi di riprendere possesso del Monte Athos (si ricordano i tempi in cui la maggior parte dei monaci dell’Athos erano russi, fino ai primi decenni del ‘900). Di fatto attualmente i vetero-calendaristi in Grecia sposano per principio tutte le cause “fondamentaliste”, reazionarie e complottiste (non necessariamente di natura religiosa: vedi la questione dei vaccini…) per continuare a giustificare la propria esistenza e a trovare appoggi. Che alla fine siano venuti a sostenere e a cercare l’appoggio perfino dei russi (i nemici storici dei greci nazionalisti) non sorprende più di tanto. E probabilmente qualche avance da parte russa c’è stata. Ma di qui a mettere in campo scenari complottisti in senso contrario ci andrei cauto.