Austria-Elezioni: democrazia tra diritto e politica

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Herbert Kickl, segretario della FPÖ.

La narrazione emersa dopo le elezioni austriache era prevedibile: gli austriaci hanno votato per l’estrema destra perché hanno paura di un’eccessiva presenza di stranieri e perché ci sono e ci sono state numerose crisi (inflazione, Covid, modernizzazione, ecc.) per le quali i partiti tradizionali non hanno trovato una risposta.

Le bolle accademiche in Austria e in Europa guardano ai perdenti della modernità che non si sentono più rappresentati dai partiti tradizionali e sono quindi caduti nelle tentazioni dell’estrema destra. Con ogni probabilità, questa sarà la versione data anche dai media italiani e dalla maggior parte di quelli austriaci.

Il sogno di una superiorità morale

L’intellettuale almeno apparentemente di sinistra, che iscrive i propri figli alle scuole pubbliche e ha un’assicurazione sanitaria privata per non entrare troppo in contatto con l’immigrazione, trova in queste diagnosi una conferma della propria superiorità morale e intellettuale: dopo tutto, non voterebbe mai per i primitivi radicali di destra che si rivolgono principalmente alle emozioni negative e sfruttano le paure di persone primitive e seducibili per ottenere sempre più voti.

Anche i conservatori tradizionali e i rappresentanti della Chiesa si uniscono a questo coro. I vescovi e i rappresentanti della Chiesa sono felici di mantenere la loro tradizionale superiorità morale almeno in un ambito, quello della migrazione, in cui va ovviamente riconosciuto che la Chiesa in Austria sta facendo un lavoro straordinario nell’accogliere e integrare i migranti.

Tuttavia, quando si tratta di dichiarazioni politiche da parte di rappresentanti della Chiesa, non ci si può liberare dal sospetto che, oltre all’onesta preoccupazione, problemi come la posizione delle donne nella Chiesa o gli abusi sessuali che hanno avuto luogo nella Chiesa siano da compensare con l’impegno ad aprire le frontiere.

Nel panorama mediatico odierno, e tra la maggior parte dell’élite politica e sociale, si è una persona moralmente buona se si è a favore di un’accoglienza il più possibile generosa dei migranti, indipendentemente dalla loro origine, e se si esprime preoccupazione per la loro sorte in modo da avere un impatto pubblico.

Immigrazione islamica in Austria

In effetti, in Austria esiste da decenni un massiccio movimento migratorio, che dal 2015 si è nuovamente intensificato. Nel 2022 e 2023, 170.000 persone hanno chiesto asilo in Austria, un paese che oggi conta 9 milioni di abitanti. La maggior parte di loro sono uomini provenienti da paesi il cui contesto culturale è caratterizzato da un Islam conservatore e patriarcale e dalla mancanza di istruzione.

Molti di loro hanno poi difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro e si avvalgono del sistema di assistenza sociale austriaco che è sicuramente generoso in confronto a quello di provenienza. Gli uomini che ottengono l’asilo possono farsi raggiungere dalle loro famiglie, cioè da mogli e figli, che hanno anch’essi diritto all’assistenza sociale. Chi riceve una decisione negativa non può essere espulso, per cui agli occhi di molti austriaci le procedure di asilo sono una mera farsa. Questa impressione è rafforzata dal fatto che i richiedenti asilo hanno solitamente attraversato molti altri paesi, spesso anche l’Italia, prima di chiedere asilo in Austria.

Questa massiccia immigrazione, legata all’attuale legge sull’asilo, fa sì che i musulmani rappresentino oggi la percentuale più alta della popolazione nelle scuole elementari di Vienna, da un lato; e, dall’altro, che la percentuale di richiedenti asilo in Austria sia generalmente più alta che in qualsiasi altro stato europeo.

Dopo un lungo periodo di silenzio sui problemi dell’immigrazione nelle università e nei media pubblici, l’opinione pubblica sta iniziando ad affrontare le conseguenze negative per la società. Ci sono, infatti, scuole frequentate al 100% da bambini non germanofoni, il sistema sanitario è a malapena in grado di far fronte al peso di una popolazione in aumento, e si registra anche l’aumento della criminalità, dei conflitti etnici, la carenza di alloggi, gli elevati costi sociali che ammontano a miliardi, la radicalizzazione religiosa, l’antigiudaismo e altri fenomeni che gravano sulla società.

Sebbene la pluralizzazione culturale, con le dinamiche e gli arricchimenti ad essa associati, si contrapponga a queste esperienze, soprattutto nelle aree urbane, essa non riesce più a convincere la grande maggioranza della popolazione.

Attualmente, quindi, è facile conquistare voti alle elezioni chiedendo di fermare la immigrazione incontrollata. Nessuno dei partiti austriaci è completamente contrario alla migrazione, gli immigrati sono troppo importanti per il mercato del lavoro, e quelli provenienti dall’Europa dell’Est o dalla regione dell’Asia orientale sono particolarmente graditi.

Fermare l’immigrazione: la credibilità della destra austrica

Il fatto che questo stop implichi la fine dell’attuale diritto di asilo e l’espulsione di coloro che chiedono asilo è detto apertamente solo dall’FPÖ, che è quindi il partito più credibile per molti austriaci su questo tema. Gli altri partiti o non affrontano la questione della migrazione, o invocano soluzioni comuni europee – richieste invano da molti anni.

In questo contesto, è interessante notare che una questione è ampiamente trascurata nel dibattito sulla migrazione, anche se ci sono discussioni iniziali su di essa nei media liberali in lingua tedesca come Die Zeit. Si tratta del rapporto sempre più problematico tra diritto e democrazia, non solo negli Stati Uniti (dove la Corte Suprema sta diventando sempre più l’autorità politica per eccellenza), ma anche in Europa.

Il leader dell’FPÖ, Herbert Kickl, nemico dei liberaldemocratici in Austria per la sua retorica polemica, l’opposizione alle sanzioni contro il regime di Putin e l’alleanza con Orban, ha affermato che il diritto deve seguire la politica. Naturalmente, questo è stato interpretato dagli altri partiti come se Kickl, sulla scia del suo modello Orban, volesse installare in Austria un governo totalitario o semi-totalitario in cui l’indipendenza del diritto viene sospesa.

Per completezza va notato che nell’FPÖ, che occupa una posizione fortemente di destra nello schieramento politico, vi sono numerose forze che fanno ripetutamente dichiarazioni discriminatorie, disumane e talvolta persino razziste (e, in casi estremi, dichiarazioni che banalizzano l’epoca nazista). In questo senso, non hanno molto da invidiare alla Lega o a Fratelli d’Italia, il che ovviamente offre ai partiti di sinistra e persino ai democristiani insieme alle élite accademiche l’opportunità di posizionarsi comodamente come bastioni della resistenza contro il totalitarismo – sostenendo o avviando petizioni contro l’FPÖ.

Tuttavia, se osserviamo più da vicino la frase di Kickl sul rapporto tra politica e diritto, a prescindere da ciò che voleva realmente dire, essa descrive un problema centrale nella politica austriaca e probabilmente anche oltre di essa. Il problema riguarda il crescente smantellamento della codeterminazione politica democratica mediante il diritto e la sua interpretazione da parte della giurisdizione europea, a cui anche l’Austria si è sottoposta.

L’immigrazione di massa, in particolare quella da paesi come la Cecenia, la Siria, l’Afghanistan, la Somalia, lo Yemen, il Senegal, ecc., è in aumento da anni contro la volontà di una parte crescente della popolazione austriaca.

Sebbene i cittadini austriaci siano scettici nei confronti dell’Unione Europea, non si oppongono ad essa e apprezzano certamente i vantaggi delle istituzioni europee. In particolare, la libera circolazione delle persone, gli scambi accademici e culturali, ma anche la visione dell’Europa come progetto di pace sono visti con favore dalla grande maggioranza della popolazione austriaca.

Gli austriaci non sono più razzisti di altre parti d’Europa e, almeno questa è la mia impressione, sono molto più tolleranti nei confronti degli stranieri rispetto a 20 o 30 anni fa. Tuttavia, la maggioranza ritiene che il numero e il background culturale e religioso degli immigrati compromettano in modo massiccio la coesione sociale del paese e la sua cultura.

Il problema politico attualmente poco discusso è che ogni tentativo di regolamentare l’immigrazione, che richiederebbe una modifica delle leggi esistenti, viene immediatamente respinto a motivo preoccupazioni legali. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, la Corte di giustizia europea e soprattutto la Corte europea dei diritti dell’uomo, quest’ultima in un’interpretazione sempre più ampia delle sue competenze, contribuiscono a rendere di fatto impossibile qualsiasi cambiamento sostanziale nella politica di asilo.

Nel frattempo, un paese come l’Austria sta subendo la più grande trasformazione culturale e religiosa degli ultimi decenni, o forse addirittura secoli, senza che alla popolazione sia data anche solo una minima possibilità di dire se e in che misura è favorevole a questi cambiamenti.

Il fatto che i partiti liberali e di sinistra sottolineino la minaccia alla democrazia rappresentata da un partito come l’FPÖ, è certamente giustificato per molti aspetti; ma molte persone, che sono anche critiche nei confronti dell’FPÖ, vedono questa accusa come un’espressione di profonda arroganza da parte delle classi politiche al potere – a motivo del fatto che non viene data loro alcuna voce in capitolo in uno degli sviluppi sociali più importanti degli ultimi decenni: ovvero, la massiccia immigrazione dalla regione islamica mediorientale o nordafricana (l’immigrazione dalla Bosnia non è stata mai sentita come particolarmente problematica).

Partecipazione democratica alla vita politica e diritto europeo

Paradossalmente, sempre più austriaci (così come tedeschi e cittadini di altri Paesi dell’UE) votano per partiti sempre più radicali perché sembrano disposti a rompere con l’ordine istituzionale esistente. In altre parole, la maggior parte degli elettori dell’FPÖ non vuole sostituire la democrazia con una politica totalitaria, ma piuttosto sente il disagio per il fatto che la partecipazione democratica al diritto (d’asilo) è stata sottratta alla legislazione nazionale dall’applicazione giuridica dei trattati e delle istituzioni europee, che escludono qualsiasi cambiamento reale.

L’impressione è che decisioni che hanno un profondo impatto sulla convivenza sociale siano controllate da funzionari con poca o nessuna legittimità democratica, come i membri della Corte europea dei diritti dell’uomo. Paradossalmente, l’FPÖ, che viene etichettato come una forza autoritaria e persino (semi)fascista dai suoi avversari, può guadagnare punti con i suoi sostenitori essendo l’unica forza che dà alla popolazione una reale voce in capitolo nel processo politico.

Pertanto, ad esempio, quando i partiti che si basano sulla legge precedente chiedono o annunciano norme più severe in materia di asilo, non vengono più creduti e i voti vanno sempre più spesso a partiti potenzialmente o effettivamente radicali che criticano la democrazia rappresentativa, ma che confidano di cambiare il sistema a favore della partecipazione popolare.

Il trionfo dell’FPÖ di Kickl è in gran parte dovuto a questi sviluppi; e i ripetuti avvertimenti di tendenze autoritarie fatte dai circoli liberali, accademici e politici cadranno nel vuoto finché si rifiuterà di affrontare la crescente aporia del rapporto tra diritto e politica, fra i processi decisionali nazionali ed europei.

In definitiva, il futuro dell’attuale democrazia parlamentare austriaca dipende dal fatto se riuscirà a trovare un nuovo equilibrio tra diritto e politica, tra responsabilità nazionale ed europea. In caso di fallimento, l’ulteriore ascesa dei partiti anti-istituzionali sarà inarrestabile, così come la completa perdita di credibilità delle tradizionali élite accademiche, politiche ed ecclesiastiche. Le elezioni in Austria (ma anche in Germania e in altri paesi europei) sono un monito in questo senso, forse l’ultimo.

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