Un appello ai credenti e ai cittadini per esercitare il loro diritto di voto per il parlamento dell’Unione Europea (UE) il 9 giugno prossimo e la sottolineatura di alcune emergenze per la vita della Chiesa sono i contenuti di un corposo messaggio dei vescovi austriaci pubblicato al termine della loro assemblea (4-7) marzo.
«Dopo gli orrori delle due guerre mondiali e grazie alla preveggenza di alcuni politici profondamente cristiani sono state gettate le fondamenta di questa nuova Europa per portare la riconciliazione tra nazioni un tempo ostili e una pace duratura. Non lo si ripeterà mai abbastanza: il mantenimento della pace è lo scopo primario dell’Unione Europea. Finora ne è stata all’altezza. La terribile guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina mostra chiaramente quanto la pace sia importante e in pericolo […] Il desiderio è di far progredire l’integrazione europea da un punto di vista politico, sociale e culturale. L’obiettivo è raggiungere l’unità e, nello stesso tempo, preservare le identità nazionali e regionali».
Il fondamento della visione europeistica è «fondamentalmente cristiano ed ebraico». Se l’Europa lo perde, mette a rischio l’intera impresa.
Tocca a tutti i cristiani mantenere vivi e difendere i valori che esso contiene. A partire dal rispetto della vita. È censurabile che, nonostante le questioni bioetiche siano di competenza degli stati membri, ci siano spinte da parte di alcuni governi a inserire l’aborto come diritto nella Carta dei diritti fondamentali.
Altra sfida è quella delle migrazioni. Va difeso il rispetto al diritto d’asilo, dei ricongiungimenti familiari e della dignità «di tutti i migranti e richiedenti asilo in ogni fase della loro vita».
I vescovi spendono una parola importante per l’allagamento dell’Unione. Doverosa nei confronti dell’Ucraina per darle una prospettiva a lungo termine, ma opportuna anche per i paesi balcanici occidentali. Si indicano altre due sfide fondamentali: la crisi climatica e ambientale e l’intelligenza artificiale. Quest’ultima può mettere in questione la libertà personale e la convivenza democratica.
Ucraina e Israele
Il testo prosegue parlando di due emergenze (Israele e Ucraina) e di un impegno ecclesiale (il sinodo).
Si ricorda l’azione terrorista di Hamas, i 1.200 civili uccisi e 200 ostaggi e la bestialità e disumanità dell’accaduto. Il legittimo diritto di Israele all’esistenza, all’autodifesa e alla pace non cancella l’incoerenza di tenere in ostaggio la popolazione di Gaza. Migliaia di civili hanno perso la vita e i sopravvissuti sono privati dei beni di prima necessità. La soluzione auspicata dalla Santa Sede resta quella di due popoli e due stati.
In Ucraina non possono restare senza risposta i quasi 18 milioni che dipendono dagli aiuti umanitari e i 6 milioni di sfollati (70.000 in Austria). «La causa di questa sofferenza è la grave ingiustizia subita che va indicata col proprio nome: la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina libera e sovrana, violando il diritto internazionale, come sta succedendo con gli attacchi mirati contro i civili e le infrastrutture del paese».
In attesa di una pace giusta devono proseguire l’aiuto e la solidarietà. Gli sfollati arrivati in Austria dovrebbero ottenere un permesso di soggiorno, migliori programma di integrazione e la copertura dell’assistenza sociale.
Il testo termina con un accenno al tema intra-comunitario del sinodo. La sua sfida di fondo è il pieno coinvolgimento del laicato nella vita, nella gestione e nel sostegno alla Chiesa. Lo richiede l’annuncio del Vangelo. Fra le scelte urgenti vi è il ruolo della donna nella Chiesa e i problemi legati all’uguaglianza di genere.
Il metodo sinodale della comunicazione nello Spirito alimenta una cultura di dialogo per avvertire ciò che Dio ci sta chiedendo. «Un atteggiamento che ci protegge dal dogmatismo, dalla deriva populista e dal livellamento delle giustificate differenze».