A fine luglio, 152 vescovi brasiliani hanno firmato un documento che contiene dure e dettagliate critiche al governo del presidente Jair Bolsonaro. È un documento di ispirazione evangelica con inevitabili conseguenze politiche. La nota, inizialmente inviata alla presidenza della Conferenza Episcopale del Brasile è stata pubblicata il 31 Luglio dalla Folha di São Paulo, a partire da una fuoriuscita di notizie.
Probabilmente la Conferenza Episcopale del Brasile è ora preoccupata dalle ripercussioni ecclesiali di questo pronunciamento che incontra la Chiesa brasiliana divisa, con significativi settori coinvolti nell’appoggio politico al “bolsonarismo”. Quasi subito, infatti, cattolici pro-Bolsonaro hanno pubblicato in rete la loro protesta, a volte con toni offensivi, ripetendo le accuse di eresia, coinvolgendo di nuovo nelle critiche papa Francesco.
Opposizione al sistema
Immediatamente più di mille preti e religiosi brasiliani hanno firmato un manifesto in appoggio alla nota dei vescovi. Anch’io ho sottoscritto la nota, nonostante non sia di mio gradimento dare priorità a questo confronto tra le cosiddette ali progressiste e conservatrici della Chiesa cattolica. Non amo riflettere su questi scismi di bassa intensità, che fanno parte, da sempre, della nostra storia ecclesiale.
Preferisco l’opzione concreta e riflessa per il protagonismo delle vittime del capitale e del potere sovrano: le piccole sorelle e i piccoli fratelli di Gesú, il Risorto. Sono infatti i popoli indigeni, i quilombolas, le comunità tradizionali, i poveri delle campagne e delle periferie urbane, il polo bio-politico effettivo che si oppone all’aumentata brutalità del sistema.
È questa, infatti, la vera polarizzazione e non quella che disputa il potere statale – incurante delle immense sfide ecologiche che interpellano l’umanità – oppure quella che riduce al contesto intra-ecclesiale le tensioni teologiche e pastorali.
Le ragioni di un conflitto
Ho poi l’impressione che il pronunciamento di tanti vescovi e preti si aggiunga a decine e decine di note di rifiuto e di manifesti che si accumulano sulle nostre “scrivanie” digitali tecnologiche, burocrazie atte ad archiviare e insabbiare sine die ogni reclamo e ogni protesta. Qual è la loro utilità? A che cosa servono? L’unica risposta che trovo è che servono per contarci e raccontarcela e, quindi, non riescono a scalfire in alcun modo la realtà.
Rimangono molte domande che non sono retoriche. Servono per convincere? Servono come opposizione militante? Servono come disobbedienza civile? Servono a bloccare la violenza reale e digitale? Sono strumenti efficaci di contropotere?
Supponendo che esista in Brasile una guerra civile di bassa intensità nascosta tra le pieghe di una polarizzazione spettacolare – ma inesistente – tra destra e sinistra, dove sta realmente il conflitto? Il bolsonarismo è solamente una minaccia alla democrazia? O è una minaccia eversiva allo stato di diritto? Se è così, a cosa servono le disarmate analisi di congiuntura? Se è così, quali sono gli strumenti per vincere l’onda di disumanità che sacrifica la povera gente? Esiste un passaggio obbligatorio e inderogabile “dalle armi della critica alla critica delle armi”?
La buona coscienza di una Chiesa ancora patriarcale
Un’ultima cosa: il numero significativo di vescovi e preti che firmano le note mostra la coscienza evangelica di settori importanti della Chiesa cattolica, ma, nello stesso tempo, rivela i nostri limiti clericali di Chiese locali ancora segnate dal sistema patriarcale e gerarchico.
Anche nella nostra Chiesa l’urgenza evidente e inderogabile di questa novità evangelica che esige la liberazione della servitù femminile sembra sogno di poche sorelle e di pochi fratelli. Credo che qui si nasconda la vera profezia, con la sua costitutiva vocazione martiriale. Medice, cura te ipsum (Lc 4,23).