Il 30 giugno è stato eletto il nuovo patriarca bulgaro. Fra i tre nomi previsti dal santo sinodo l’assemblea conciliare ha scelto il metropolita Daniele di Vidin (al secolo: Atanasio Trendafilov Nikolov). Dei 138 votanti 69 voti sono andati a Daniele, 66 al metropolita Gregorio di Vrata e 3 sono stati annullati. Alla prima votazione Gregorio di Vata aveva 64 voti, Daniel di Vidin 51 e il metropolita Gabriele di Lovechan 19. Al secondo turno i voti di quest’ultimo sono passati in buona parte a Daniel di Vidin che è risultato eletto.
L’assemblea conciliare elettiva è composta dai metropoliti e dai vescovi, da cinque rappresentanti delle diocesi (3 del clero e 2 laici), mentre la diocesi di Sofia ne ha dieci (6 chierici e 4 laici). Inoltre, è presente un rappresentante eletto dei monasteri che dipendono direttamente dal patriarcato, due rappresentanti dei monasteri nelle singole diocesi (un monaco e una monaca) e rappresentanti delle scuole ecclesiastiche. Il sistema elettorale e, più rilevante, il clima ecclesiale si sono rivelati funzionanti e condivisi.
È la seconda elezione “libera” dopo quella di Neofilo nel 2014. Ma il confronto interno sembra essere stato particolarmente vivace, come mostrano le 42 votazioni per arrivare a designare i tre eleggibili e come è evidente per il travaso di voti da Gabriele a Daniel.
Dalla parte di Mosca
Daniel di Vidin è nato nel 1972. È entrato nella vita monastica nel 1997. Nel 2002 si è laureato ai corsi di teologia all’università di Sofia. Nel 2006 diventa archimandrita e, nel 2008, è ordinato vescovo. Dal 2015 è vescovo ausiliare della diocesi bulgara negli Stati Uniti, Canada e Australia. Dal 2018 è metropolita di Vidin in Bulgaria.
La cristianizzazione bulgara inizia nell’anno 865 con la conversione dello zar Boris I. La Chiesa è autocefala dal 1945 e il patriarcato è stato proclamato nel 1951 e riconosciuto da Costantinopoli nel 1961.
Il contesto culturale e politico del paese conosce le fratture e le tensioni dei paesi post-comunisti e di confine fra Est e Ovest (cf. SettimanaNews, qui) e, al suo interno, la vita ecclesiale è attraversata in particolare dalla tensione successiva al riconoscimento dell’autocefalia ucraina. Filo e anti-russismo si sovrappone alla collocazione fra Ortodossia slava e Ortodossia ellenica. La scelta del metropolita Daniel di Vidin sembra indicare la continuità del rapporto privilegiato con la Chiesa russa, da un lato e, dall’altro, la volontà di non schierarsi nella disputa fra Costantinopoli e Mosca a proposito dell’autocefalia ucraina. Si può forse parlare di una sconfitta di Bartolomeo che era presente agli eventi dell’elezione del nuovo patriarca. Peraltro in continuità con i precedenti patriarchi, Teofilo e Massimo.
Per lo storico bulgaro Goran Blagoev: «Nel passato il patriarca ha tenuto conto della posizione della Chiesa russa su questioni come quella relativa alla Chiesa ortodossa ucraina di Onufrio (filo-russa) o quella riguardante all’autocefalia della Macedonia. Il suo predecessore, Massimo, era ugualmente molto legato alla Russia. L’interesse della Chiesa russa è per un nuovo patriarca bulgaro vicino e simpatetico, protettore degli interessi russi».
Le recenti tensioni con la Russia a proposito della guerra di aggressione all’Ucraina e l’espulsione da Sofia da parte del governo dell’archimandrita Vasian Zmeev per spionaggio (settembre 2023), come anche, sul versante opposto, la concelebrazione di alcuni vescovi con gli autocefali ucraini (maggio 2024) non hanno cambiato l’indirizzo della (risicata) maggioranza della Chiesa bulgara (cf. SettimanaNews, qui).
Le sfide pastorali
In un’intervista a pochi giorni delle elezioni del metropolita Daniel di Vidin alla radio bulgara egli ha anzitutto collocato la figura del patriarca a garanzia dell’autonomia della Chiesa e alla paziente costruzione di un consenso. «Il patriarca dovrà dunque essere anzitutto ortodosso, osservare per primo il sacramento della fede con cuore puro e rispettare i suoi confratelli. Qualora si costruisca un accordo, questo significa che il patriarca dovrà personificarlo e garantirlo».
La contrarietà alla scelta di Bartolomeo per l’autocefalia ucraina è giustificata dai gravi problemi di successione apostolica e vescovi e preti della Chiesa autocefala di Epifanio. «Ci sono alcuni fra loro che sono stati scomunicati per ragioni canonicamente fondatissime e che sono stati riaccettati nel ministero in forma irregolare e senza alcun pentimento».
Non è senza significato che la maggioranza del popolo ucraino, a parere di Daniel, sia rimasta fedele alla Chiesa di Onufrio (non autocefala, legata alla Russia) e che, a cinque anni della concessione del tomo per l’autocefalia, la maggioranza delle Chiese ortodosse non abbia ancora riconosciuto la canonicità della Chiesa di Epifanio.
Purtroppo, per Daniel, una decisione che era nata per unificare il popolo ortodosso ucraino si è rivelata divisiva all’interno del paese e devastante per l’unità dell’intera Ortodossia. Una posizione canonicamente comprensibile e non priva di fondamento. Molto meno convincente è l’accettazione da parte di Daniel di Vidim della retorica narrativa russa che fa della Chiesa di Onufrio l’oggetto di una persecuzione paragonabile non solo allo scontro iconoclasta dei primi secoli ma anche alla persecuzione dei soviet nei decenni del ’900.
Paragonare le migliaia di morti, torture, carcerazioni e violenze, le distruzioni sistematiche di chiese e le chiusure dei monasteri e la proibizione di ogni manifestazione religiosa pubblica con l’attuale e criticabile centinaio di processi “regolari”, o i forzati (e non condivisibili) passaggi delle comunità da una obbedienza canonica all’altra che avvengono in un contesto di aggressione militare da parte della Russia oggi in Ucraina appartiene alla retorica, non alla realtà e alla misura dei fatti.
Rimangono da affrontare le sfide pastorali, in particolare l’attestazione delle fede e il confronto con il materialismo consumistico. «Il dono della Pentecoste diventa il senso e il contenuto della vita cristiana, in cui si manifesta l’amore e l’attenzione all’uomo. Grazie alla fede la via umana cambia ed è questa la migliore testimonianza della verità dell’insegnamento cristiano. Nella nostra epoca le sfide e l’attaccamento al mondo materiale coinvolgono i cristiani. Diventa sempre più difficile preservare il magnifico dono della grazia di Dio». Difficile da prevedere l’indirizzo ecumenico o meno del nuovo patriarca bulgaro.
Non entro nel merito della elezione del nuovo Patriarca della Chiesa di Bulgaria, ma dico che il metodo di elezione del nuovo Patriarca è realmente sinodale. Lancio una provocazione tale metodo di elezione non potrebbe essere introdotto nella chiesa cattolica per l’elezione del Papa? Gli ortodossi non hanno paura di perdere qualche mese per dare un risultato condiviso.