Burkina Faso: dopo il colpo di stato

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Ibrahim Traoré era un volto sconosciuto prima che prendesse il potere con la forza il 30 settembre scorso. Ora, ad appena 34 anni, è diventato il più giovane Capo di Stato del mondo.

Tutto il mondo si chiede chi è il nuovo capo di stato del Burkina Faso. Come capita spesso in Africa occidentale, il volto del capitano Ibrahim Traoré era un volto sconosciuto prima che prendesse il potere con la forza il 30 settembre scorso. Traorè, così, è diventato il capo di Stato più giovane al mondo, 34 anni, davanti al presidente cileno Gabriel Boric, 36 anni.

Dopo sei giorni, e la sua nomina a presidente, il suo volto campeggia ovunque nelle strade di Ouagadougou, capitale del paese. Non poteva essere altrimenti, non solo perché ha preso il potere con la forza, ma perché i burkinabè sono scesi in piazza inneggiando al suo nome – muniti delle bandiere nazionali e di quelle della Russia – e riponendo in lui le speranze di un Burkina Faso sicuro e libero dalla minaccia jihadista. Vedremo se accadrà.

Fino ad ora i militari non sono riusciti ad arginare l’avanzata dei gruppi armati terroristici che sembra controllino la metà del Paese. Traoré, infatti, ha rovesciato l’altro golpista e suo compagno d’armi, il tenente colonello Paul-Henri Sandaogo Damiba che aveva preso il potere nel gennaio 2022, con le stesse motivazioni.

Al grande mercato della capitale burkinabé sono scomparse le foto di Damiba e sono apparse quelle di Traoré, con in testa il berretto rosso dell’esercito e in divisa militare. Il ritratto è ora esposto sui banchi delle foto in vendita insieme a quelle dell’eroe nazionale, Thomas Sankarà presidente assassinato nel 1987 e a quelle di Gesù. Accostamenti, questi, un po’ azzardati.

Nato a Bondokuy (ovest), Traoré ha studiato geologia a Ouagadougou e si è arruolato nell’esercito nel 2010. Si è diplomato alla Georges Namonao Military Academy, una scuola di addestramento per ufficiali meno gloriosa della Prytanée militaire de Kadiogo frequentata dal suo precessore Damiba e da molti alti ufficiali. Un uomo disciplinato e coraggioso, a detta dei suoi compagni d’armi, che si è forgiato sul campo di battaglia.

Per dieci anni è stato schierato nelle zone più calde del paese, nel nord e al centro, proprio quelle aeree colpite dagli attacchi jihadisti, poi in Mali nel 2018 nell’ambito della missione Onu, Minusma. Nel 2020 viene nominato capitano. Si distingue in operazioni rischiose come la liberazione della città di Barsalogho nel centro del paese. Un’operazione definita “commando rally” a piedi. Missione che ha rafforzato la stima e il rispetto dei suoi uomini. Una carriera che ha percorso anche il suo predecessore Damiba che poi ha rovesciato.

Durante il colpo di stato del 24 gennaio 2022 contro l’allora presidente Roch Marc Christian Kaboré, che portò Damiba al potere, Traoré era membro della giunta golpista, il Movimento patriottico per la salvaguardia e il restauro (Mprs). A marzo, il presidente Damiba lo ha nominato capo d’artiglieria del reggimento Kaya.

Proprio dagli uomini di questa divisione, che combatte al fronte, arriva il malcontento, tanto che i compagni d’armi di Traoré lo nominano loro portavoce e messaggero. Più volte, in questi ultimi mesi, ha incontrato il suo predecessore per chiedergli un cambio di strategia, visto che gli attacchi jihadisti, anziché diminuire aumentavano con perdite consistenti, non solo tra i civili, ma anche tra le file dei militari.

Un malcontento che nel tempo è montato tanto da “costringere” Traorè ha marciare su Ouagadougou, pochi giorni dopo l’ennesimo attacco, questa volta contro un convoglio di rifornimenti scortato dai miliari nel nord paese. Il bilancio è stato sanguinoso: 27 militari e 10 civili uccisi.

“Il capitano Traorè è il simbolo dell’esasperazione dei giovani solati – spiega alla France Presse Mahamadou Savadogo, consulente per la sicurezza – e degli uomini di alto grado, quelli che sono al fronte, al contrario degli ufficiali noti per amare i salotti accoglienti” della capitale.

Traoré avrà il compito di fermare l’avanzata dei gruppi jihadisti, alcuni dei quali affiliati ad al Qaeda e altri allo Stato Islamico, e riprendere il terreno perduto nel centro e nel nord del paese, ma soprattutto deve riprendere le redini di un esercito sfaldato che ha fallito la prova di difendere la popolazione e che, in molte circostanze, è stato artefice di massacri di civili, “effetti collaterali”, a detta loro, della lotta al terrorismo.

Il colpo di Stato in Burkina Faso, inoltre, si inserisce nella più ampia lotta per l’influenza tra Francia e Russia nell’Africa francofona, dove le ex colonie francesi si stanno rivolgendo sempre di più a Mosca. Traorè è un elemento in più nella messa in discussione dell’influenza francese nell’Africa Occidentale.

  • Pubblicato sul sito della rivista Africa.
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