Il 24 agosto il metropolita Antonio di Volokolamsk, presidente del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha annunciato che il patriarca Cirillo non andrà al settimo congresso dei leader delle religioni mondiali (13-15 settembre) a Nun-Sultan (Kazakistan) e non vedrà papa Francesco.
La decisione ha sorpreso perché la sua presenza era stata assicurata all’ambasciatore il 1° maggio e al presidente del paese, Kassym-Zhomart Tokayev, il 16 agosto.
Le ragioni addotte dal metropolita: scarsa preparazione, assenza di un testo condiviso, occasione inadeguata. Curiosa la narrazione del rifiuto. Essa conferma l’importanza del congresso a cui Cirillo ha partecipato nel 2012 (ma che risulta non adeguato all’evento), si richiama la sorpresa del rifiuto unilaterale dell’incontro da parte del papa nel giugno scorso (mentre Francesco aveva detto che era stato annullato «di comune accordo»), parla di una mancata richiesta formale successiva da parte del Vaticano e dell’assenza di un documento previo (difficile da immaginare un accordo sull’emergenza ucraina). Si dovrebbe concludere: aggrapparsi sugli specchi.
Proprio per questo è lecita la domanda: la decisione è davvero in capo a Cirillo?
Buone relazioni coi musulmani
Il patriarca ha tutto l’interesse al dialogo con i musulmani che costituiscono il 7-8% della popolazione della Russia. Ha sempre enfatizzato il vantaggio di mantenere i contatti con i responsabili religiosi delle Chiese occidentali (lo ha ripetuto ai suoi vescovi dopo gli incontri in video col papa e Welby). La presenza l’avrebbe investito come “unico” rappresentante ortodosso, in assenza di Bartolomeo.
Difficile pensare il rifiuto come esito dell’irritazione della qualifica di «chierichetto di Putin», considerato che indicazioni molto più pesanti sono giunte dai massimi esponenti del cristianesimo (eretico, servo del potere, manipolatore del Vangelo e della tradizione).
Il rifiuto non è certo attribuibile ai suoi collaboratori. Il metropolita Antonio, descritto come onesto e trasparente da quanti lo conoscono personalmente, ha incontrato il papa il 5 agosto senza annunciargli nulla in merito. Non è neppure attribuibile al sinodo della Chiesa russa che si è riunito il giorno seguente (25 agosto).
Nei 91 punti all’ordine del giorno non c’è cenno del mancato viaggio. Qualche segnale di insofferenza verso la guerra giunge dalle periferie dell’impero. Mons. Onufrio, responsabile della Chiesa ortodossa ucraina filo-russa ha incontrato alcuni prigionieri russi il 18 agosto e li ha invitati a dire: «non vogliamo la guerra attuale in Ucraina». «Dobbiamo trovare parole d’amore per far tacere le armi e arrestare i missili. Vogliamo la pace». «Non dovete uccidervi fra voi, la morte non è un bene per nessuno. È la tristezza di ogni focolare».
Sul confine a Nord, nella Lituania dove opera una Chiesa filo-russa, uno dei suoi vescovi, Ambrogio di Trakai, ha ricordato il dialogo diretto con Cirillo. Dopo aver rimarcato la propria condanna della guerra «ho detto al patriarca che alcune delle sue affermazioni sono state mal recepite in Lituania. E giustamente».
All’intervistatore che chiede «E che cosa le ha risposto?», il vescovo dice: «Mi ha detto che nelle sue dichiarazioni non vi è un plateale sostegno alla guerra. Lo sto citando. Ovviamente è un suo diritto affermarlo. Ho accettato la sua risposta e la trasmetto».
La manina di Putin?
Si può più ragionevolmente ipotizzare che il no all’incontro provenga dalla sponda politica del Cremlino. Si giustificherebbe meglio la sorpresa. Dopo l’attentato ad Alexander Dugin e la morte della figlia mentre la guerra in Ucraina si incancrenisce senza la vittoria sperata, lo “zar” non può tollerare il minimo scostamento dalle sue indicazioni, la più piccola apertura al dialogo.
Cirillo è prigioniero del “prestito” dell’ideologia dello “spazio russo” offerto a Putin, ma non il contrario. Per lo “zar” il richiamo alle fedi è strumentale. Può passare rapidamente dall’idolatria verso la guerra patriottica contro il nazismo alla nostalgia dell’impero sovietico, dai valori morali della tradizione all’ideologia russa, dalla civilizzazione della lingua all’affermazione della “terza Roma”, fino al progetto euro-asiatico.
I suoi riferimento culturali, da Ivan Iluyne a Constantin Leontiev ad Alexander Dugin sono scambievoli. Religioni e riferimenti culturali implodono nell’imperialismo realista dell’ideologia militare sovietica.
Se così fosse, il no di Cirillo al papa indicherebbe la volontà di Putin di non accettare mediazioni nella guerra e non pregiudicherebbe un possibile rinnovato interesse di Cirillo all’incontro con papa Francesco in futuro.
Complimenti a tutti quelli che fino a due giorni fa dicevano che Cirillo poteva ancora fare da mediatore per far cessare la guerra, e l”incontro con il Papa avrebbe contribuito a ciò