Nell’inquietante silenzio di vescovi, monaci e accademici russi davanti all’appoggio del patriarca di Mosca, Cirillo, alla guerra d’aggressione in Ucraina, la dichiarazione del senato accademico dell’Istituto San Sergio di Parigi (4 novembre) merita di essere segnalata.
Molte delle Chiese ortodosse, a cominciare dal patriarcato di Costantinopoli, hanno denunciato la compromissione della Chiesa ortodossa russa.
Si sono aggiunti 500 teologi non russi (marzo 2022) e l’intera assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (settembre 2022; cf. SettimanaNews, qui). Alcune centinaia di preti russi si erano pronunciati contro la guerra all’inizio del conflitto (marzo).
L’intervento del senato di San Sergio – pur essendo l’istituto non direttamente dipendente dalla Russia – è però di particolare peso. Anzitutto perché San Sergio ha rappresentato il cuore teologico dell’Ortodossia per molti decenni del ’900, perché rappresenta anche Chiese con legami stetti con Mosca e perché è stato luogo di formazione frequentato da teologi, vescovi e studenti russi.
Solo Cristo perdona i peccati
La dichiarazione non vuole essere un giudizio complessivo sulla guerra in atto. Non mette in questione il diritto di uno stato di difendersi, ma censura il sostegno pieno alla guerra («non è mai né giusta né santa») e soprattutto la pretesa che il soldato sia un martire, che il sacrificio della vita in guerra cancelli i peccati.
Il riferimento diretto è all’affermazione del patriarca Cirillo del 25 settembre scorso: «La Chiesa è consapevole che, se qualcuno, spinto dal senso del dovere, dalla necessità di adempiere un giuramento, rimane fedele alla sua chiamata e muore nell’esercizio del dovere militare, allora compie senza dubbio un atto che equivale a un sacrificio. Si sacrifica per gli altri. Crediamo che questo sacrificio cancelli i peccati che una persona ha commesso».
Ed ecco la risposta: «Gesù Cristo ha donato la propria vita per la salvezza del mondo. Per quanto sia lodevole il dono della propria vita da parte di un soldato per difendere il proprio paese, esso non ha a che fare con la salvezza del mondo. Il soldato non è il Cristo e la difesa della patria terrena non è la salvezza del mondo. Non si può quindi parlare di assoluzione dei peccati: solo il Cristo, morto e risuscitato, cancella i peccati del mondo. L’idolatria della guerra, come quella della nazione, è una disgrazia che acceca riducendo la religione a nazione e trasformando la nazione in religione».
«Per il senato accademico – continua la risposta – è teologicamente inaccettabile considerare chi, in fedeltà ai propri obblighi patriottici, muore sul campo di battaglia nell’esercizio delle sue funzioni militari, come il compimento di un atto equivalente a un sacrificio che purificherebbe da tutti i peccati. L’assoluzione dei peccati non dipende da una compensazione meccanica fra i peccati e gli “atti meritori”; è piuttosto un mistero che appartiene solamente alla misericordia del Dio creatore».
Occidente anti-cristiano
Cirillo è tornato ad esporsi in occasione della giornata per l’unità della Russia (4 novembre): «Sono profondamente convinto che oggi l’intento di dividere il popolo della Rus’ storica (che comprende Russia, Ucraina e Bielorussia, ndr), di contrapporre una parte all’altra, di seminare odio nelle menti e nei cuori per il nostro comune passato, sia alimentato da motivazioni anticristiane, dalla volontà di deturpare l’immagine di Dio dai singoli, per asservire le persone al potere del peccato e del vizio, per farne soggetti obbedienti del mercato globale e puri consumatori».
Nella stessa occasione – davanti alle autorità dello stato, Putin compreso – ha chiesto di aprire corsi di studio della storia della Chiesa in Russia, di riconoscere nei valori cristiani il nucleo dell’unità nazionale e di indirizzarvi l’educazione dei giovani.