Tra domenica e lunedì un gruppo di militari ha preso in consegna il presidente democraticamente eletto del Burkina Faso, Marc Christian Kaboré, destituendolo dall’incarico, sciolto il Parlamento e sospeso la Costituzione del paese.
L’azione delle forze armate segue a una serie crescente di proteste da parte della popolazione per l’incapacità dell’amministrazione Kaboré di proteggere il paese dagli attacchi dei miliziani islamisti – che stanno portando avanti una strategia di destabilizzazione violenta della regione del Sahel.
La destituzione di Kaboré è stata accolta con favore da parte della popolazione, ma gli spiriti si dividono sulla presa del potere da parte dei militari. Il paese, giunto da poco a un regime democratico (2015), non sembra essere compatto dietro le forze armate come migliore soluzione della crisi in cui è stato gettato non solo dalle scorribande dei miliziani islamisti, che hanno causato più di 2000 vittime e 1,4 milioni di rifugiati, ma anche dalla condizione di estrema povertà in cui versa.
Gli Stati Uniti, negli anni passati, hanno investito milioni di dollari per la formazione e l’equipaggiamento dell’esercito del Burkina Faso per renderlo capace di far fronte agli attacchi delle truppe miliziane – senza risultati effettivi. Solo nel 2016, i finanziamenti americani arrivavano a 2/3 del budget per la difesa del Burkina Faso.
L’imperversare dei miliziani islamisti ha profondamente segnato uno dei tratti maggiori della cultura civile del paese, che era noto per una coesistenza pacifica e una collaborazione reciproca fra cristiani e musulmani.
Il ritorno al potere dei militari, che avevano sostenuto la lunga dittatura di Blaise Campaore, rischia di condurre alla stagnazione del processo di democratizzazione e a una rassegnazione cinica da parte della popolazione: “Dopo la caduta di Campaore nel 2014, i militari hanno assicurato che ogni cosa sarebbe cambiata. In questi anni non è cambiato nulla, e non sono sicuro che le cose andranno in maniera diversa questa volta” – ha detto uno dei partecipanti alle manifestazioni che hanno preceduto la destituzione di Kaboré.