Il conflitto russo-ucraino

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L’ex nunzio a Mosca, Antonio Mennini, parla del conflitto tra Russia e Ucraina, del “Mondo russo” e della difficile risoluzione del conflitto. Il vescovo Antonio è stato rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa (2002-2009) e nunzio apostolico in Uzbekistan (2008-2010). È stato nunzio apostolico nella Federazione Russa (2009-2010).

In merito al suddetto conflitto, non pochi osservatori pensano che, se la Russia non avesse invaso l’Ucraina nel febbraio 2022, di lì a poco non avrebbe potuto più compiere nessuna manovra. Infatti, Kiev era prossima ad entrare nella NATO e, in forza dell’art. 5 dello Statuto dell’Alleanza, qualsivoglia azione militare contro l’Ucraina – l’antica “piccola Russia” – avrebbe provocato la forte, solidale reazione dei Paesi membri del Patto Atlantico.

Dopo ormai quindici mesi di ostilità, non sembra profilarsi all’orizzonte alcuna seria prospettiva di pace o di tregua. E il conflitto si trascina con una partecipazione più o meno palese degli Stati Uniti, che forniscono costantemente le armi alle forze armate ucraine.

Sull’origine della guerra, è opportuno tenere a mente quanto ebbe a dire papa Francesco, secondo cui «l’abbaiare della NATO» ai confini della Russia aveva spinto quest’ultima a intraprendere la via delle armi. Del resto, se guardiamo la storia, la Russia, prima quella zarista, poi quella sovietica e post-comunista, ha sempre inteso la propria sicurezza con l’acquisizione di nuovi “spazi fisici”, con ulteriori territori.

L’ideologia del Russkij mir

Per tentare di comprendere l’aggressione russa, è opportuno ricordare l’ideologia del Russkij mir (= Mondo russo), imperialista e totalitaria, per cui di esso vengono a far parte non soltanto i “connazionali” ma altresì gli emigranti, i fuoriusciti dalla Russia e i loro discendenti, con un’estensione nel tempo che fa davvero di Russkij mir un’entità non solo extra-temporale ma quasi metafisica, con la pretesa di ricomprendervi potenzialmente tutta l’umanità, perché di esso farebbero parte «anche i cittadini stranieri che parlano russo, lo studiano e lo insegnano e tutti coloro che si interessano sinceramente della Russia e che si preoccupano del suo futuro» (dal sito del Russkij mir).

Da ricordare altresì che la concezione del “Mondo russo”, nel 2016, a due anni dall’annessione russa della Crimea, è stata ufficialmente integrata nella strategia di politica estera della Federazione Russa, con la sua potenziale e statuale aggressività, che va oltre i confini geografici, storici ed etnici della Russia attuale e rivela come proprio obiettivo principale il rafforzamento dell’«immagine della Russia come grande potenza» (cf. sito della Fondazione Russkij mir).

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, si può capire come l’Ucraina (anticamente denominata “piccola Russia”), nella sua legittima aspirazione ad essere riconosciuta come nazione autonoma e indipendente, rappresenti, tuttora, una “spina” nel fianco della Russia (così come, ai primi del secolo XX, della Polonia) che, per vari secoli, ha inglobato nell’Impero zarista e poi nell’Unione Sovietica l’intero territorio ucraino, sottraendolo a tentativi di violenta aggregazione da parte di potenze limitrofe, quali la Polonia, che pure occupò la Galizia e altre regioni ucraine occidentali per alcuni decenni all’inizio del secolo XX.

La guerra in atto, oltre a immani distruzioni di edifici e di centri abitati in Ucraina, con migliaia di vittime, compresi bambini e donne, ha causato “ferite” non lievi nel mondo ortodosso.

All’inizio delle ostilità, il patriarca di Mosca Kiril disse che non poteva prendere parte per l’una o l’altra parte avendo tanti figli spirituali (ortodossi) sia in Russia che in Ucraina.

Alcuni sacerdoti e vescovi ucraini ortodossi di “obbedienza moscovita”, qualche giorno fa, mi hanno detto che, contro di loro, è in atto una vera e propria “persecuzione”. Vengono accusati indiscriminatamente dalle autorità ucraine di essere “filorussi” o spie della Russia.

È noto che i monaci ortodossi della Lavra di Kiev, antico monastero e cuore dell’ortodossia nel Paese, fedeli a Mosca, hanno subìto una forte aggressione e un tentativo delle Forze dell’ordine di cacciarli dalla medesima Lavra.

Questo e altri episodi ci dicono quanto precaria e incerta sia la libertà religiosa in Ucraina.

Quando finirà il conflitto?

Quando finirà il conflitto? Non si può dire; del resto, è quasi indubbio che gli USA trovino soddisfazione per il fatto che la Federazione Russa sia quasi “sotto scacco” a causa di questo continuo e prolungato logoramento militare.

D’altra parte, è al momento improbabile che il Cremlino ponga fine alle ostilità, se non altro per difendersi dai “falchi interni” (vedi l’“affaire Prigozin”) insoddisfatti del modo di agire dell’esercito russo il quale – a loro dire – non porterebbe avanti un’offensiva forte e risolutiva e per non deludere le aspettative di larga parte della popolazione russa desiderosa di «impartire una lezione» alla «ribelle e ingrata nazione sorella ucraina».

Inoltre, desta una certa meraviglia che i tentativi della Santa Sede e di papa Francesco di far terminare la guerra e di giungere almeno ad un “cessate il fuoco”, mentre trovano positiva accoglienza – almeno a livello di dichiarazioni ufficiali – dalla parte russa (cioè dell’aggressore), vengano presi alquanto “sotto gamba” dall’aggredito, per interposta persona, cioè dagli USA e da altri Paesi occidentali.

Sappiamo che il santo padre, qualche giorno fa, al rientro da Mosca del card. Matteo Zuppi, ha dichiarato: «Non ci arrendiamo, e andiamo avanti con altri tentativi e nuove iniziative».

Parole che, nel buio dell’ora presente, permettono di intravvedere alla fine del tunnel di odio e di efferata ostilità una pur piccola fiammella di speranza per il tanto desiderato avvento della pace.

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Un commento

  1. Giovanni Lupino 13 luglio 2023

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