Il Congo dopo le elezioni

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Nella Repubblica Democratica del Congo, dopo le elezioni del 20 dicembre dello scorso anno – e va notato che si sono svolte nell’arco di tre o addirittura quattro giorni, in violazione della legge elettorale – ci si aspettava lo scenario a cui si è arrivati in questi primi giorni del nuovo anno.

Sebbene la campagna elettorale abbia dato l’impressione di una vera e propria competizione in cui avrebbe vinto il candidato migliore, abbiamo finito per confermare la famosa tesi secondo cui in Africa non si organizzano elezioni per perdere. Se alcuni Paesi hanno avuto il merito di fare un’eccezione – alludendo qui alla storia recente della Liberia, dove il presidente in carica è stato battuto dal candidato dell’opposizione – il caso del Paese di Lumumba, questa giovane democrazia di appena due decenni, è esemplare.

Non è stata una sorpresa, poiché la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) aveva preparato psicologicamente il popolo congolese ad accettare e, in un certo senso, a ingoiare i risultati che avrebbe pubblicato al termine dello spoglio delle schede.

Pubblicando i risultati provincia per provincia, il popolo congolese, come se contemplasse il cielo, ha visto gradualmente la mappa del Paese riempirsi di blu – il colore scelto per identificare le province in cui Tshisekedi era il vincitore (e anche il colore ufficiale della CENI… forse è solo una coincidenza).

Con gli animi ben preparati, non è stata una sorpresa quando, il 31 dicembre, Félix Tshisekedi è stato proclamato vincitore delle elezioni presidenziali con il 73,32% dei voti espressi – un risultato che solleva dubbi sulla credibilità del processo elettorale in corso.

Ne è seguita un’ondata di manifestazioni. Da un lato, folle esultanti che festeggiavano la rielezione dell’uomo affettuosamente conosciuto come “Fatshi Béton”; dall’altro, manifestanti arrabbiati che denunciavano brogli elettorali e gridavano alla rapina. Va detto che, date le massicce irregolarità e i brogli che hanno caratterizzato questo processo elettorale, c’era motivo di dubitare della credibilità di queste elezioni.

Inoltre, a conferma dei dubbi sulla sua professionalità, la CENI dopo aver pubblicato i risultati provvisori – fermo restando che spetta alla Corte Costituzionale proclamare i risultati definitivi – ha invalidato i voti di ottantuno candidati alla deputazione nazionale con l’accusa di brogli, possesso illegale di macchine per votare, traffico di influenze e incitamento alla violenza.

Accuse che, per una mente ben informata, si ritorcono contro la stessa CENI e confermano quello che alcuni si affrettano a descrivere come caos elettorale. Noncurante della gravità di queste accuse, la Corte Costituzionale ha curiosamente confermato la rielezione del Presidente Félix Tshisekedi, una decisione che non solo mette in discussione la sua neutralità, ma solleva anche questioni fondamentali.

Se le schede elettorali, proprietà privata della CENI, venissero trovate per strada e nelle mani di soggetti privati, ci si interrogherebbe sulla serietà di questa istituzione che dovrebbe presiedere al futuro di un’intera nazione. E poi, questi candidati deputati sospesi dalla CENI, la maggior parte dei quali appartengono all’Union Sacrée (un conglomerato di partiti politici che sostengono il presidente Tshisekedi), non hanno forse votato anche per il loro candidato alla presidenza?

Convalidare una parte della scheda elettorale e invalidarne un’altra è esattamente ciò che si chiama “due pesi e due misure”, ed è la prova che il popolo congolese non viene preso sul serio. La CENI non è forse, in ultima analisi, una cellula creata da una parte politica per mantenere il proprio potere e minare così gli sforzi fatti finora da questa giovane democrazia? Il popolo congolese non ha forse diritto a vere elezioni?


En République Démocratique du Congo, depuis les élections du 20 décembre dernier -à noter que ces dernières s’étaient étendues sur trois voir quatre jours ; et ce, en violation de la loi électorale- on s’attendait à un tel senario. Disons que bien que la campagne donnait l’allure d’une vraie compétition où le meilleur gagnerait, on en est arrivé à confirmer la fameuse thèse selon laquelle en Afrique, on n’organise pas les élections pour les perdre.

Si certains pays, en effet, ont eu le mérite d’en faire l’exception – faisant ici allusion de l’histoire récente du Libéria où le président sortant a été battu par le candidat de l’opposition-, le cas du pays de Lumumba, cette jeune démocratie de deux décennies en peine, en est un cas illustratif. Il ne s’agit donc pas d’une surprise puisque la Commission Électorale Nationale Indépendante (CENI) avait préparé psychologiquement le peuple congolais à accepter et d’une certaine manière à avaler les résultats qu’elle publierait à la fin du dépouillement des bulletins de vote.

En publiant les résultats province par province, le peuple congolais, comme qui contemplait le ciel, a assisté progressivement au remplissage de la carte du pays en bleu, couleur choisie pour identifier les provinces où Tshisekedi était vainqueur (et aussi couleur officielle de la CENI ; il s’agit peut-être d’une simple coïncidence). Les esprits ayant donc été bien préparés, sans surprise, le 31decembre, Monsieur Félix Tshisekedi a été annoncé vainqueur aux élections présidentielles avec 73,32% des votes exprimés ; un score qui suscite des interrogations quant à la crédibilité du processus électoral en cours.

S’en est suivie donc une vague des manifestations. D’un côté, des foules à liesse célébrant la réélection de celui que l’on appelle affectueusement “Fatshi Béton” et d’autre part des manifestants en colère qui dénoncent un bracage électoral et crient à un vol à ciel ouvert. Il faut le dire : vu les irrégularités et fraudes massives qui ont entaché ce processus électoral, il y a eu de douter de la crédibilité de ces élections.

Par ailleurs, comme pour confirmer les doutes sur son professionnalisme, la CENI, après avoir publié les résultats provisoires -attendu qu’il appartient à la Cour Constitutionnelle de proclamer les résultats finaux- a invalidé le vote des quatre-vingt-et-un candidats à la députation nationale pour de fraude, détention illégale des machines à voter, traffic d’influence et incitation à la violence.

Des charges qui, pour un esprit averti, jouent contre la CENI elle-même et confirment ce que d’aucuns n’hésitent de qualifier de chaos électoral. Sans tenir compte de la gravité de telles accusations, la Cour Constitutionnelle a curieusement confirmé la réélection du Président Félix Tshisekedi ; une décision qui non seulement remet en cause sa neutralité mais aussi suscite des interrogations fondamentales.

Si en effet, les quittes électoraux, propriétés privées de la CENI, ont été retrouvés dans la rue et entre les mains des individus, on s’interrogerait sur le sérieux de cette institution sensée présidée sur l’avenir de toute une Nation. Et puis, ces candidats à la députation invalidés qui sont pour la plus part de l’Union Sacrée (un conglomérat des partis politiques soutenant le président Tshisekedi), n’ont-ils pas aussi voté pour leur candidat à la présidentielle !?

Valider une partie du scrutin et invalider une autre s’appelle exactement un poids deux mesures, et il s’agit d’une preuve que ce peuple congolais n’est pas pris au sérieux. Cette CENI n’est-elle pas finalement une cellule montée en toute pièce par un camp pour se maintenir au pouvoir et ainsi, saper les efforts fournis jusqu’ici par cette jeune démocratie !? Le peuple congolais n’a-t-il pas finalement droit aux vraies élections !?

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