La Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica democratica del Congo dura da ormai 20 anni. Scopo della missione è la riconciliazione delle forze che si contrappongono militarmente sul campo nella regione del Kivu. Ma a chi giova davvero la “industria della pace”? Enzo Nucci è corrispondente RAI per l’Africa subsahariana.
Uno scandalo (che dura da 20 anni) si aggira per l’Africa, precisamente nella enorme e ricchissima provincia orientale del Kivu, nella Repubblica democratica del Congo.
Il suo nome è Monusco (Missione dell’organizzazione delle Nazioni unite per la Stabilizzazione nella RDC, recita l’ampolloso quanto bolso acronimo). Ventimila uomini (di cui 15 mila caschi blu armati, i cosiddetti peacekeepers) che detengono il primato di far parte della più numerosa, costosa, inutile missione internazionale di pace dell’Onu.
Il loro compito finale è la riconciliazione delle forze che si contrappongono militarmente sul campo ma con il precipuo compito di difendere l’inerme popolazione civile dalle violenze di decine di gruppi armati in guerra per il controllo dell’estrazione illegale di oro, diamanti, coltan e minerali rari, di cui il sottosuolo è incredibilmente generoso. Mai missione è stata più elusa e violata nella storia.
L’ennesima riprova si è avuta lo scorso 25 novembre nella città di Beni dove la gente esasperata e resa cieca dalla rabbia per l’ennesima violenza subìta da parte di un gruppuscolo ribelle ha attaccato la base della Monusco accusata da anni di assistere passivamente (se non addirittura connivente) alle sanguinose scorribande armate.
Alcuni manifestanti sono stati uccisi e secondo alcune testimonianze a fare fuoco sarebbero stati proprio i caschi blu e non le forze governative congolesi. La strage di civili a Beni è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché nel solo mese di novembre 2019 sono state un centinaio le vittime civili di agguati perpetrati dai guerriglieri.
Le proteste si sono diffuse in tutta la regione, arrivando fino a Goma, lasciando sul selciato molte vittime. Una situazione così incandescente che rischia di vanificare anche gli sforzi per fermare la diffusione di Ebola che qui ha già ucciso 2.200 persone dall’agosto 2018.
Turbolenze ed attacchi mortali favoriscono infatti la diffusione del virus perché costringono le grandi organizzazioni a ritirare gli operatori sanitari sul campo e sospendere pure le prime cure sperimentali. Senza dimenticare che in Kivu il morbillo uccide più di Ebola.
La situazione è stata ritenuta tanto incandescente che a Beni è stato inviato in tutta fretta Jean-Pierre Lacroix, segretario aggiunto delle Nazioni Unite, per rassicurare il suo personale e soprattutto confermare l’appoggio della Monusco all’offensiva militare dell’esercito congolese. Una spirale di violenza senza fine dove agli attacchi dei ribelli seguono operazioni governative (tese più a guadagnare consensi che altro) con in mezzo sempre e solo i civili.
Il quadro in cui opera la Monusco non è dei più semplici. Il Kivu è stato squassato (nel 1996 e nel 1998) da due guerre panafricane dove si sono scontrati anche gli eserciti di nazioni confinati. In quella che è stata definita “la guerra mondiale d’Africa” per sottolinearne la drammaticità si sono registrati quasi 6 milioni di vittime, milioni di feriti con enormi costi sociali, città e villaggi diventati fantasma per l’esodo di milioni di rifugiati. Poi nel 2009 e 2012 sono seguite sanguinose rivolte etniche.
Ma a rendere difficile anche la sopravvivenza di base sono le continue guerre a bassa intensità che scuotono la regione in cui milizie armate ed eserciti stranieri (magari attraverso compiacenti e ben pagati gruppi ribelli creati ad hoc) si contendono quella che gli analisti definiscono la condanna del Congo, ovvero quella enorme ricchezza su cui siede.
Un oceano di denaro che ha tra l’altro portato nelle tasche dell’ex presidente Joseph Kabila l’iperbolica cifra di 6 milioni di dollari al mese per 14 anni. Soldi serviti a comprare inoltre la complicità della Monusco nel favorire i terroristi genocidi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda.
E il contingente (formato in maggioranza da soldati indiani e pachistani) è stato molto attivo nel traffico di minerali, nella diffusione della prostituzione (anche infantile), nella corruzione dell’assistenza umanitaria di cui usufruiscono ampiamente politici e amministratori. Un reticolo di interessi inestricabile, dove c’è gloria per tutti tranne che per i poveri.
A giugno 2020 scade il mandato della Monusco da 20 anni puntualmente rinnovato. Il presidente congolese Felix Tshisekedi e il presidente Trump concordano nello smantellare la missione di pace che non servirà certo a stabilizzare il Kivu così come non serve l’imbarazzato silenzio della Monusco che sembra più interessata a perpetuare il ricco mandato.
Pubblicato su Confronti 01/2020