Diario di guerra /59. Parolin in Libano

di:

libano

Penso che il viaggio del Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, a Beirut sia, oggi, il prodotto più alto di una diplomazia impareggiabile per servizio e visione. Solo la visita, in sé, è un capolavoro al servizio della pace: non solo in Libano, ma nel mondo. Una guerra conclamata tra Hezbollah ed Israele, per quanto improbabile, porterebbe, infatti, ad una catastrofe sconfinata.  Le improbabilità potrebbero divenire realtà, anche solo per un piccolo errore di calcolo politico.

Preparata dalla poco propagandata missione libanese del cardinale Gugerotti nella capitale libanese, conclusasi appena pochi giorni fa, la missione di Parolin – inspiegabilmente sottovalutata da molti media – arriva proprio nel momento più delicato dei timori per l’auto-distruzione del Libano, incarnata dalla retorica fanatica del leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, che è arrivato persino a minacciare Cipro, Stato membro dell’Unione Europea: ha promesso di distruggerlo se offrisse le sue basi all’esercito israeliano. Chissà se Nasrallah nelle prossime ore estenderà le sue minacce a Creta, alla Sicilia, alla Sardegna o magari alla Corsica.

***

Nel mentre in Libano non si batte ciglio alla notizia – non confermata ma da tutti ritenuta notoria e quindi veritiera – che la milizia di Nasrallah abbia trasformato lo scalo aereo di Beirut (l’unico attivo per tutto il Libano) in una sua privatissima santabarbara: un deposito ‘civile’ riempito di armi e munizioni. È lo stesso aeroporto in cui è sbarcato il cardinale Parolin, di certo consapevole delle voci che girano in città e che assicurano che ci sarebbero tante armi nascoste in ogni dove, a partire da quartieri controllati dai gruppi cristiani alleati di Hezbollah. Questi confidano che i miliziani filoiraniani e khomeinisti, li ricambino eleggendo il loro candidato a nuovo Presidente della Repubblica. L’elezione dovrà avvenire, prima o poi, naturalmente, in Parlamento, ove Hezbollah conta molti numeri.

Per farsi un’idea di quanto la questione sia accesa, basta ricordare che il Presidente doveva essere eletto nell’ottobre del 2022: per tradizione consolidata deve essere un cristiano maronita; ma Hezbollah accetta un solo nome, un maronita amico personale del despota siriano Bashar al-Assad (!) e questo, penso, basti a dire chi sia.

L’urgenza di sbloccare la nomina del Presidente figurerà nell’agenda del Segretario di Stato vaticano? Penso di sì. La segreteria di stato vaticana conosce bene la consorteria che da quelle parti sa arrivare sino alla cecità e all’autolesionismo, come ben dimostra la storia iniziata con la guerra civile, esplosa nel 1975 e durata 15 anni!

L’assoluta inadeguatezza della politica libanese – comprensiva dei segmenti cristiani – Parolin la conosce come pochi, stante la sua antica e qualificatissima frequentazione di quel Paese. Per cercare di salvare il Libano dalla distruttività della guerra con Israele, Parolin certamente proverà a far riflettere sulla carica di autodistruttività che alberga nella casta libanese.

***

Questa non è più solo una ipotesi. Ricordo i tragici fatti del 2006: quando, nel confronto armato con Hezbollah, Israele bombardò l’aeroporto civile di Beirut, trasformato in un deposito di armi da Hezbollah; fatti seguiti dalla rovina del 2020, quando deflagrò il porto civile di Beirut, con un bel pezzo di città, poiché Hezbollah vi aveva stipato, clandestinamente, tonnellate di nitrato di ammonio dopo il curioso sequestro di una nave cargo il cui armatore presto fallì. Quella polvere esplosiva venne conservata, contro ogni legge, nel porto, perché Hezbollah – che lo controllava come controlla tuttora – lo usava per la sua guerra in Siria.

L’esplosione ebbe luogo nel 2020, alla vigilia della sentenza con cui il Tribunale Speciale Internazionale stava riconoscendo gli operativi di Hezbollah quali esecutori dell’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri. Il governo del tempo – come oggi capitanato da Hezbollah – ha impedito qualsiasi inchiesta, minacciando i magistrati incaricati. Così, l’indagine su quella esplosione – immediatamente passata alla storia con una immagine simile ad un fungo atomico – è ormai sbiadita e coperta, paradigma di tutta la vita di Beirut, una città morente.

Parolin non potrà che dare atto al patriarca maronita Beshara Rai di aver rotto – forse tardivamente, ma comunque di averlo fatto – il muro di omertà con Hezbollah che pezzi importanti della politica cristiana ancora mantengono. La leadership del patriarca ha altre manchevolezze che l’emergenza esistenziale dell’oggi certo non cancella, ma che fa comunque passare in secondo piano.

Oggi una vera salvezza del Libano passa dalla capacità dei cristiani di contenere l’aggressività israeliana, isolando e bocciando la retorica – chiaramente fanatica – di Hezbollah: uno sforzo che sin qui non si è visto. L’obiettivo è rifare del Libano un Paese padrone di sé stesso e quindi della politica nazionale di difesa, non più una colonia dell’Iran affidata a Nasrallah.

Come nel 2006, quando l’Iran non spese un dollaro per ricostruire il Libano distrutto da Nasrallah e dalla sua sete di guerra con Israele – peraltro ben ripagata – anche oggi l’Iran non spende e non spenderebbe nulla per ricostruire Beirut. E dubito che altri Pasi arabi intendano farlo, come fecero allora.

***

Sarebbe bene che i cristiani libanesi lo capissero e che lo dicessero, a voce alta e chiara, a tutti. Tehran considera l’Iraq – non il Libano – il vero diadema della corona imperiale persiana. Per l’avamposto libanese, al più, Tehran offrirebbe qualche goccia di sangue siriano.

Lo sforzo iraniano per il Libano, dunque, si limita a riarmare Hezbollah, anche tra i cumuli delle macerie, come accadde nel 2006. Ma un’altra guerra ora accrescerebbe quei cumuli come montagne. L’espressione, ormai frequentemente usata, è «Beirut come una seconda Gaza»: calza a pennello!

Contare che il cardinale Parolin riesca, in questi pochi giorni, a guarire i leader politici cristiani dalla sindrome presidenziale che li ha spinti sino alla complicità e alla distruzione economica del loro stesso Paese, è forse troppo. Spero tuttavia che sappia frenarli e fermarli nella loro folle corsa verso il baratro che Hezbollah ha preparato: almeno quanto basti a preservare il Libano.

Questo Paese rimane il solo da cui può ripartire il sogno di un altro Medio Oriente. Porta ancora il messaggio con cui lo identificò Giovanni Paolo II: il messaggio è vivere insieme da diversi. Per questo il Libano deve sopravvivere. E Parolin è tra i pochi al mondo che ne coglie la valenza mediterranea.

  • Tutte le puntate del Diario di Riccardo Cristiano possono essere lette qui.
Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto