Martedì 17 settembre, la Spagna è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) in seguito alla causa intentata da una donna, testimone di Geova, che aveva ricevuto trasfusioni di sangue contro la sua volontà.
La ricorrente, Rosa Edelmira Pindo Mulla, è una donna ecuadoriana di 53 anni che vive in Spagna, la quale sostiene di essere stata vittima di «paternalismo medico» a causa della sua nazionalità e religione. La CEDU ha stabilito che dovrà essere risarcita dallo Stato spagnolo con 12.000 euro per i danni a cui si aggiungono 14.000 euro per le spese legali. La condanna è stata comminata per aver violato il diritto al rispetto della vita privata connesso a quello della libertà di religione, perché nel processo di decisione sulla trasfusione di sangue non è stata tenuta in conto l’assoluta opposizione della donna a questo tipo di intervento espressa più volte per iscritto e oralmente.
«Le omissioni che hanno portato alla trasfusione di sangue a una testimone di Geova contro la sua volontà hanno violato il suo diritto all’autonomia», si legge nella sentenza. La Corte di Strasburgo ha stabilito all’unanimità che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo considerato alla luce dell’articolo 9 sulla libertà di pensiero, coscienza e religione.
L’avvocato dello Stato spagnolo, Heide-Elena Nicolas Martinez, ha puntato la sua difesa sul fatto che la decisione di trasfonderla è stata presa dalla equipe medica in una situazione di «grave emergenza».
Direttive anticipate da rispettare
Nel 2017, in seguito a una serie di esami medici, alla donna viene consigliato di sottoporsi a un intervento chirurgico. Nel 2018, prima dell’intervento, Pindo Mulla riceve tre documenti da compilare: un testamento biologico, una procura a lungo termine e un modulo di consenso informato. La Corte ha accertato che la donna aveva espressamente menzionato in tutti e tre i documenti la sua confessione religiosa (Testimone di Geova) e il suo conseguente rifiuto di ricevere qualsiasi tipo di trasfusione di sangue, anche a costo della sua stessa vita.
A metà del 2018, Pindo Mulla viene sottoposta all’intervento programmato. Dopo l’operazione, deve però essere trasferita in un ospedale di Madrid a causa di complicazioni che hanno comportato un’emorragia interna. Visto il suo stato critico, i medici si rivolgono al giudice di turno per stabilire come procedere. Ma l’informazione essenziale dell’esistenza di un testamento biologico sembra essere stata omessa. Il giudice è informato solo del fatto che si tratta di una testimone di Geova contraria a qualsiasi trasfusione. Sentiti gli esperti, il giudice dà il via libera all’intervento autorizzando qualsiasi procedura medica e chirurgica senza che la donna sia informata, nonostante fosse pienamente cosciente quando è stata portata in sala operatoria.
Nella sua sentenza − a sostegno della condanna − la Corte di Strasburgo sottolinea che quando uno Stato istituisce un sistema di direttive mediche anticipate su cui i pazienti fanno affidamento, è responsabile del fatto che il sistema funzioni in modo efficace. Infine, la corte chiama in causa i tribunali nazionali i quali non hanno tenuto conto né delle mancate informazioni date al giudice né della capacità decisionale di Rosa Edelmira Pindo Mulla quando sono stati chiamati a esaminare il caso e hanno deciso a sfavore della donna.
Fondati negli anni Settanta del XIX secolo negli Stati Uniti da Charles Russell, i Testimoni di Geova si considerano l’unico gruppo in grado di riportare il cristianesimo alle sue origini.
Sono sovente accusati di deriva settaria per il rigore dei loro precetti, tra cui il rifiuto delle trasfusioni di sangue.