In Germania, sono previste, per il nuovo Cancelliere e i suoi ministri, due formule di giuramento: una con il riferimento religioso con cui si chiede l’aiuto di Dio e una senza. Scholz e alcuni suoi ministri hanno usato questa seconda. Come giudicare questa scelta? Il parere di un politologo giornalista cattolico, di una teologa protestante e di una giovane del gruppo dei Verdi.
Olaf Scholz, 63 anni, è il nuovo cancelliere della Germania. È il quarto cancelliere socialdemocratico dopo Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder. Guiderà una coalizione composta da Spd, Verdi e Liberali. Termina così, dopo 16 anni, l’era di Angela Merkel. Scholz non appartiene a nessuna delle due confessioni religiose predominanti in Germania, quella cattolica e quella protestante. È infatti uscito dalla Chiesa evangelica nel 2019 e, secondo alcune fonti, si è dichiarato espressamente ateo.
Al momento di entrare in carica ha prestato giuramento davanti ai membri riuniti del Bundestag (parlamento) e del Bundesrat (Camera dei Länder, ossia delle regioni), tralasciando – com’è consentito – il riferimento religioso “so wahr mir Gott helfe”, “che Dio mi aiuti”.
Il testo del giuramento recita così: «Giuro che dedicherò le mie forze al bene del popolo tedesco, accrescerò la sua prosperità, lo preserverò da danni, garantirò e difenderò la Legge fondamentale e le leggi federali, adempirò ai miei doveri coscienziosamente e renderò giustizia a tutti. (Che Dio mi aiuti)».
Con lui hanno rinunciato al riferimento a Dio anche diversi ministri, senza suscitare particolari reazioni, da nessuna parte. Non è infatti la prima, volta che ciò avviene nella tradizione storica della Germania.
«È un passo che merita il rispetto anche dei cristiani», ha commentato il politogo e giornalista cattolico Andreas Püttmann, di Bonn, in un articolo pubblicato su Domradio, di Colonia, il giorno stesso del giuramento, l’8 dicembre scorso, che qui riportiamo.
Governare senza Dio?
«Nelle due opzioni che i membri del governo hanno di prestare giuramento con o senza l’affermazione religiosa “So wahr Gott helfe” (“Che Dio mi aiuti“) – scrive Püttmann – è espressa la libertà e la laicità dello Stato costituzionale democratico. “Non esiste una Chiesa di stato”, afferma l’articolo 137 della Costituzione di Weimar del 1919, lo Stato e la Chiesa sono separati. Nello stesso tempo, tuttavia, si afferma che tutte le persone sono libere di professare le proprie convinzioni religiose e di fare affidamento pubblicamente sull’aiuto di Dio quando entrano in carica. Questa dichiarazione personale merita – in un modo o nell’altro – il rispetto reciproco tra credenti e non credenti. C’erano già stati dei cristiani praticanti a non aver fatto uso dell’affermazione religiosa nel loro giuramento, come il primo ministro della Turingia Bodo Ramelow».
Dagli ambienti religiosi praticanti, tuttavia, non è mancato il rammarico e il malcontento verso i membri del governo che ritenevano di poter «fare a meno dell’aiuto di Dio». Finora l’unico cancelliere federale a tralasciare questo riferimento prestando il giuramento era stato Gerhard Schröder, (cancelliere dal 1998 al 2005), sebbene fosse membro della Chiesa protestante. L’avevano seguito metà dei suoi ministri, tra cui Oskar Lafontaine, Joschka Fischer e Jürgen Trittin.
«“Gli atei hanno ormai preso il timone”, si sentì esclamare nelle nicchie conservatrici delle Chiese anche se un governo rosso-verde non fa con ciò una tendenza».
Nel 2005 solo il ministro della Giustizia Zypries rinunciò al richiamo religioso, mentre, nel 2009 e nel 2013, tutti i ministri giurarono nuovamente con la formula “Che Dio mi aiuti”; nel 2018, vi rinunciarono solo Olaf Scholz, Katarina Barley e Svenja Schulze.
Una secolarizzazione che avanza
«Visto così – sottolinea Püttmann –, il fatto che quasi la metà del nuovo governo federale – tutti i Verdi e tre socialdemocratici su otto – abbia scelto il giuramento non religioso può essere inteso come espressione di una secolarizzazione che avanza, ma è probabile che presto la situazione cambi di nuovo se i democratico-cristiani dovessero partecipare al governo».
«Ma – si chiede Püttmann –, cosa si aspettano i credenti in Cristo dai loro politici in una società che è solo per metà nominalmente cristiana e con meno del 10% di gente che frequenta normalmente la messa domenicale e un crescente pluralismo religioso dei suoi politici? Anche i credenti non possono desiderare seriamente dei giuramenti frutto di ipocrisia se apprezzano le libertà dell’articolo 4 della Costituzione e la loro coscienza come autorità decisiva per il processo decisionale politico-etico».
«Ciò nonostante, avendo alle spalle una lunga tradizione storica delle ideologie sviluppatesi in Europa, si può naturalmente pensare che una “società senza Dio” nasconda rischi sociali e politici. Gli studi di scienze sociali hanno dimostrato che esistono differenze significative tra gli atteggiamenti delle persone vicine alla Chiesa e quelle lontane e dei cittadini senza appartenenza confessionale. E questo non solo su questioni di bioetica, di tutela della vita umana prenatale, del matrimonio e della famiglia fino al numero voluto e concreto di figli, ma anche per quanto riguarda l’obbedienza alla legge, la disponibilità ad agire e ad aiutare, la fiducia nel prossimo e una tendenza politica moderata. Beninteso, le differenze sono solo nella media.
Una dichiarazione che comprende tutti non è una dichiarazione di ciascuno. Sarebbe presuntuoso se i credenti trattassero i non credenti con diffidenza morale, e perfino violando l’immagine cristiana che essi hanno dell’uomo e della dottrina sociale della Chiesa. Tale convinzione è idonea e incline a stringere alleanze al di fuori delle mura della Chiesa, perché la sua epistemologia non si fonda solo su verità della rivelazione cristiana, ma anche su un pensiero socio-filosofico basato sulla natura dell’uomo, secondo il quale ci si può in genere intendere con tutti su ciò che è bene, indipendentemente dalla propria fede. Secondo la concezione biblica, anche i “pagani” sono partecipi dell’ordine divino delle cose, perché “essi dimostrano che quanto la Legge esige (…) è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza (Rm 2,14ss)».
Senza Dio tutto è permesso?
«Inoltre – ricorda ancora Püttmann –, secondo l’esperienza storica, il famoso detto di Dostoevskij: “Se Dio non esiste, tutto è permesso”, deve essere integrato con la sua contrapposizione presuntuosa e autoreferenziale: “Se Dio è con noi, allora tutto è permesso” o, in ogni caso, a noi più che agli altri. Chi non è consapevole dell’abisso di una sempre possibile e anche presente patologia della religione, questi in quanto accusatore dei “politici senza Dio”, di certo non intende nemmeno ascoltarli.
Non da ultimo, lo scandalo degli abusi o gli sporchi affari mascherati dei parlamentari “democratico-cristiani”, ma anche gli attacchi di presunti cristiani super-zelanti all’ordine costituzionale degli Stati Uniti o della Polonia avrebbero dovuto insegnare ai cristiani il realismo e l’umiltà: la professione della fede espressa attraverso le parole non deve entrare in cortocircuito con l’integrità morale, e l’ostentata ortodossia non deve contraddire lo spirito del Vangelo».
«L’ultima ricerca di Infratest, ad esempio – prosegue Püttmann –, dimostra che il pensiero morale in bianco e nero non è direttamente applicabile alla politica: il 37% dei sostenitori dell’SPD e FDP e uno su quattro dei Verdi rifiuta l’abolizione del divieto di pubblicità per gli aborti. Poiché la popolazione globale è divisa tra il 47% favorevole e il 40% contrario alla “liberalizzazione”, si può facilmente intuire che, anche a destra del Centro, compresa l’area sindacale, la Chiesa non ha più l’appoggio di una volta.
Ma sarebbe un errore restringere il criterio dei “valori cristiani” in politica a uno o due temi, come è stato fatto negli ultimi anni dall’ambiente ecclesiale conservatore, in particolare sui temi dell’aborto e dei matrimoni gay. Sono questioni eminentemente cristiane anche i problemi dei giusti salari e le condizioni di lavoro dignitose, la custodia del creato, il generoso aiuto ai rifugiati, l’impegno per i diritti umani e l’opposizione ai governi ingiusti in tutto il mondo. E non sono da dimenticare, oltre ai contenuti della politica, i comportamenti dei politici i quali, nella lotta per il potere e il loro modo di vivere e anche i loro rapporti con la popolazione, possono dare una testimonianza più o meno cristiana».
“Dai loro frutti…”
«Viste così le cose – continua Püttmann –, vale ugualmente per il cancelliere e i ministri, con o senza il riferimento a Dio, l’affermazione biblica di riconoscerli “dai loro frutti” e “di esaminare tutto, ma di conservare ciò che è buono”. Da tempo il comportamento elettorale dei cittadini vicini alla Chiesa è diventato più differenziato, anche se sono ancora ampiamente rappresentati nella CDU/CSU e assai ridotti tra gli elettori dell’AfD (Alternative für Deutschland, e della Sinistra (Die Linke). Sono più appropriati, ragionando in termini cristiani, un atteggiamento di attesa benevola verso i governi più lontani dalla Chiesa e, inoltre, dove è necessario, una critica costruttiva. Più ancora: nella lettera a Timoteo, l’apostolo delle nazioni, Paolo, esorta: “Raccomando prima di tutto che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio” (1Tm 1,3)».
«Del resto, non si può escludere che l’uno o l’altro dei ministri che hanno giurato “senza Dio” oggi possa sentire simpatia e riconoscenza verso questa preghiera. I tempi sono effettivamente così problematici per i sistemi politici degni dell’uomo che – conclude Andreas Püttmann –, per le persone religiose e “religiosamente disarmoniche”, esistono ragioni sufficienti per cercare un terreno comune come “persone di buona volontà”».
Nel campo protestante
La teologa protestante Margot Käßmann, ex vescovo regionale di Hannover ed ex presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca (EKD). pensa che sia «un peccato» che il cancelliere Olaf Scholz (SPD) e molti ministri del nuovo governo non abbiano usato la formula “Che Dio mi aiuti” quando hanno prestato giuramento. In un intervento su Bild am Sonntag ha affermato che «chi si appella a Dio si considera responsabile davanti a un’autorità superiore», La scelta di rinunciarvi, a suo parere, è un segno della diminuzione dell’influenza delle Chiese. «La realtà è semplicemente questa».
In Germania, spetta al Cancelliere federale e ai membri del suo gabinetto decidere se prestare giuramento con l’affermazione religiosa oppure no. Le persone religiosamente non affiliate sono tuttavia certe dell’intercessione degli altri. È positivo che le Chiese si siano congratulate con il nuovo Cancelliere federale e gli abbiano augurato la benedizione di Dio, ha continuato Käßmann.
È anche positivo che molte comunità cristiane in Germania includano i nuovi leader nella loro preghiere di intercessione nelle funzioni religiose. Questi possono essere sicuri che le comunità cristiane li sosterranno. «Non viviamo più in un’epoca in cui quasi tutti i tedeschi erano membri di un’unica Chiesa» – ha affermato Käßmann –, ma «l’accordo di coalizione mostra che le Chiese sono rispettate come parte della società civile». Pertanto, le Chiese sono ora chiamate a portare le loro convinzioni nella società.
«“Come cristiana, sono persuasa che le nostre convinzioni di base siano preziose per questo Paese». «Si tratta di una carità che si traduce in solidarietà e attenzione verso le persone ai margini e di un’attitudine a pensare al di fuori degli schemi precostituiti, come ci dice il Vangelo». La Käßmann ha concluso: «Giustizia, pace e integrità del creato sono una missione biblica e una Parola d’ordine».
Karoline Otte
Karoline Otte (25 anni) è la più giovane deputata del parlamento. Vi è entrata come membro della “Gioventù Verde” (Grünen Jugend) nella lista dello Stato federale della Bassa Sassonia, dopo le elezioni di settembre. Ha scelto da adulta di far parte della Chiesa protestante. Da cristiana convinta, non gradisce il riferimento a Dio nel giuramento del governo.
In un’intervista all’Agenzia KNA ha affermato che nel giuramento il riferimento a Dio non ha importanza. «Gli ideali che io vivo – ha dichiarato – sono ideali cristiani. Io ho un rapporto molto forte con la carità. Questo è molto importante. È molto importante per me incontrare prima le persone con amore e mostrare molta comprensione e ascoltare. Questi sono valori fondamentali per me. È proprio questo aspetto della carità che è cruciale nella mia politica. La Chiesa protestante ha preso posizione politica a favore dei rifugiati e dell’omosessualità, ed è importante che questi valori siano sostenuti anche da chi non appartiene ad essa. Per me questa è davvero una parte cruciale della mia personalità».
Alla domanda circa il ruolo della fede nel processo politico, ha risposto: «Penso che non sia importante che uno emetta il giuramento con riferimento a Dio oppure no. Ho avuto l’impressione che forse questo riferimento avrebbe messo da parte un po’ della nostra responsabilità. Credo che si possa fare una politica basata sui valori senza fare riferimento a una Chiesa cristiana. Si può vivere l’empatia e trasmettere una visione cristiana del mondo senza dire: questa è la mia visione cristiana del mondo. Penso che sia semplicemente possibile. La Chiesa non può reggersi da sola a questo riguardo. Deve funzionare anche al di fuori. Penso che la cosa importante sia fare politica con empatia. In molti punti io non ero d’accordo con la Merkel, ma ho trovato commovente quando ha detto in una intervista di aver fatto politica per le persone. Penso che sia un ottimo atteggiamento. All’inizio non importa chi sia questa persona che si trova dall’altra parte. È sufficiente per me che sia una persona. È un’ottimo punto di partenza. E penso che ciò si possa sviluppare e coltivare anche al di fuori della fede cristiana».