Haiti è un paese con una popolazione di quasi 11 milioni di abitanti – di cui quasi la metà ha meno di 23 anni – che vivono in una situazione di estrema precarietà e vulnerabilità. Il paese è al 168° posto nella classifica Onu dello Sviluppo Umano. Quasi il 60% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
Il terremoto del 2010
Il 12 gennaio 2010, pochi minuti prima delle cinque di pomeriggio, Haiti fu colpita da un violento terremoto che lasciò sepolte sotto i detriti almeno 230mila persone, 300.000 furono i feriti e oltre 1.200.000 gli sfollati. La tragedia fu talmente grande che gli occhi del mondo e l’attenzione mediatica si concentrarono per la prima volta su questo piccolo pezzo dell’isola caraibica di Espagnola tanto colpito e flagellato. Il terremoto devastò la capitale Port au Prince. Il palazzo nazionale crollò. Non venne risparmiata la cattedrale cattolica.
L’intervento umanitario internazionale in soccorso della prima nazione libera e “nera” della storia fu massiccio. Il terremoto non solo causò danni ingentissimi, ma interruppe pure quel periodo di relativa calma e di crescita economica dagli anni difficili della profonda crisi che nel 2004, dopo la guerra civile, indusse l’intervento delle Nazione Unite per stabilizzare il paese. La catastrofe del 2010 venne interpretata dalla comunità internazionale quale circostanza per offrire speranza alla popolazione haitiana. Le donazioni ed i fondi che seguirono e che vennero investiti per ricostruire il paese furono senz’altro ingenti: si parla di almeno 14 miliardi di dollari di aiuti umanitari dispensati.
Molte aspettative si ingenerarono. Dalle campagne le persone si spostarono verso le periferie della capitale in cerca di impiego proprio nei lavori di ricostruzione. Ma nuove baraccopoli si crearono nell’abusivismo e nella illegalità; sprovviste di ogni servizio e abbandonate nel disagio dalle istituzioni, divennero un focolaio di nuova emarginazione e di facile preda della criminalità violenta. Presto le speranze si rivelarono illusorie.
La ricostruzione non è mai cosa semplice, specie in un paese con così gravi problemi, numerosi e multidimensionali, radicati nella storia e nella cultura.
La difficile ricostruzione
Ai già drammatici indicatori socioeconomici precedenti il terremoto, si è dunque sovrapposta la fragilità delle strutture statali e politiche, prodotto di una democrazia acerba controllata da una élite di poche famiglie egemoni capaci di concentrare gran parte della ricchezza nelle proprie mani.
Il sistema educativo e sanitario erano e restano tutt’ora inadeguati. Nemmeno la proliferazione di presenza di ONG, di professionisti stranieri e di volontari pieni di buone intenzioni è risultata capace di risollevare il paese. Dei molti miliardi di dollari di aiuti stanziati dalla comunità internazionale, una parte si perse da subito nell’inefficienza e nella mancanza di competenze di un paese privo di reali infrastrutture, altri nelle piaghe della corruzione, altri ancora in appalti assegnati soprattutto ad aziende private straniere interessate più al profitto che al bene della popolazione locale.
Dal 2019 una crisi profonda di carattere istituzionale e politico si sta riverberando a livello sociale ed economico riportando la popolazione nella miseria e nella rassegnazione. La gente ha chiesto a gran voce le dimissioni del presidente della Repubblica, Jovenel Moise, in carica da febbraio 2017, accusandolo oltre che di incapacità anche di corruzione. L’inflazione ha superato nell’anno scorso il 20% ed il tasso di insicurezza alimentare riguarda oggi 3,7 milioni di haitiani, mentre la fascia vulnerabile è cresciuta fino a 4,6 milioni. Siamo dunque in una nuova emergenza umanitaria, di cui ormai poco si parla.
L’opera della Caritas
Caritas Italiana è presente ad Haiti dal 2010. Sono stati più di 200 i progetti realizzati. Attualmente con Caritas Haiti si sta sostenendo un programma triennale nazionale di animazione sociale che prevede il supporto ad iniziative comunitarie generatrici di reddito.
Inoltre, sempre con la Caritas locale e con Caritas Ambrosiana si sta avviando un intervento per combattere la malnutrizione a Jean Rabel nel Nord Ovest del Paese. Nel dipartimento di Hinche, Caritas Italiana sta supportando attraverso fondi della U.E. la società civile per favorire interventi di protezione sociale ed iniziative di cittadinanza attiva. Si stanno avviando corsi di musica e capoeira danza acrobatica caratteristica) nel Centro di riabilitazione per minori di Port au Prince. Inoltre nelle zone rurali si continua a contribuire allo sviluppo di azioni a sostengo dell’agricoltura e della sicurezza alimentare.
Caritas di Mantova sta sostenendo un progetto nella zona montana di Beausejour dove, attraverso la Congregazione haitiana dei Piccoli Fratelli di Santa Teresa, gli agricoltori locali stanno cercando di migliorare la filiera di produzione e commercializzazione dello yam, un tubero simile alla manioca molto nutriente e di particolare importanza per la dieta locale.
Sono infatti molte ad Haiti le congregazioni religiose, sia locali che internazionali, impegnate a fianco della popolazione locale. Sono i Camiliani, gli Scalabriniani ed i Monfotani ad aver sviluppato negli anni opere significative. Sono proprio le comunità missionarie a portare nelle zone più difficili e isolate del paese segni di fraternità cristiana e di speranza fondamentale.
È questo il grande ruolo che sta giocando la Chiesa ad Haiti. Da un lato, sta incoraggiando il dialogo tra le fazioni politiche: va ricordato infatti il recente tentativo della nunziatura di offrire uno spazio di mediazione tra l’opposizione e il partito di governo. Dall’altro, la testimonianza di com-passione che la Chiesa sta offrendo è il segno più forte, non solo di prossimità e di auto, bensì di vera e propria appartenenza all’umanità ferita haitiana. Questa energia di comunione indica un orizzonte di salvezza anche per questo martoriato Paese: Haiti.
Da marzo 2017 Alessandro Cadorin è coordinatore dei progetti di Caritas Italiana ad Haiti, dopo un’esperienza di molti anni nel sud dei Balcani.