I fatti di Francia – in particolare la contestazione che ha investito il presidente Macron – ci pongono dinanzi a un dilemma: l’attuale assetto politico di quel Paese è stabile o transitorio?
Non sono mancati, a casa nostra, coloro che hanno innalzato la “soluzione Macron” a modello da imitare per l’area liberal-riformista e per un centrosinistra di governo. Così non è, a parer mio, così non può essere. Quello rappresenta un rimedio provvisorio al crollo della sinistra tradizionale, non un faro.
Troppo debole è, ad esempio, la sintonia fra quella leadership (e quel ceto politico) e i soggetti sociali. Quando invece lo spirito liberale si caratterizza proprio per la tendenza a valorizzare le spinte e i fermenti della società. D’accordo, l’inquilino dell’Eliseo ha sbarrato più volte la strada all’onda lunga della destra demagogica, ma, nel tempo, l’asse tra un presidente illuminato e la “maggioranza silenziosa” non può reggere.
Nelle pieghe di una realtà complessa si annidano troppe trappole, troppe contraddizioni per consentirlo. Da qui, anche, l’esigenza di una sinistra di governo articolata e organizzata, degna interlocutrice dei “corpi molecolari” della società, di quella d’oltralpe come della nostra.