Il “mondo serbo”

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Vučiċ, Porfirio, Dodik

Dal Russkij mir (mondo russo) al Srpskl Svet (mondo serbo)? La seconda formula richiama la prima e l’assume: serbo è l’insieme dei territori e delle popolazioni di ceppo serbo, ben al di là dei confini attuali della Serbia. Come nel caso russo, l’Ortodossia serba rafforza il collante dell’identità serba ed è condizione necessaria per affermare un “mondo serbo”.

Simile è anche il fatto che la classe politica interessata al termine è legata a quella delle guerre balcaniche degli anni ’80-90, come l’attuale classe politica russa è nostalgica dell’era sovietica. Le somiglianze non devono però cancellare le differenze. Anzitutto la formula “mondo serbo” nasce nel contesto politico.

L’espressione è stata usata da Alexsandar Vulin (attualmente vice-presidente del consiglio) nel settembre del 2020 e ha sostituito la parola d’ordine della “grande Serbia”, troppo esposta nelle sue richieste di mutamenti dei confini. In secondo luogo, mentre Mosca elabora il Russkij mir per legare le Chiese dei paesi viciniori, il patriarca serbo Porfirio riconosce l’autocefalia della Chiesa della Macedonia del Nord, prima parte integrante di quella serba. Inoltre, Porfirio critica l’aggressione russa all’Ucraina. Almeno all’inizio.

I tre serbi

Poi però gli orientamenti ecclesiali serbi si avvicinano molto alla Chiesa russa. Le critiche al sostegno di Cirillo all’operazione militare speciale spariscono, il consenso al governo autoritario di Aleksandar Vučiċ diventa sempre più evidente, il richiamo ai valori “non negoziabili” e al ruolo sociale della Chiesa si fa sempre più forte e la difesa della Chiesa ucraina si limita strettamente alla Chiesa non autocefala, o “filo-russa”.

L’esposizione politica diventa evidente dopo l’incontro di diverse ore fra Porfirio, Aleksandar Vučiċ (presidente serbo) e Milorad Dodik, presidente della regione serba della Bosnia-Erzegovina (che viene chiamata Repubblica serba) a metà marzo. Frutto dell’incontro è l’annuncio di un grande Sabor (assemblea) nazionale chiamato a vidimare «decisioni importanti per la sopravvivenza della nazione, il suo progresso economico, la conservazione della lingua serba e dell’alfabeto cirillico e il patrimonio culturale comune».

Lettera pasquale

Il Sabor, annunciato per la Pasqua (5-6 maggio) sembra sospeso, mentre Porfirio nella lettera pasquale affronta la questione. Ricorda, anzitutto, le persecuzioni che il popolo serbo ha conosciuto nella storia e nel secolo scorso in particolare (prima e seconda guerra mondiale).

Poi annota: «Ci consola e rassicura il fatto che apparteniamo ad una nazione che, negli anni di pace, dopo i tempi terribili della morte, ha seguito il Vangelo di Cristo risorto sul quale era fondata, ha perdonato i suoi debitori e, assieme alle altre nazioni, ha voluto e cercato di costruire un futuro migliore e comune. Ecco perché oggi alziamo con forza la voce e segnaliamo l’assoluta falsità e il tentativo di un revisionismo storico senza precedenti, in cui il popolo serbo, vittima di molteplici genocidi e pulizie etniche, viene dichiarato colpevole di genocidio.

Non minimizziamo la portata dei crimini a Srebrenica. Purtroppo, i sostenitori delle risoluzioni (all’ONU) non prestano attenzione ai crimini commessi nei villaggi serbi, dove intere famiglie furono oppresse e che si verificarono ininterrottamente dal 1992 al 1995. Secondo loro, esiste un diritto esclusivo al sacrificio e al dolore che ne è derivato. Secondo noi, tutte le vittime innocenti sono tali, siano esse musulmane, croate o serbe, opinione che viene tendenziosamente taciuta dai revisionisti moderni, nemici della verità storica. Essi, imponendo un diritto esclusivo sul dolore e sulle vittime, lasciano a tutti noi una “pietra d’inciampo” per il futuro».

Genocidio

Le affermazioni citano il massacro di Srebrenica dove, nel 1995, le truppe serbe uccisero in pochi giorni 8.000 bosniaci musulmani (bosgnacchi) e le risoluzioni presentate all’ONU che riconoscono quel delitto come “genocidio”.

Massacro emblematico delle oltre 100.000 vittime di quella guerra etnica che ha contrapposto la Serbia alla Croazia, al Kosovo (Albania) e alla Bosnia-Erzegovina. Un gruppo di una quindicina di paesi, trainati dalla Germania, ha prima proposto la risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’ONU dove è stata stoppata dalla Russia (2015) e poi all’Assemblea generale dove non vi è diritto di veto. La votazione, prevista per il 2 di maggio è slittata ad altra data.

L’ingiustificata paura di Milorad Dodik è che la risoluzione produca la soppressione della regione serba in Bosnia-Erzegovina (che nessuno persegue) e che  induca una colpevolizzazione del popolo serbo (che il testo esclude).

L’interesse di Aleksandar Vučiċ è di allargare il richiamo nazionalistico alla Chiesa per rafforzare il suo traballante consenso. Il patriarca Porfirio pretende di interpretare la coscienza collettiva del popolo facendo della Chiesa la custode dell’identità nazionale.

Gli interessi convergono nell’impedire una risoluzione che, fissando un punto di riferimento internazionale, blocchi una narrazione revisionista della storia degli ultimi decenni perseguita dall’attuale classe dirigente serba. A discapito delle sentenze del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia che, nel 2008, ha condannato le forze militari serbe per la morte di 8.000 bosgnacchi avvenuta fra l’11 e il 19 luglio 1995. Sono state condannate una cinquantina di persone fra cui Radovan Karadžiċ, capo politico dei serbi di Bosnia, e Radklo Mladiċ, capo militare delle truppe serbe.

Il Sabor a cui verrebbe affidato il compito di vidimare l’indirizzo voluto da Aleksandar Vučiċ è un istituto medioevale riesumato nel 1989 dall’allora presidente serbo, Milošević, per alimentare il sentimento nazionalistico e che permetterebbe oggi ad  Aleksandar Vučiċ di bypassare le istituzioni democratiche per una posizione che gli consentirebbe di rivolgersi sia a Bruxelles, sia a Mosca sia a Pechino, a seconda dei casi.

Il patriarca Porfirio

Più difficile la situazione per il patriarca che si è sempre distinto per il dialogo ecumenico e il riconoscimento delle etnie che compongono il paese. Non può rinunciare, come ha detto a James O’Brien, vicesegretario degli affari europei e asiatici del segretario di stato americano (20 aprile 2024), all’appartenenza alla Serbia di Kosovo e Metochia, all’opposizione alla proposta risoluzione onusiana e all’accettazione nel Consiglio d’Europa del Kosovo.

L’opposizione frontale della Chiesa ad ogni legislazione familiare aperta alle convivenze e censurante le violenze domestiche, ad ogni ricerca storica “non canonica” sui decenni scorsi, ad ogni mutamento linguistico di tipo inclusivo, a qualsiasi modifica dell’insegnamento religioso nella scuola condiziona pesantemente il patriarca nel suo impegno sociale e nel dialogo con la modernità occidentale.

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10 Commenti

  1. Fabio Bartolomucci 14 maggio 2024
  2. Mihajlo 12 maggio 2024
    • Fabio Bartolomucci 13 maggio 2024
      • anima errante 13 maggio 2024
        • Fabio Bartolomucci 13 maggio 2024
          • Anima errante 13 maggio 2024
  3. Slavko Blazenovic 12 maggio 2024
    • Ivan 12 maggio 2024
  4. Slavko Blazenovic 12 maggio 2024
  5. Anna 12 maggio 2024

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