Ergastolo. I fatti erano talmente evidenti e mostruosi che alla corte francese sono bastate poche ore per decidere: i tre altissimi funzionari siriani Ali Mamlouk, attuale consigliere personale del presidente Assad, Jamil Hassan, per anni a capo dei servizi di intelligence dell’aeronautica militare e Abdel Salam Mahmoud, suo braccio operativo, sono stati riconosciuti colpevoli di crimini contro l’umanità dal tribunale parigino che li ha processati. Grazie alla testardaggine di una famiglia franco-siriana che ha denunciato l’assassinio di due dei loro, Mazzen Dabbagh e suo figlio Patrick.
Come decine di migliaia di siriani, furono arrestati senza alcun motivo, detenuti senza alcuna notifica, né processo, torturati e uccisi. La notifica del decesso arrivò anni dopo in modo che non fosse più possibile chiedere di avere le loro salme. La residenza dei Dabbagh è stata requisita dal regime. Nella Siria degli Assad, soprattutto negli anni della feroce repressione di ogni dissenso, questa era l’ordinarietà dei fatti.
I tre imputati non si sono presentati. Il processo si è svolto in contumacia e per questo la sentenza non è più appellabile, passa in giudicato.
Si può dire, in particolare, che tramite l’ergastolo inflitto ad Ali Mamlouk – il braccio destro da sempre di Bashar al Assad e tale ufficialmente ancora oggi – il tribunale parigino ha preso atto dell’identità criminale del regime siriano e lo ha condannato.
Per anni la teoria degli opposti estremismi ha coperto e giustificato, ai nostri occhi, i crimini epocali perpetrati in Siria. Questa teoria ha affermato che, se da una parte c’è il terrorismo islamista, dall’altra parte ci sono regimi – in questo caso quello siriano – che gli si sono opposti, quale sorta di male minore.
La sentenza di Parigi scoperchia il vaso nauseante della realtà: i due mali hanno operato in maniera del tutto analoga, prendendo di mira la popolazione civile, seviziata e calpestata da tutte le parti. Quella teoria ha consentito al regime di soffocare nel sangue ogni protesta popolare.
L’auspicio espresso dai Dabbagh e dai loro legali dopo la sentenza è che questa blocchi i tentativi in atto di ristabilire – specie in Europa – relazioni diplomatiche con le autorità ancora al potere al Damasco.