L’Italia sta andando al delicato voto europeo sotto l’ombra di una pervasiva e sfuggente influenza russa che ambisce a condizionarne il risultato. L’operazione pare tesa ad affermare una narrazione alternativa: sì Mosca non ha preso il controllo dell’Ucraina, che la NATO ha due nuovi membri ma in compenso si è molto rafforzata in un Paese chiave per l’Occidente come l’Italia.
Il presidente Vladimir Putin a poche ore dall’apertura delle urne ha infatti dichiarato che l’Italia diversamente da altri Paesi dell’Unione europea (UE) ha un atteggiamento positivo con Mosca. L’affermazione è inquietante poiché l’Italia è cruciale per la NATO ed impegnata a sostenere l’Ucraina contro l’invasione russa. Lascia intendere forti ascendenti russi nella penisola e che i rappresentanti italiani al parlamento di Bruxelles sono “condizionati”. La dichiarazione bizzarramente non è stata condannata o negata dai partiti.
In realtà oggi la guerra va al di là delle pallottole sparate nelle trincee. È scontro di informazione, ibrida, psicologica, tesa ad indebolire il nemico nella sua volontà. Quindi quello che talvolta possono sembrare semplici battute di un candidato, facile ricerca di voto in realtà si presta a un uso strumentale cosciente o incosciente da parte di forze ostili al progetto euroatlantico e all’ordine esistente. È essenziale essere indipendenti, pensare per sé, cercare di capire la realtà per orientarsi in un momento già ora difficile e che in futuro lo sarà molto di più.
La Russia è un aggressore e come tale non si è mai fermato, dal 2008 fino ad oggi. In questi 16 anni Mosca, in ordine sparso, si è allargata tutto intorno ai suoi confini, in Georgia, in Siria, nel Caucaso. Ha sostenuto Alexander Lukashenko in una specie di golpe in Bielorussia nel 2020, ha architettato un golpe in Kazakistan, all’inizio del 2022. C’è stata l’occupazione della Crimea nel 2014 e poi c’è quello che si vede in queste settimane – l’espansione della Wagner rinnovata nell’Africa subsahariana, contro francesi e americani. Cioè dal 2008 in poi progressivamente la Russia ha negato la pace raggiunta dopo la fine della Guerra Fredda. Può essere giusto o sbagliato, può essere più o meno accomodato politicamente, ma è il dato.
Di fronte a questa aggressività molti italiani fedeli a “Francia o Spagna purché se magna!”, leali “pagnottisti”, vedono l’ascesa della Russia e dicono: schieriamoci con loro, sono più forti, cosa ce ne facciamo dell’Europa che ci vessa o dell’America che c’è e non c’è?
Però questa prospettiva oscura la realtà. La Russia è molto più povera dell’Europa intera o anche solo della parte dell’est. Cioè non c’è stata la diffusione del benessere e la creazione di una classe media come invece è accaduto nell’Europa dell’est. Le ambizioni politiche della Russia sono zariste, culturalmente vecchie di un secolo. Di contro, l’America per quanto possa spiacere, essere antipatica ha una proiezione diversa, futura.
Allora il presunto “pagnottismo” italiano appare molto ideologico, falsante e quindi estremamente pericoloso in un momento in cui l’Italia sostenendo la Russia metterebbe a rischio sé stessa e il suo benessere. Cioè con l’illusione di salvarsi domani piegandosi a Putin, che si dice imperante oggi, gli italiani rischiano il futuro loro e della UE. Domani un Putin vincente non sarà in grado di mantenere i livelli di vita attuali. E poi davvero Putin “vincerà”?
È un problema esistenziale, per i partiti di destra e di sinistra. L’Italia sembra la vittima predestinata, più porosa alla propaganda russa. Indebolire l’Italia che, per la storia, il suo Pil, la popolazione, è un asse portante europeo, è l’obiettivo strategico, non l’ormai impossibile conquista dell’Ucraina. Così si indebolisce tutto il disegno euroatlantico.
Quindi sì, da una parte Svezia e Finlandia, paesi molto avanzati ma demograficamente molto meno “pesanti” dell’Italia, sono passati nella NATO. Ma Putin dice ai suoi: “Ho fatto breccia in Italia, ho spezzato il fronte unito UE e NATO”. Ottiene con la propaganda quello che ha perso con la politica e in trincea.
Se, come si diceva 80 anni fa, arrivano i russi a San Pietro, gli italiani e gli europei hanno smesso di ridere. Peggio ancora per gli Italiani se i partiti si schierano per Mosca e Mosca fra poco crolla. Sembra esserci uno storico ritardo nella coscienza del reale da parte delle classi dirigenti italiane. Gli italiani erano fascisti fin quando non hanno visto gli americani in Sicilia. Quindi c’è stato il panico, sono tutti diventati antifascisti. Erano tutti democristiani fino al 1992-93 e poi non lo erano più.
La maggioranza degli italiani, per decenni incerti per le tante procelle politiche, cerca la sopravvivenza, legittimamente. Il punto è vedere dove è sul serio, e muoversi con anticipo, senza aspettare l’ultimo minuto e rompersi ogni volta la testa. Ad esempio, i segnali della sconfitta fascista c’erano già prima dello sbarco in Sicilia (1943), quando Rommel fu vinto a El Alamein (1942) e gli americani e inglesi conquistarono subito tutta l’Africa. Era chiaro che si trattava di una situazione disperata. Quando gli americani avevano battuto i giapponesi nelle Midway (1942) era chiaro che la guerra nel Pacifico aveva invertito il corso. Quando è crollato il Muro nel 1989 l’Italia non ha cambiato subito l’idea di come organizzare il governo e ha dovuto aspettare di essere travolta dall’ondata di scandali con Mani pulite (1992).
Nell’89 invece l’Italia avrebbe subito dovuto prendere coscienza della fine di un equilibrio politico che aveva retto dopo la Seconda guerra mondiale e che tutti i partiti (non solo il PCI che cambiò nome) dovevano cambiare profilo. Se così fosse stato le evoluzioni successive sarebbero state più graduali, gestibili. Non ci sarebbe stata questa distorsione dei poteri, che poi è avvenuta, con un “eccesso” da parte della magistratura, definendola storicamente dopo 30 anni.
Quindi oggi i partiti al parlamento devono prendere coscienza della guerra informativa che sta spaccando il Paese. Infatti, gli Italiani sentono con la pancia che molte cose sono storte. La metà degli italiani non vota, delegittimando il parlamento poiché non è rappresentativo. C’è una piccola minoranza che si sente rappresentata e partecipa al processo politico. Ma la grande maggioranza, che vota obtorto collo o non vota, invece non ne può più del sistema.
Così i partiti si delegittimano da soli e quindi invitano altri poteri, altre istituzioni a rimpiazzarli, a essere sostitutivi, come fu nell’89. La politica come la fisica non sopporta il vuoto. Allora il vuoto, questa incapacità di pensare e di vedere, fu rimpiazzata dai magistrati e poi è andata come è andata. Oggi non sappiamo da cosa sarà rimpiazzata, ma si vede una cecità, ottusità peggiore di quella dell’89. Se questi partiti, questi leader per salvare sé stessi non cambiano il Paese ne soffrirà.
Questa la vera mina vagante del parlamento europeo che uscirà dalle urne la settimana prossima.
- Tratto da una conversazione per Radio Radicale con Giuseppe Rippa. Pubblicato su Formiche.net, 8 giugno 2024