Iskenderun città fantasma

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terremoto

Il 17 febbraio Iskenderun, porto all’estremo sud-ovest della Turchia al confine con la Siria, è una città fantasma: a dieci giorni dal violento terremoto che, all’alba del 6 febbraio, ha colpito il Paese assieme al nord della Siria, le strade sono aperte ma vuote, rare le macchine che passano eccettuati i mezzi di soccorso che pattugliano le macerie.

Scosse sismiche di lieve entità continuano a susseguirsi quotidianamente, soprattutto nelle ore notturne, e i pochi che sono rientrati a dormire in casa sono pronti ad uscire in ogni momento.

La maggioranza della popolazione è però fortemente traumatizzata e stenta a rientrare nelle proprie abitazioni, anche se non hanno riportato danni. Negozi e uffici sopravvissuti al sisma sono chiusi; in tutta la città è impossibile trovare un caffè.

Iskenderun è stata colpita dal terremoto a macchia di leopardo: alcuni quartieri sono rimasti intatti, mentre altri sono andati completamente distrutti.

Gli unici luoghi animati sono gli angoli in cui si continua a scavare in cerca di corpi sepolti dalle macerie.

Giorno dopo giorno, però, gli scavi aperti diminuiscono, così come la speranza di trovare persone ancora in vita, pressoché a zero.

Tutta la città è senza acqua corrente, ma già da alcuni giorni è tornata l’elettricità, essenziale per i soccorsi.

Nell’immediatezza del sisma in tutta l’area interessata è stata promulgata la legge marziale, per scoraggiare prevedibili episodi di sciacallaggio.

Animazione si riscontra anche nelle zone adibite al post-emergenza, cioè all’accoglienza dei terremotati.

Il principale parco della città è stato trasformato dalla Protezione Civile turca in un attendamento dove chi è rimasto senza casa trova alloggio, coperte, cibo, acqua, abiti e materiale sanitario.

Altri attendamenti e punti di distribuzione degli aiuti sono stati allestiti in varie parti della città; uno di essi è stato riservato ai rifugiati siriani, provenienti principalmente da Idlib, che, dopo le distruzioni della guerra nel loro Paese, hanno di nuovo perso tutto.

La chiesa cattolica dell’Annunciazione di Iskenderun è andata completamente distrutta, mentre la casa parrocchiale, sede dell’episcopato di Anatolia, è rimasta miracolosamente indenne assieme alle persone che ci vivono e lavorano.

La parrocchia si è trasformata in questi giorni in un hub di accoglienza per gli sfollati e in punto di riferimento per la distribuzione e lo smistamento degli aiuti.

La Caritas Anatolia coordina da qui l’afflusso di aiuti inviati dalla solidarietà internazionale: tra i primi ad arrivare, quelli di una nave dell’esercito spagnolo che, al momento del sisma, incrociava nel Mediterraneo, così come quelli della nave San Marco della Marina Militare italiana sbarcata mercoledì 15.

È arrivata la solidarietà del Centro Astalli di Roma, dell’associazione svizzera Il Giardino dei bambini, assieme a quella di tante associazioni e donatori privati che hanno convogliato su Caritas Anatolia il loro contributo.

Mentre la risposta internazionale permette di sovvenire ai bisogni dei sopravvissuti, si teme un’ulteriore emergenza, quella sanitaria. Una tragica conseguenza del sisma è, infatti, l’inquinamento del suolo e delle falde acquifere dovuti alla presenza di cadaveri in decomposizione rimasti sotto le macerie; per poter continuare a scavare, in aiuto alla protezione civile turca stanno arrivando squadre di soccorritori esperti da tutto il mondo: nei giorni scorsi sono arrivate all’aeroporto di Adana squadre di ricerca specializzate dalla Cina.

Il clima mite e soleggiato di questi giorni non aiuta a preservare i corpi, e il vento quasi primaverile porta con sé folate di odore di decomposizione. La situazione è anche peggiore ad Antakia, città di 350.000 abitanti, dove il centro storico densamente popolato è stato raso al suolo dal sisma.

Frattanto tutte le scuole e gli uffici pubblici sono chiusi e, ad oggi, non si hanno notizie di quando riapriranno.

I dati, non definitivi, parlano di oltre quarantunomila vittime accertate tra Turchia e Siria.

La ricostruzione si prospetta lunga e complessa, dunque è necessario che il sostegno internazionale non venga a mancare nel lungo periodo.

Per donazioni e aiuti si raccomanda di rivolgersi a Caritas Italia, più immediatamente raggiungibile di Caritas Anatolia. Gli iban su cui versare il proprio contributo sono:

Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111
Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474
Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013
UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U020 0805 2060 0001 1063 119
Causale: Terremoto Turchia-Siria 2023

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