Nel 1990 l’era del Partito Comunista Bulgaro lasciò il posto all’era del multipartitismo, portando la Bulgaria a interfacciarsi con la realtà occidentale, fino ad allora molto lontana.
La maggior parte delle persone che vivono nell’Europa dell’ex blocco occidentale e che non hanno mai vissuto la realtà dei paesi del blocco orientale, soprattutto quella che ha seguito la caduta dei regimi comunisti, non riesce a capire perché molti individui provenienti da quell’aerea rimpiangano tali governi o, per meglio dire, quel periodo storico.
La difficile transizione
La Bulgaria con la fine del regime, tra gli anni Novanta e i primi del Duemila, come molti altri stati, visse un periodo di grandi cambiamenti, caratterizzato da importanti difficoltà sociali ed economiche. Queste difficoltà iniziarono sin da subito, con la transizione democratica guidata dal Partito Socialista Bulgaro, vincitore delle prime elezioni libere della Bulgaria tenutesi nel 1990, nato dalle ceneri del Partito Comunista Bulgaro.
Il compito dei neoeletti era di traghettare il paese verso la democrazia, verso un’economia di mercato e di redigere una nuova costituzione, ma, poiché il nuovo partito era l’araba fenice del Partito Comunista, i potenti ex capi rossi come prima cosa si ritagliarono per loro stessi e i propri cari delle posizioni privilegiate, ad esempio, come dirigenti di ex compagnie pubbliche, ora diventate private, creando da subito un clima corrotto e ponendo, come basi del nuovo Stato, delle fondamenta già marce.
Un altro elemento che prese vigore e che contribuì a creare un clima di crisi generale fu il propagarsi della criminalità organizzata che andò a intrecciarsi con la politica già di per sé infetta.
La corruzione dilagante si riversò in tutte le sfere della vita pubblica, dalla politica all’economia, dalla sanità alla formazione, dall’informazione alle infrastrutture.
Questa difficile realtà può essere percepita, ancora oggi, anche da chi si reca nel paese semplicemente per turismo, perché si può notare come, ad esclusione delle zone strettamente turistiche come Boulevard Vitosha, l’area attorno alla Cattedrale di Alexandr Nevskij o quella di Borisova Gradina Park, le strutture siano abbandonate a loro stesse, con i cavi elettrici aggrovigliati in prossimità delle facciate nere e scrostate.
Entrando negli androni dei palazzi, sembra di essere catapultati in un reportage dei primi anni Duemila, ambientato in un qualsiasi paese dell’Est, con interni bui e fatiscenti e con arredi risalenti agli anni Ottanta, come se nulla fosse cambiato in questi ultimi vent’anni, come se non fosse stato attuato nessun intervento.
Ciò che è immediatamente evidente, sempre ad esclusione delle aree più turistiche che, essendo come i fiori per le api, vengono mantenute pulite e ordinate, è la grande quantità di persone che vivono in condizioni sociali difficili: senzatetto, mendicanti e persone soggette a diverse dipendenze, quali l’alcol, le droghe e il gioco d’azzardo.
Se le prime due dipendenze sono spesso accostate a quest’area del mondo, poiché sono diffuse idee del tipo: “Sono tutti dei gran bevitori!”, cosa assolutamente non vera, al gioco d’azzardo si pensa meno, ma nella sola zona racchiusa tra la stazione centrale di Sofia e il Mercato delle Donne, si possono contare una decina di casinò, sempre aperti e pronti ad accogliere nuovi clienti.
Una popolazione scontenta
Un sondaggio del Pew Research Center, un centro studi statunitense, ha rivelato come una parte importante dei cittadini bulgari esprima preoccupazione sul funzionamento del sistema politico del proprio paese e sui problemi riguardanti le disuguaglianze e le problematiche sociali.
Il sondaggio prende in considerazione diversi argomenti, dal multipartitismo all’economia del mercato libero, dai valori democratici importati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti alle condizioni generali di vita della popolazione.
Riguardo ai punti “democrazia” e “economia di mercato”, più di un terzo dei cittadini si è espresso in maniera negativa e ancora peggiore è stato il risultato al quesito riguardante i cambiamenti economici avvenuti nel periodo post-comunista, dal momento che la maggior parte della popolazione ha affermato che la situazione è molto peggiorata.
Tutte queste problematiche, come evidenziato dalle statistiche, hanno portato a un crescendo costante del sentimento nostalgico nei confronti del passato comunista, percepito come meno corrotto e più interessato al benessere dei cittadini, in cui povertà e dipendenze “non esistevano”.
Tale sentimento è presente soprattutto nella fascia di popolazione più matura, a dispetto di quella più giovane che, non avendo mai vissuto il periodo comunista ed essendo cresciuta in un mondo interconnesso, cerca di guardare al futuro con uno sguardo più positivo e rivolto a occidente, anche se molti giovani, soprattutto delle periferie, condividono il pensiero dei più grandi e per questo decidono di lasciare il proprio paese, trasferirsi all’estero e costruirsi una vita altrove.
Si guarda a Est
Interagendo con le persone del luogo si comprende che il mancato supporto economico dopo l’entrata della Bulgaria nell’Unione Europea e il fatto che la situazione politica, economica e sociale sia in continuo declino, abbiano portato un grande numero di individui a volgere lo sguardo ad altri paesi, competitors dell’UE e degli Stati Uniti, quali Russia e Cina.
La volontà di avvicinarsi a questi due paesi è dovuta, nel caso della Russia, al fatto che essa viene percepita come l’unico paese in Europa che, dopo il crollo del comunismo, è riuscito a riemergere dalle proprie ceneri e a riconquistare il proprio status di potenza, nonostante il difficilissimo periodo degli anni Novanta.
Nel caso della Cina, invece, l’ammirazione è dovuta al fatto che questa sia riuscita, secondo la percezione comune, ad applicare il regime comunista con successo, arrivando a essere una delle massime potenze mondiali, con una crescita pressoché costante.
Il sostegno alla Russia, spesso anche nel contesto bellico, si sente maggiormente uscendo dalla capitale. Come abbiamo detto in precedenza, chi guarda con nostalgia al passato comunista e chi dà maggiore supporto alla Russia è prevalentemente, ma non solo, la fascia di cittadini che ha vissuto almeno la sua infanzia prima della caduta del Regime e un numero maggiore di simpatizzanti si trova tra le persone dei piccoli centri e dei villaggi. Se ci si reca in quei luoghi, si può vedere che in molte case sventolano, fuori dalle finestre e dalle porte, bandiere russe e simboli riconducibili al paese, come anche la faccia del presidente Vladimir Putin.
La condizione bulgara non rappresenta un caso isolato nel contesto europeo e questo, per le istituzioni europee interessate a mantenere la propria egemonia, dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme, non solo per lo spostamento degli interessi nazionali a Est, ma anche perché le condizioni di vita delle persone non giovano all’immagine che l’Unione vuole trasmettere di sé a livello internazionale.