La Grecia disastrata

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Sono coinvolto nel tema affrontato dall’articolo di Ioannis Maragòs, pubblicato su SettimanaNews, “Grecia: tra disastri naturali e nuove carte di identità” – materialmente ed emotivamente. Ho parte della famiglia acquisita proprio nei luoghi colpiti dalle catastrofi, particolarmente dalle alluvioni.

Molte le cose da dire, altrettante da rilevare, alcune da domandare. Da dire: seppure il tema delle carte di identità sia presente, certamente non è percepito come prioritario all’interno del dibattito pubblico. Quando lo diviene è perché è utile lo divenga, distogliendo l’attenzione dai problemi reali del paese, nella migliore delle consuetudini manipolatorie dell’informazione.

Le proteste di piazza Syntagma, come altrove, affondano in gangrene ben più profonde. La Grecia è una nazione affaticata, laddove non pregiudicata, nell’economia, nelle infrastrutture, nella psiche delle persone, alle quali comincia a venir meno una cosa fondamentale: la speranza.

La tiene insieme una matrice di solidarietà familiare e di prossimità, caratteristica di società meno sviluppate – in riferimento a quanto intendiamo con il termine sviluppo in occidente. Aggiungerei anche un’affezione alla terra, alla cultura, quest’ultima tanto profonda, quanto sempre più lontana (si studia meno, si emigra, si cerca di sopravvivere; in questo i fasti di un tempo non aiutano).

Disastro economico, conseguentemente occupazionale, disastro istituzionale, disastro infrastrutturale, disastro climatico come ultima ciliegina di una torta che sta andando a male. Una crisi continua senza soluzione di sosta e senza apparenti opportunità di ripresa.

Da rilevare: una totale invisibilità della crisi greca, generalmente parlando, particolarmente in queste ultime settimane, sui media italiani ed europei. Della tragedia vissuta in Tessaglia, enorme, alcuni giornali del paese non hanno fatto neppure menzione. L’invisibilità informativa è più tristemente seguita da quella politica: non esiste alcun serio meccanismo di solidarietà europea.

È la riconferma del fallimento completo di un progetto politico ed è la prova provata del fatto che gli europei non costituiscono un popolo, né sotto il profilo formale, né sotto quello sostanziale.

Da domandare: cosa deve pensare un greco dell’Unione Europea? Che rilevanza ha nel dibattito dei problemi reali la querelle sulle carte di identità? Parlo sia per osservatori interni, che esterni. Chi conosce bene la Grecia sa perfettamente che essa difetta anche dell’infrastruttura tecnologica per una gestione coerente di questi strumenti.

Tutto fumo e poco arrosto, mi pare. Poi possiamo parlare di quanto l’ortodossia sia a tratti rigida ed utilizzata dalla politica, da Niki, da altri che verranno, ma d’altro canto sappiamo che è proprio nel disagio, nella fatica e nella povertà che qualsiasi forma di estremizzazione prova a farsi largo.

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