La sottile discussione teologica sulla guerra giusta secondo Teheran si svolge tutta su un crinale angoscioso: salvare la faccia senza rompersi l’osso del collo. Si spiega così il disinteressato e sincero consiglio di tutti i giornali del fronte riformista ai nervosi fedelissimi dell’ayatollah Khamenei: “state attenti alla buccia di banana che vi ha tirato tra i piedi Netanyahu: non scivolate sulla salma di Hanyeh. Il suo fine è farvi fare una rovinosa caduta. Calibrate la reazione, come è stato ad aprile”.
Il cartello dei falchi non sa contrastare questa lettura se non con l’urgenza di lavare l’onta subita, a tutti i costi.
A dare un interessato sostegno ai riformisti è giunto in visita ufficiale il russo Shoigu. Il suo consiglio, pur assicurando ogni sostegno bellico possibile, a partire dai radar, indispensabili davanti a un’armata come quella israeliana, è quello di non cedere all’istinto, di sapere aspettare e non colpire bersagli civili. Il rischio sarebbe una rovinosa rappresaglia, che i radar russi difficilmente potrebbero, con poche ore di dispiegamento, aiutare a contenere.
Mosca ovviamente ha anche altri interessi, a partire dalle base militare in Siria che non vorrebbe compromettere per uno scatto di nervi iraniano. E poi c’è il petrolio, il prezzo da convenire con gli astuti sauditi: attesa, pazienza, è il consiglio di Mosca. E soprattutto non colpire obiettivi civili.
Gli ayatollah, che nel tempo di Khamanei hanno sempre saputo evitare di portarsi la guerra dentro casa, riflettono. L’esigenza di salvare la faccia, soprattutto davanti ai nervosi clienti dell’asse della resistenza, non spingersi fino al punto di non preservare dalla guerra i territori patri. Ci rimetterà il solito Libano, unica avanguardia utilizzabile? Anche Nasrallah però deve usare prudenza, essendo direttamente associato a Teheran.
La linea che Teheran tenta di elaborare si riassume nella parola “calibrare”, soprattutto aspettando il vertice islamico di mercoledì, con l’obiettivo di trasferire sui sauditi un po’ di problemi di immagine. Loro non hanno nulla da dire?
Il dilemma iraniano è tutto qui: come calibrare una risposta che salvi la faccia, e la deterrenza, senza produrre l’indesiderato effetto di una guerra regionale che metterebbe a rischio ciò a cui Teheran tiene di più: i suoi pozzi petroliferi e il suo programma nucleare, ormai a un passo dall’obiettivo perseguito da anni.
Così alcuni a Teheran si spingono a dire che Israele vorrebbe la reazione istintiva, per regolare conti tenuti in sospeso da troppo tempo. Teheran saprà “ricalibrare”? Col passare del tempo i moderati conquistano posizioni perché la fretta è cattiva consigliera, e alla fine dei conti non salva la faccia.