Dopo che col 14° pacchetto di sanzioni dei Paesi europei 4 media russi – considerati espressione del Cremlino – sono stati esclusi dalla divulgazione in Europa, la Russia ha deciso di negare ai propri cittadini la facoltà di accesso a 81 media europei, tra cui 4 aziende di informazione italiane: RAI, La7, La Repubblica e La Stampa. Abbiamo chiesto ad Anna Zafesova, giornalista de La Stampa, più volte nostra interlocutrice su queste pagine, di chiarire il senso, la portata e i riflessi di tali misure e contromisure.
- Gentile Anna, vuole chiarire ai nostri lettori che cosa prevede l’ultimo pacchetto di sanzioni della Unione Europea in fatto di divulgazione dei media russi nei Paesi europei?
Leggo dal sito del Consiglio d’Europa: «È sospesa l’attività di trasmissione e la licenza di media sostenuti dal Cremlino». Segue una lista a cui, alle testate già comprese dalle precedenti sanzioni, intervenute a seguito della invasione dell’Ucraina – tra cui Russia Today (RT) e Sputnik – vengono aggiunte Izvestia e Rossuskaya Gazeta, l’agenzia Ria Novosti e il sito Voice of Europe. Per queste agenzie c’è il divieto ad operare in Europa.
- Concretamente, cosa vuol dire?
Non vuol dire che, a queste testate, secondo la Carta dei diritti fondamentali europei, sia impedito di lavorare, col proprio personale, nell’Unione Europea, facendo, ad esempio, interviste e scrivendo articoli, ma che il prodotto informativo non può essere trasmesso o diffuso in Europa.
- Lei fa uso di queste agenzie?
Nei media russi non vado normalmente a cercare notizie, semmai a comprendere l’intensità della propaganda. Russuskaya Gazeta è una sorta di gazzetta ufficiale del governo russo: perciò mi poteva essere utile per cercare qualche documento. Sostanzialmente non ne faccio uso. Se mi verranno a mancare queste fonti, non mi mancherà molto.
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- A parte gli addetti ai lavori, quanto i media russi sono consultati nei Paesi europei?
Molto poco, sia per ragioni linguistiche – anche se Ria Novosti, per sua tradizione ‘sovietica’, pubblica pagine anche in inglese, in tedesco e pure in arabo – sia per la ragione di cui ho detto, ossia per la scarsa o nulla credibilità.
- Quindi, le infiltrazioni dei media russi in Europa come funzionano?
I principali media russi usati per infiltrarsi nello spazio europeo erano RT e Sputnik. Erano rivolti al pubblico non-russo, tanto da tramettere in inglese. Questi media sono stati sanzionati già coi primi pacchetti di misure europee successivi al 24 febbraio 2022. Ma ci sono, evidentemente, tanti altri modi per infiltrare notizie false.
- Fa riferimento ai social?
Sì, certo. Si può provare di persona: ad esempio, utilizzando Twitter su account propagandistici russi, ci si può imbattere, più o meno, in questo avviso: «questo account è legato alla propaganda russa; puoi proseguire o no». Ma non sempre compare. Ed è comunque solo un invito.
- Si può dire, dunque, quale sia l’efficacia delle sanzioni ai media russi e non solo?
Il meccanismo delle sanzioni è assai ampio, articolato, variato nel tempo sulla scorta dei risultati e delle contromisure prese dalla Russia. Alcune sanzioni sono state mitigate, o persino tolte, dall’Europa, ad esempio, quelle su alcuni farmaci, per evidenti ragioni umanitarie. Chiaramente sono le sanzioni economiche quelle che più pesano sulla Russia.
Le sanzioni di tipo mediatico non trovano particolare evidenza neppure nei documenti della UE. Fanno parte di un insieme che, fortemente, segnala la disapprovazione della politica bellica del governo russo. Ma non penso si possa misurare una loro precisa efficacia.
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- Le risulta che la sanzione europea sui media russi sia già attiva?
Al momento, gli ultimi siti segnalati risultano ancora accessibili dall’Italia. Probabilmente ci sono tempi tecnici di applicazione della sanzione. Per le trasmissioni satellitari la misura è stata immediata e facilmente applicabile. Per ciò che passa attraverso la rete internet, penso che l’operazione di oscuramento sia molto più complessa da realizzare.
- Passiamo alla contromisura russa. Vuole spiegarla?
Semplicemente: al già lungo elenco pubblicato dal suo ufficio di vigilanza, la Russia aggiunge 80 media europei. Il Paese con più testate escluse risulta la Francia. Ma un po’ tutte le principali testate, in tutti i Paesi europei, risultano prese di mira, tra cui le 4 italiane. Queste testate, dunque, non dovrebbero essere più visibili in Russia.
- Si può quindi parlare di una misura speculare, uguale e contraria a quella europea?
Non posso non far notare l’asimmetria di approccio tra UE e Russia: mentre nei Paesi europei si cerca di impedire la diffusione della propaganda russa, la Russia vuol rendere impossibile l’accesso alla libera informazione europea, che, tra l’altro, si pone in toni variegati rispetto alla Russia.
- È la prima volta che l’elenco comprende siti di media italiani?
A mia conoscenza, è la prima volta. Mentre, già da tempo, erano state prese dai russi misure contro media occidentali, specie anglosassoni, quali CNN e News York Time.
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- Viene da sé la domanda: perché proprio questi e non altri?
Non mi appare una precisa logica. La7 e RAI hanno lasciato, ad esempio, molto spazio, specie immediatamente dopo il 24 febbraio, a giornalisti ed analisti “indulgenti” con la Russia di Putin. Sicuramente, più coerente è stata la linea dei giornali del gruppo GEDI. Ma manca nell’elenco russo, con mia personale sorpresa, il Corriere della Sera. Mentre, tra i giornali europei, entrano France Press, Le Monde, Liberation, El Pais, Spiegel e altri. È questo che mi fa dire che si tratti di una “sventagliata” contro i media europei, non profondamente meditata, dimostrativa e propagandistica.
- Anche in questo caso, non sarà così semplice oscurare, dalla rete, i media europei in Russia.
Digitando, dalla Russia, gli indirizzi dei siti compresi dall’elenco di cui dicevo prima, le pagine effettivamente non si aprono. Non so se, già in questo momento, la contromisura sia già attiva in Russia. L’elenco che vedo in questo momento non risulta aggiornato. Naturalmente parliamo di migliaia di siti, soprattutto siti russi ‘proibiti’ ai russi.
I russi che vogliono accedere a siti all’estero e continuare ad usare i social, ormai da tempo, si sono dotati di dispositivi (vpn) che consentono di aggirare i divieti.
- Quanto i russi vogliono informarsi in Europa?
Per quanto riguarda gli accessi ai siti italiani – e per quanto non si possano dare numeri – direi pochi. E me ne dispiaccio. Pesa la barriera linguistica, anche se funzionano i traduttori automatici. Più visitati sono, sicuramente, i siti in inglese e in tedesco. Ma anche questi, direi, in misura piuttosto contenuta. E anche questo mi dispiace.
I russi che vogliono informarsi all’estero usano soprattutto Twitter e i canali Telegram. Ci sono canali Telegram in russo che pubblicano servizi dei media occidentali sulla Russia: critici e molto critici. E ciò preserva quel margine di libertà di informazione che è ancora possibile in Russia.
- Ma l’uso dei social occidentali non era stato interdetto, sin da subito, in Russia?
Sì, da due anni, ufficialmente, Twitter, Facebook, Ora X, Istagram e Tik Tok, non si possono usare in Russia, ma tanti li usano, aggirando tecnicamente – e piuttosto facilmente – l’impedimento.
Peraltro, non ne è di, per sé, criminalizzato e perseguito l’uso dei social. Lo stesso Peskov, il portavoce di Putin, non fa mistero di farne uso per lanciare i suoi messaggi putiniani. Sono piuttosto criminalizzati e perseguiti gli autori dei contenuti sgraditi messi in circolazione: ricordo che ci sono persone arrestate, processate e condannate a 2 anni di pena per aver postato immagini e commenti sui crimini commessi dai soldati russi in Ucraina.
Ma l’impiego dei social è senz’altro scoraggiato: gran parte della gente ne resta esclusa, sia per imperizia tecnica, sia, naturalmente, per paura.
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- Il suo direttore, Andrea Malagutti, ha scritto – citando lei e altri giornalisti de La Stampa – di essere orgoglioso, oltre che preoccupato per i muri mediatici che si stanno erigendo. Lei come la prende?
Ringrazio il direttore. Non penso di avere un particolare merito, se non quello di condividere con i miei colleghi un lavoro che cerca di essere semplicemente libero e onesto con i lettori.
Chiaramente ho e abbiamo la consapevolezza di lavorare quasi esclusivamente per il pubblico italiano. Certo mi farebbe piacere essere letta almeno da una parte del pubblico russo.
Ci sono, però, tanti bravi colleghi russi – in esilio e, incredibilmente, anche in Russia – che stanno facendo un lavoro di libera informazione davvero straordinario, per le condizioni in cui operano. Il loro lavoro è coraggioso e molto più prezioso per la realtà russa di quanto possa essere il mio e il nostro.
Come la prendo? Non da ora – sappiamo benissimo – qual è la considerazione che c’è di noi presso il Cremlino. Ricordo persino attacchi ad personam, contro giornalisti italiani, da parte di politici e osservatori della Federazione. Quindi la cosa non mi stupisce: naturalmente mi amareggia, ma, come ben espresso dal direttore, è per me motivo di apprezzamento professionale, anche se per una via negativa.
- Riguardo al «muro» crescente di incomunicabilità tra Europa e Russia, cosa pensa?
Purtroppo, dopo la caduta del muro di separazione dalla Unione Sovietica – dopo la perestroika e le proiezioni positive di allora, anche in fatto di informazione – da anni ormai un muro sta ricrescendo.
Abbiamo pensato che le nuove tecnologie – e non più i passaggi fisici molto pericolosi – potessero mantenere l’azzeramento dei muri. Purtroppo, vediamo che non è andata così. La Russia in genere – con la sua gente – permane scettica e diffidente circa il concetto di stampa libera e indipendente di cui sono portatori i Paesi occidentali ed europei.
Per me, è ben chiaro che, in questo momento, è la Russia che si sta chiudendo, percependo l’Occidente e l’Europa come una minaccia: è successo ripetutamente nella storia e ciò non ha mai portato a nulla di buono. Io penso che verrà un giorno in cui la Russia si riaprirà alla cultura europea – vorrà tornare a condividerla e a farne attivamente parte – ma quel giorno, per ora, non si vede affatto all’orizzonte.
Francamente articoli come questo mi lasciano perplesso, non tanto nella loro dinamica, ma nella riconferma che ancora si voglia somministrare la pillola del tutto o niente, ovvero che dall’una parte vi sia propaganda pura e dall’altra la rettitudine deontologica. Nel contesto italiano, che come sappiamo non brilla per libertà di stampa, ma più generalmente nel contesto europeo, i veri giornalisti sono pochissimi; abbiamo invece una pletora di opinionisti pretoriani dell’uno o dell’altro padrone. Il giornalismo dovrebbe raccontare i fatti in modo oggettivo; l’opinione se la deve creare chi legge od ascolta. Zafesova mi pare una tra i tanti che hanno opinioni ed idee, ma che a stringere non portano evidenze fattuali se non quelle per perorare una teoria. Diciamo che il valore dei tanti parolari che circondano è informativamente pari a zero, mentre socialmente purtroppo rilevante perché orienta l’opinione generale. Sulla vicenda Russo-Ucraina e Israelo-Palestinese vi sarebbero evidenti parallelismi da discutere ed approfondire, ma pare non si possa fare. Una faziosità più evidente di così, avulsa dalla deontologia, non soprei come immaginarla.
Scrive tal Anna Zafesova: “La Russia in genere – con la sua gente – permane scettica e diffidente circa il concetto di stampa libera e indipendente di cui sono portatori i Paesi occidentali ed europei”. In realtà nelle comunicazioni dei Paesi Occidentali prevale disinformazione, parzialità, faziosità… ed anche inganni: per esempio tanti titoli ad effetto sono falsificazioni e le autorità non provvedono. Grazie alla rete internet non si è ancora riusciti ad impedire una diffusione di notizie assai maggiore di quanto la censura russofobica avrebbe voluto. Ma a quanto pare gli sforzi per impedire i messaggi non omologati continuano. Nei Paesi Occidentali accanto a vero Stato ce n’è anche tanto falso, molti raccontano la natura arbitrariamente, scambiando le vere conoscenze per opinioni e subbisandole di vaneggiamenti… quindi le restrizioni russe tendono a una legittima difesa. Piuttosto da noi ci vorrebbero dei ripensamenti da parte di tanti nei posti chiave e di tanta gente comune. Sentire liberamente cosa si dice in Russia sarebbe liberatorio per una società che a differenza di quella russa ha in una grande sua parte smarrito il senno.
Mauro Pastore
Tenendo conto che le autorità religiose russe hanno approvato un ukhaze che dice l’occidente è dominato dal Satanismo, che quella conto contro l’Ucraina è una guerra santa, che il destino dell’Ucraina è stare nella sfera di Mosca a prescindere dalla volontà popolare e via discorrendo, forse non siamo solo noi ad aver perso il sennò.
Poi la società russa è in crisi quanto quella occidentale: poco più di 2 milioni di russi frequentano la Liturgia, le nascite crollano, il razzismo prolifera, il conflitto sociale cova sotto le ceneri