Nel Risiko della Libia, pesano gli attori esterni che si posizionano per spartirsi la torta di petrolio e gas. Il resto sono chiacchiere e una sterile rassegna di buone intenzioni. Sulla pelle dei libici.
Lo si è visto ai negoziati di Berlino il 19 gennaio. Uniti in Siria e divisi i Libia, i colossi militari Russia e Turchia si giocano il dominio sul Mediterraneo, con le comparse di Usa, Germania, Italia, Francia, Emirati Arabi Uniti, Egitto che oscillano appesi ai nodi del puro interesse economico e della paura dei migranti. Mentre i due leader libici in lotta, Khalifa Haftar e Fayez al-Sarraj, non firmano l’accordo e l’Unione africana torna utile solo per la foto di gruppo, considerato che non ha preso posizione in difesa del popolo libico stremato e dei profughi subsahariani nei lager. Eppure il documento finale dice, sulla carta, basta alle ingerenze esterne e proclama l’embargo sulle armi…
Ancora una volta le decisioni sulle sorti di un paese africano vengono dettate dall’esterno. Del resto è inquietante soltanto il pensiero che la capitale tedesca sia ancora il teatro della spartizione. Come nel non così lontano 1884 quando le potenze europee tracciarono a tavolino confini e domini coloniali del continente da depredare.
E allora quale speranza oggi per la Libia divisa al suo interno e stretta nella tenaglia di interessi esterni? Chi fa causa comune con le vittime di una partita a scacchi giocata per procura? Chi sente il grido della sofferenza di fratelli e sorelle dall’altra sponda del Mediterraneo?
Tra le notizia che rimbalzano e cambiano all’improvviso nel pantano libico, un’unica Buona Notizia. Con il “Siate sale della terra e luce del mondo” (Mt 5,13) Gesù di Nazaret e delle periferie del mondo incoraggia tutti i tentativi di essere speranza dentro la storia. Di indicare una via d’uscita dal caos. Come avviene a Bari (19-23 febbraio) su iniziativa della CEI: si riuniscono i vescovi del Mediterraneo per camminare insieme, essere progetto della felicità di Dio nell’oggi (Beatitudini) e aprire una breccia nel muro che separa chi ha da chi non ha. 2.153 ricchi hanno un patrimonio superiore a quello di 4,6 miliardi di persone, secondo il rapporto Oxfam 2020.
Un vero e proprio Sinodo del “grande lago di Tiberiade” come lo chiamava Giorgio La Pira, ideatore dei “colloqui mediterranei” per far incrociare pensiero e spirito in vista della pace autentica per un area da sempre teatro di incursioni e violenze. Il titolo dell’incontro lo evidenzia bene: “Mediterraneo, frontiera di pace”. Sul tavolo, non spartizioni ma il sogno concorde della testimonianza radicale del Vangelo che si traduce in accoglienza, dialogo, sviluppo sostenibile. Unica novità di rilievo sulle sponde del Mare Nostrum. Unica possibilità oggi di darci un presente nel segno della convivialità tra i popoli e della fratellanza universale.
Riprendiamo l’editoriale del numero di febbraio 2020 della rivista Nigrizia in vista del convegno di Bari, organizzato dalla CEI, “Mediterraneo, frontiera di pace” (19-23 febbraio).