L’espressione “verità e giustizia” ha assunto dallo scorso 22 febbraio un significato preminente per lo Stato italiano dopo il massacro nella Repubblica Democratica del Congo dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo.
C’è il forte rischio di imboccare un tortuoso, lungo e buio tunnel investigativo capace di intersecarsi con ragioni di stato e imperscrutabili strategie diplomatiche. Un caravanserraglio senza uscita e soprattutto senza responsabili.
Speculazione politica
L’Italia ancora attende risposte sugli omicidi di Giulio Regeni in Egitto e di Mario Paciolla in Colombia. Inchieste bloccate nella palude di complicità e silenzi, impossibilità nello squarciare il velo di omertà, reticenze e convenienze.
Non farebbe onore alla memoria di Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci vedere le loro vedove costrette ad affiancarsi alle stesse battaglie (sempre più di testimonianza) dei genitori dello studioso friulano e del collaboratore napoletano delle Nazioni unite.
Sui cadaveri ancora caldi delle 3 vittime si è subito scatenata la speculazione politica. In una nazione dove ancora non sono noti i dati definitivi delle ultime e contestate elezioni del dicembre 2018, il ministro dell’ Interno non ha avuto dubbi nell’indicare come autori dell’attacco i ribelli hutu del Fronte patriottico di liberazione del Ruanda (FPLR), il gruppo armato più numeroso che opera nell’area di Goma. Lo ha fatto con un tweet, cancellato poco dopo.
Tanta sicurezza e tempestività da parte del ministro erano finalizzate a sviare i sospetti dai militari governativi ruandesi che operano nel nord Kivu con il pieno assenso dell’esecutivo di Kinshasa.
Infatti l’esercito di Kigali vigila e gestisce i flussi dei traffici illegali dei preziosi minerali congolesi, contesi dalle nazioni confinanti e dalle grandi società statunitensi, canadesi e inglesi.
Le guerre (che nel passato hanno causato 5 milioni di morti) sono state sostituite da un conflitto a bassa intensità che macina migliaia di vittime ed è all’origine di povertà e schiavitù per le popolazioni locali.
Una ipotesi diversa
Ma i missionari comboniani (attraverso il sito www.nigrizia.it) il 3 marzo hanno avanzato una ipotesi lontana da quella che si sforza di accreditare l’autorità della Repubblica Democratica del Congo.
«L’ambasciatore italiano – scrive Filippo Ivardi Ganapini, direttore di Nigrizia – è stato assassinato nell’Operazione Milano, preparata nella guarnigione di Butotori dal colonnello Jean Claude Rusimbi, uno dei responsabili dell’intelligence ruandese nella regione del nord Kivu, ed ex militare nella rivolta guidata da Laurent Nkunda, (signore della guerra indagato per crimini contro l’umanità)».
Rusimbi (secondo la ricostruzione) avrebbe organizzato l’agguato perchè l’ambasciatore aveva informazioni su due massacri di massa (di cui il colonnello è uno dei sospetti responsabili) perpetrati nella RDC nel marzo 1993 e nel giugno 2003.
Luca Attanasio sarebbe stato dunque intenzionato a visitare le fosse comuni di Rutshuru e Masisi per rendere pubbliche le sue informazioni. Così Rusimbi venuto a conoscenza della sua visita (pubblicizzata anche da numerosi incontri a Goma) avrebbe inviato sul posto un suo luogotenente al comando di 4 militari.
«Eseguito l’omicidio – conclude Filippo Ivardi Ganapini – gli assassini avrebbero fatto ritorno a Rubavu in Ruanda attraversando Kanyarucinya per fare rapporto a chi di dovere. Soprattutto alla testa dell’operazione: Paul Kagame, da oltre 25 anni presidente del Ruanda, e deus ex machina che controlla la regione dei Grandi Laghi per conto terzi».
Pretendiamo «verità e giustizia»
Accuse pesanti come macigni, suffragate da una imponente mole di informazioni di prima mano e da una ricostruzione rigorosa dei fatti. La fonte è l’autorevole Nigrizia, sito e mensile dei missionari comboniani con 139 anni di storia editoriale alle spalle, e un presente fatto di impegno sociale che affianca quello religioso.
Mandanti e killer sono indicati con nome e cognome, il movente è analizzato al microscopio. Un capo di stato (stimato anche da potenze occidentali) è tirato in ballo in un affaire che sembra avere pochi punti oscuri, secondo la versione dei comboniani. Inquirenti ed investigatori stanno facendo il possibile per individuare chi ha sparato su due servitori della repubblica italiana e su un autista (laureato) che sognava di cambiare il mondo.
Come cittadini pretendiamo «verità e giustizia».
- Enzo Nucci è corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana. Ripreso dal sito della rivista Confronti.