«Il destino della Repubblica di Moldavia è già stato deciso dalle grandi potenze. In un tempo relativamente breve si riunirà sicuramente alla Romania e, naturalmente, tutto ciò che rappresenta la Chiesa ortodossa di Moldavia (filo-russa) farà parte della Chiesa ortodossa romena».
È un passaggio – un po’ enfatico – della lettera del metropolita Vladimir, primate della Chiesa ortodossa moldava (legata a Mosca), al patriarca Cirillo. La guerra russo-ucraina ha spinto Kiev ad appoggiarsi alla Romania (soprattutto dopo le recenti tensioni con la Polonia) e Chişinȁu (capitale della Moldavia) a rivolgersi a Bucarest. La lettera del metropolita Vladimir porta la data del 5 settembre ed è stata resa pubblica dal giornale Ziarul de Gardä.
È un disperato appello a Cirillo: «In parole povere, siamo in una posizione di bancarotta istituzionale». E questo a causa «della promozione degli interessi filo-russi nella Repubblica di Moldavia e della nostra affiliazione al patriarcato di Mosca» percepito come avamposto della politica aggressiva di Putin. Una posizione «direttamente collegata agli interessi russi».
Per la prima volta i sondaggi d’opinione penalizzano la Chiesa filo-russa. Non solo. Sempre più le comunità dei fedeli si rifiutano di tollerare il nome di Cirillo nei dittici della liturgia. «Purtroppo Mosca non ha ancora capito che la gente della Moldavia ha radici latine ed è del tutto naturale che si sforzino di ottenere vicinanza e farsi riconoscere in questo spazio di civiltà, dopo secoli di artificiosa divisione, senza per questo tradire in alcun modo l’ortodossia».
Il altri termini, è sempre meno tollerato «il desiderio persistente del patriarcato di Mosca di assorbire la metropoli moldava nel cosiddetto Russkij Mir, il mondo russo, che è estraneo alle nostre aspirazioni nazionali e ai loro valori» (cf. SettimanaNews, qui)
Chiesa filo-russa in bancarotta
Mentre Romania e Moldavia convergono nel sostegno al metropolita Pietro, vescovo di Bessarabia (un’area geografica che accomuna parte della Moldavia, della Romania e dell’Ucraina) la Chiesa filo-russa è abbandonata al suo destino. Nonostante le insistenti richieste, Mosca non ha aiutato a pagare le bollette del gas, ma soprattutto ha rifiutato di vidimare la scelta di un nuovo vescovo (Filarete), mentre ha nominato senza consultazione locale i vescovi della Transnistria (una parte della Moldavia di fatto occupata e amministrata dai russi).
In particolare non aiuta nella questione del clero che per l’80% è di cittadinanza rumena ed è sollecitato a passare all’obbedienza del patriarcato rumeno sia per l’origine, sia per la spinta delle comunità, sia per la sicurezza economica (uno stipendio mensile di 8-900 euro). Uno dei tranfughi ha detto ha Balkan Insight: «Alcuni fedeli non venivano a messa perché servivo la “chiesa di Cirillo”. Ho cercato di spiegare loro che non servivo Cirillo ma Gesù Cristo. La gente mi ha risposto che fino a quando celebravo sotto il metropolita Vladimir, legato a Cirillo, non sarebbero più venuti in chiesa».
Tornando alla lettera il problema non è solo interno, ma anche nei rapporti con il patriarcato. «In Russia, sia da parte delle autorità secolari come da quelle ecclesiastiche, eravamo e siamo trattati come marginali, senza spina dorsale, depauperati dal diritto di prendere le decisioni necessarie per il nostro bene e prosperità ».
Tagliata fuori territorialmente dalla Russia, senza possibilità di acquisti di prodotti russi, la Chiesa filo-russa ha dovuto subire l’affronto di veder partecipare alla fondazione della cattedrale della diocesi “rumena” di Balti diversi vescovi moldavi e rumeni senza alcun permesso da parte del metropolita Vladimir. «In questa situazione le chiediamo, santità, come possiamo evitare di cadere nell’abisso che si è aperto a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, con la crescente sfiducia del clero e del popolo per la nostra posizione, direttamente legata agli interessi russi?».
Una lettera senza risposta
La scarsa stima popolare per la Chiesa filo-russa è legata anche alla figura del metropolita Vladimir che ha partecipato all’investitura (2021) del sedicente presidente della Transnistria, Krasnoselski, che ha denunciato la guerra senza distinguere aggredito e aggressore, che ha celebrato a Mosca nella cattedrale della Dormizione (7 ottobre 2023), nel compleanno di Putin, ed è stato accusato del giornale Ziarul de Gardä di vivere in una casa da un milione di dollari, intestata a una donna che sarebbe andata in vacanza con lui in Turchia nel 2012, proprietaria di una agenzia d’investigazione.
Nella riunione del sinodo russo a san Pietroburgo (agosto 2023) si è concesso alla Lettonia di ordinare un proprio vescovo, mentre lo si è negato alla Moldavia che pur raccoglie 1200 parrocchie in 6 diocesi ed è stimolata dalla presenza della metropolia di Bessarabia dal 1992 (riconosciuta civilmente nel 2001). Non si sa se nella riunione sinodale di ottobre ci sia stato un chiarimento con Cirillo.
Certo si è ottenuto di superare gli ostacoli per l’ordinazione di Filarete, avvenuta nella capitale moldava il 22 ottobre, ma non vi è stata una risposta pubblica alla lettera. Il governo e la Chiesa rumena hanno sottoscritto un accordo di cooperazione col ministero degli esteri di Moldavia, presente anche il metropolita Pietro.
Il 25 ottobre il parlamento rumeno ha approvato una legge che prevede l’elargizione di quattro milioni di euro: due per il monastero rumeno del monte Athos, Prodromu, e altri due per la metropolia di Bessarabia. Negli stessi giorni il governo di Kiev ha riconosciuto alla minoranza rumena la propria lingua, chiamandola non più “moldavo”, ma “rumeno”. Professori rumeni di teologia sono attivi nell’Accademia teologica di Chişinȁu.
Mentre si moltiplicano i segnali del governo di Maia Sandu per una progressiva distanza dalla Russia (recentemente sono stati allontanati 45 diplomatici russi) il paese deve affrontare l’onda dei profughi in provenienza dall’Ucraina.