A causa della tensione con la Chiesa ortodossa di obbedienza serba, il partito democratico socialista di Milo Dukanovic perse le elezioni nel 2020; per l’eccessiva vicinanza alla Chiesa e ai suoi interessi è caduto all’inizio dell’anno il governo di Krivocapiç; a causa della firma di un contestato concordato fra Montenegro e Chiesa ortodossa serba è caduto l’attuale governo di Dritan Abazoviç (19 agosto 2022).
Il concordato
Firmato in sordina e senza nessuna pubblicità il 3 agosto scorso in una residenza riservata dell’amministrazione statale a Podgorica, capitale del Montenegro (cf. SettimanaNews, qui), il concordato ha fatto da catalizzatore del malcontento interno alla maggioranza di governo a cui partecipa (col sostegno esterno) il partito democratico di Dukanovic.
Dopo 12 ore di dibattito in parlamento, la mozione di sfiducia al governo è passata con 50 voti su 81.
Fra i principi riconosciuti dall’accordo: la separazione fra Chiesa e stato; il riconoscimento di entità legale alla Chiesa; il rispetto dei luoghi religiosi (la polizia entra solo dopo l’approvazione dell’autorità ecclesiastica); poteri giuridici pubblici per la Chiesa; rispetto e inviolabilità dei beni; introduzione dell’educazione religiosa nella scuola; accesso all’informazione pubblica.
Violente discussioni si sono susseguite in questi decenni sui 650 edifici sacri (chiese, monasteri, fabbricati ecc.) e una serie di terreni il cui valore catastale viene stimato nell’ordine del miliardo di euro.
Per alcuni giuristi, i privilegi accordati sono una rinuncia dell’autorità dello stato, una penalizzazione delle richieste della locale e minoritaria Chiesa ortodossa autocefala e l’espressione di subalternità del paese alla confinante (Serbia) che non ha mai nascosto il suo patrocinio sul terzo della popolazione di ceppo serbo.
Gli ambienti accademici denunciano la priorità del concordato sulle leggi dello stato e il riconoscimento di una continuità storica assai dubbia della Chiesa ortodossa serba a partire dal 1219. Uno statuto giuridico certo non è antecedente al 1836.
La Chiesa ortodossa serba
La Chiesa ortodossa (450.000 fedeli su 650.000 abitanti) non si era schierata nel referendum sull’indipendenza del 2006, favorendone di fatto l’esito positivo.
Ha condiviso con qualche riserva l’entrata nella Nato nel 2017 (i serbi non hanno dimenticato i bombardamenti Nato su Belgrado nel 1999).
Non ha mancato di criticare la richiesta di far parte dell’Unione Europea (2008), in particolare in ordine ad alcuni indirizzi dell’ordinamento comunitario (omosessualità, convivenze, famiglia ecc.).
È rimasta irritata dalla risoluzione del parlamento europeo (marzo 2022) che denunciava la Chiesa ortodossa serba come elemento di tensione, divisione e conflitto fra le comunità etniche dei Balcani. Per gli oppositori interni montenegrini, anche il concordato fa parte della pretesa espansionistica di Belgrado.
Nella tensione introdotta dall’aggressione militare russa all’Ucraina la spinta etnica alle minoranze serbe in Bosnia Erzegovina, nel Kosovo e nella minoranza montenegrina è vista con molta apprensione nelle cancellerie occidentali.
La caduta del governo non dovrebbe invalidare il concordato già firmato, ma nelle possibili e prossime elezioni (a meno di una nuova maggioranza) la questione ecclesiale tornerà al centro dello scontro ideologico del paese.
La Chiesa di Serbia è diventata una delle principali forze politiche in Montenegro, trasformando i montenegrini in serbi, privandoci delle nostre chiese, della nostra storia e identità. Insieme all’interferenza diretta dello stato serbo e della loro alleata Russia, stanno seriamente mettendo in pericolo l’esistenza di questo piccolo e tranquillo paese.
Concordo con Fedja Klikovac, la chiesa serba in Montenegro, non è altro che una pericolosa organizzazione politica che sottomette l’identità del popolo e la chiesa ortodossa montenegrina, sfruttando tutti i mezzi: politici, storici, religiosi, web…ultimamente risulta che stanno anche acquistando le armi…