Nel secondo giorno dei suoi lavori, il 26 dicembre 2019 (la Chiesa ortodossa russa segue il vecchio calendario e quindi celebra il Natale il 7 gennaio), il Santo Sinodo della Chiesa russa, sotto la guida del patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia, ha preso la decisione (la si attendeva), facendo seguito a quella precedentemente sancita contro la Chiesa di Grecia, di rompere la comunione eucaristica con il patriarca di Alessandria, Teodoro II, e con tutti i metropoliti e i preti del suddetto Patriarcato, che commemorano nella liturgia il primate della nuova Chiesa ucraina o che concelebrano con lui oppure con vescovi e preti del suddetto Patriarcato.
Ciò comporta la rimozione dei loro nomi dai “dittici” durante la celebrazione eucaristica.
Patriarcato di Alessandria
I membri della gerarchia del Patriarcato di Mosca hanno dichiarato che sono arrivati a tale decisione dopo un attento e meticoloso esame del testo del riconoscimento della nuova Chiesa ucraina da parte del patriarca Teodoro di Alessandria. Hanno anche espresso il loro profondo rammarico per la sua decisione che ha reso impossibile il mantenimento della comunione eucaristica con lui.
Hanno però deciso di mantenere la comunione eucaristica con quei gerarchi della Chiesa ortodossa alessandrina che non commemorano il primate della nuova Chiesa ucraina, e che non si conformeranno alla legalizzazione dello “scisma ucraino”.
Hanno, inoltre, deciso che le parrocchie della Chiesa ortodossa russa, costituite nel continente africano e messe sotto la giurisdizione del Patriarcato di Alessandria, vengano ritirate e siano considerate in stato stauropighiako,¹ sulla base del quale verranno sottoposte alla diretta giurisdizione russa.
Oltre a ciò, il Santo Sinodo di Mosca ha deciso di sospendere il metochio (una specie di presenza giuridica di un patriarcato o di un monastero nel territorio di un’altra giurisdizione ecclesiastica che dipende dal patriarcato d’origine, e non da quello dove è stato impiantato) del Patriarcato di Alessandria presso il trono del Patriarcato di Mosca, mentre il metochio del Patriarcato di Mosca nel territorio del Patriarcato di Alessandria è stato “subordinato” alla parrocchia russo-ortodossa del Patriarcato di Mosca al Cairo.
Patriarcato Ecumenico
Nella Divina Liturgia natalizia, celebrata il 25 dicembre (il Patriarcato Ecumenico segue il nuovo calendario, salvo in ciò che concerne la festa della Pasqua per la quale segue il vecchio calendario) presso la Santissima Chiesa Patriarcale, il patriarca ecumenico Bartolomeo ha ordinato presbitero il diacono Jacob Rindlisbacher, svizzero, e, come diacono, Andrew Webster, scozzese, entrambi fratelli del Santo Monastero Patriarcale e stauropighiako di San Giovanni Prodromo, nell’Essex di Inghilterra. Egli ha colto l’occasione per far riferimento, sia pure in modo indiretto, al problema dell’autocefalia ucraina.
Nella sua omelia, infatti, il patriarca ecumenico si è soffermato sulla natura sovranazionale del Patriarcato Ecumenico, dichiarando che non è affiliato o legato a nessuno contesto nazionale. A questo proposito, ha ricordato le parole del metropolita di Pergamo, Ioannis, che, in un suo discorso sull’istituzione del “Patriarcato Ecumenico”, aveva fortemente sottolineato che «se questa istituzione non esistesse, avrebbe dovuto essere inventata. Senza il Patriarcato Ecumenico, l’Ortodossia cadrebbe nel vortice dei nazionalismi, del vanto del passato, dell’introspezione, dell’autosufficienza e del disprezzo del mondo moderno. Il Patriarcato Ecumenico ha dimostrato di poter trasformare il passato in presente, il presente in futuro, ieri e oggi in domani. Questo perché, oltre alla sua capacità istituzionale, ha una mentalità aperta, dotata di un universalismo e di una sensibilità per l’uomo di tutte le età e situazioni. E questa è la garanzia umana del suo futuro».
Emmanuele, metropolita di Francia
Il metropolita Emmanuele, in occasione dei festeggiamenti della sua cattedrale metropolitana di Santo Stefano a Parigi, ha rilasciato dichiarazioni anche sulla questione della Chiesa ucraina.
Egli ha messo in parallelo il caso della Chiesa ucraina con «quella che fu la Chiesa ortodossa russa fuori frontiera», che si trovava in stato di scisma con il Patriarcato di Mosca da quasi un secolo.
In quella Chiesa sono stati ordinati illegalmente molti preti e vescovi. «Ma giunse il momento in cui il Patriarcato di Mosca, con una semplice firma, senza sollevare obiezioni o dubbi sulla loro successione apostolica e senza procedere ad una loro riordinazione, nel 2007 concesse a tutti la sua piena comunione eucaristica», a condizione che esprimessero la volontà di unirsi al Patriarcato di Mosca.
Fatto questo parallelo, il metropolita ha proseguito dicendo che la Chiesa ucraina, che fino poco tempo prima era stata scismatica, sia pure per molti meno anni, è stata poi riconosciuta come una Chiesa che «era sempre territorio canonico del Patriarcato Ecumenico».
«Tale pratica – ha proseguito Emmanuel – è diritto esclusivo della Chiesa Madre», la quale ha concesso l’autocefalia all’Ucraina «dopo che tutti i vescovi e il clero di questa Chiesa erano stati riabilitati […]. Il Patriarcato Ecumenico, per la salvezza dei fratelli ucraini, non ha esitato a confrontarsi e a scontrarsi con molti. Non ha perseguito alcun interesse personale, tranne l’interesse spirituale degli ortodossi di questo paese. Non pretende nulla al di là dell’unità e della comunione nella fede», e ha concluso con l’augurio che «il santo protomartire e arcidiacono Stefano interceda affinché presto siano abbattuti gli ostacoli e tutte le discriminazioni etnicofileltiche».
La Chiesa di Cipro
Gli abitanti dell’isola, come se non bastassero le preoccupazioni che procurano loro gli inquieti, megalomani e aggressivi vicini turchi, devono stare sull’attenti anche per gli affari interni della loro Chiesa, dove, a causa dell’autocefalia ucraina, i loro vescovi navigano in acque burrascose.
I tre metropoliti dissidenti
L’arcivescovo Crisostomo, in un’intervista concessa al quotidiano O POLITIS (Il Cittadino), biasima i metropoliti Nikiforos di Kykkos, Isaia di Tamasos e Athanasios di Limassol, per le dichiarazioni con le quali si sono allineati con la posizione di Mosca riguardo alla questione della concessione dell’autocefalia alla Chiesa di Ucraina.
Ha precisato dicendo: «Io, nella seduta del Sinodo, avevo detto di non prendere posizione a favore né di Mosca né di Costantinopoli. Volevo che restassimo neutrali per poter venire in aiuto. Entrambe (Mosca e Costantinopoli) hanno bisogno di aiuto. Sono egoiste e non sarà facile trovare il modo di incontrarsi (…) E, sfortunatamente, mentre noi in Sinodo abbiamo preso questa decisione, loro (i metropoliti citati sopra) hanno alzato la testa facendo dichiarazioni contrarie. Fanno male, hanno un pessimo comportamento».
«Non hanno il loro Dio»
«Mentre in Sinodo abbiamo preso comunitariamente la decisione di restare neutrali per quanto concerne la questione dell’Ucraina, ora questi metropoliti fanno un congresso con i russi e prendono posizioni contro il Patriarcato Ecumenico. Non hanno il loro dio» (espressione popolare per dire che il loro comportamento è incomprensibile, è fuori orbita!). «Ebbene – continua il primate –, il Sinodo ha preso una decisione! Rispettate la decisione che tutti noi insieme abbiamo preso. Il loro compattamento è vergognoso. Dovreste vergognarvi!».
«Il primate di Mosca non sarà mai il primo»
Il primate della Chiesa di Cipro ha sottolineato di non essere d’accordo con la posizione di Mosca, di interrompere, cioè, la comunione eucaristica con il Patriarcato Ecumenico, con il Patriarcato di Alessandria e con la Chiesa di Grecia, perché è un modo di procedere inaccettabile!
E, riferendosi ancora al patriarca di Mosca, ha aggiunto: «Mi ha inviato diversi rappresentanti. Io a tutti rispondo: “Quello che fai non mi rappresenta”. Smettiamo la commemorazione nei dittici solo per chi devia dalla vera fede. Ma io chiedo: il patriarca ecumenico, l’arcivescovo di Atene e l’attuale patriarca di Alessandria, per il quali hai deciso la non comunione eucaristica e che hai smesso di commemorare nei dittici, sono degli eretici? Non sia mai! Puoi protestare perché non dovevano procedere al riconoscimento dell’Ucraina. Ne hai il diritto. Puoi esprimere il tuo disaccordo. È giusto dire loro: “Non agite in modo retto!”. Ma non commemorare qualcuno nei dittici e non concelebrare con lui…, per quale motivo? Solo con gli eretici non concelebriamo. Sei inaccettabile».
L’ arcivescovo Crisostomo inoltre ammonisce il patriarca di Mosca
L’arcivescovo Crisostomo arriva ad affermare che l’egoismo, da cui Kirill è spinto a voler diventare il primus di tutte le Chiese ortodosse autocefale, lo rende cieco e lo fa faticare invano. “Vuoi diventare il primo? Gli ho detto: “Non sarai mai il primo! I 17 secoli che sono passati hanno consolidato il patriarca di Costantinopoli come il primo dell’Ortodossia. Questo è tutto. Non comportarti da cieco. Devi capirlo”. Ma l’egoismo non glielo permette».
Puntini sulle “i”
Cosa dire? Il Patriarcato di Mosca imperterrito prosegue per la sua strada iniziata con il principio della territorialità delle Chiese, inaugurato dopo la caduta dell’Unione Sovietica, per contrastare l’invasione delle diverse denominazioni di Chiese più o meno di area protestante, compresi i diversi movimenti cattolici lanciati per una rievangelizzazione – si diceva – ma che sotto sotto volevano fare dei proseliti. Il Patriarcato dichiarava: «Questi, per tradizione, sono miei territori e nessuno deve interferire».
La Chiesa russa, per necessità o per convinzione, ha sempre fiancheggiato o si è appoggiata al potere statale. Gli zar prima, poi il potere del Cremlino, come sostenitore del “pacifismo sovietico”, e adesso l’“espansionismo” di Putin, pare vadano di pari passo.
Inoltre, Kirill non nasconde le sue ambizioni di primeggiare, sempre sostenuto dalle corrispettive ambizioni statali. Ai tempi del Vaticano II, il Patriarcato di Mosca è stato il primo a mandare degli osservatori e a fare delle aperture ecumeniche, come, per esempio, la concessione della comunione ai cattolici che, in Russia, non avevano una propria chiesa nelle vicinanze.
Quelle aperture, cos’erano? Erano azioni convinte, oppure un modo per avere appoggi contro il regime sovietico totalitario? Allora questo atteggiamento è stato anche un bene, perché ha convinto le altre Chiese ortodosse a mandare osservatori. Subito dopo la caduta sovietica, ha ritrattato tutto.
Il male è che gli esponenti del Patriarcato russo adesso non cessano di fomentare lo scisma, e in un modo non tropo velato, tra l’area slavofona e quella grecofona della Chiesa ortodossa. Ancora peggio, seminano – per non dire: coltivano! – la discordia all’interno delle Chiese autocefale.
A Cipro pare che ci sia maggiore chiarezza. Nella Chiesa di Grecia le cose sono più complicate. In questi comportamenti non sono assenti le pressioni anche sul registro delle ambizioni personali per la successione alle sedi primaziali.
Tutte queste faccende – senza dimenticare i nostri schiamazzi interni, di ogni colore e specie – fanno apparire tutte le Chiese sia in Occidente sia in Oriente, in un modo o in un altro, semplicemente come strutture di potere, tra le tante altre che governano l’umanità. Strutture che nascondono al loro interno una continua lotta per l’accaparramento del potere. Molti allora cambiano ed escono. Meno male che non tutti sbattono la porta. I numeri e le statistiche possono ancora mostrare qualche ottimismo, perché gli adepti sono ancora un gran numero ma la realtà dice ben altro.
Di conseguenza, povero ecumenismo! Ormai il dialogo “ecumenico” dev’essere inaugurato e condotto all’interno delle nostre stesse Chiese cattolica e ortodossa. Le Chiese nate dalla Riforma protestante – Sola Scriptura, Sola fide, Sola gratia, Solus Christus, Soli Deo gloria – viaggiano su altri sentieri.
Innanzitutto si deve capire che cosa vuol dire finalmente “dialogo”, e “dialogare”, “unità”, “amore” e “carità”, all’ interno di ognuna Chiesa.
E il dialogo tra le Chiese? Queste devono prima coltivare il buon vicinato, cercando di non pestare i piedi l’una dell’altra, con dogmi ed annessi, ma tenendosi per mano, affrontare il fardello della vita quotidiana in questa valle di lacrime, per far affiorare il più possibile qualche sorriso nella faccia nel maggior numero di uomini possibile di ogni religione e cultura. Il Dio santo ci ha messi sulla terra per vivere felici e non bisticciarsi sul modo che ogni uno fa l’esperienza della sua presenza.
¹ Questa parola si riferisce sempre a quei monasteri che sono esenti dalla giurisdizione del vescovo o metropolita territoriale e che dipendono direttamente dal Patriarca Ecumenico. Essa deriva da “stauros” (croce) che il Patriarca Ecumenico ha inviato e che è stata posta alle fondamenta (“pighi” = sorgente) del monastero, come segno di sottomissione diretta alla sua autorità. In un certo senso è sinonimo di “patriarcale”.