Mozambico: gli attacchi jihadisti nascondono altro?

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Gli attacchi continuano. Sempre più violenti. Sempre più subdoli. In Mozambico, al-Shabab, il movimento jihadista che ha dichiarato la sua fedeltà allo Stato islamico, prosegue nella sua azione terroristica attaccando villaggi, città e uccidendo in modo indiscriminato.

Nelle ultime settimane, secondo quanto ha dichiarato Amade Miquidade, il ministro degli Interni di Maputo, i miliziani sono entrati in azione vestendo uniformi dell’esercito e utilizzando alcuni piccoli droni per identificare e studiare gli obiettivi da colpire.  Descrivendoli come gruppi terroristici, Amade Miquidade ha dichiarato al parlamento che alcune comunità locali danno loro protezione dopo le azioni militari. Il ministro, secondo quanto riportano le agenzie internazionali, ha tuttavia affermato che sono stati inviati rinforzi alle forze armate e alle forze di polizia locali.

La popolazione locale è comunque impaurita. I contadini non capiscono se sono attaccati da militari o da miliziani vestiti da militari. Presi dal panico, fuggono e si rifugiano nei centri più grandi per cercare sicurezza e protezione. Finora non si sa quante vittime abbia fatto al-Shabab, nome mutuato dall’omonimo gruppo jihadista somalo col quale, però, pare non esserci rapporto. Le stime ufficiali parlano di almeno 600 morti. Alcuni esponenti della locale Chiesa cattolica, interpellati da Africa, dicono che i morti sono di più, probabilmente un migliaio. Migliaia invece sono le persone che hanno abbandonato le proprie case per cercare rifugio in posti più sicuri.

La preoccupazione del governo di Maputo è alta. Oltre ai rinforzi, l’esecutivo ha firmato un contratto con il Gruppo Wagner, mercenari, quasi tutti provenienti dalle forze speciali russe, già attivi in Siria, Libano e Repubblica centrafricana. Questi soldati di ventura (legati a Mosca e ai suoi interessi) hanno però avuto grandi difficoltà a venire a capo della ribellione. Secondo fonti riservate, avrebbero anche avuto numerose perdite tra le loro file.  Anche il Sudafrica ha affermato di essere preoccupato e sta discutendo di come aiutare il Mozambico a porre fine alla violenza.

Il Nord del Mozambico è una regione complessa. Ha sofferto molto durante la guerra di indipendenza (1964-1974) e durante quella civile (1977-1992) ed è una delle aree più trascurate del Paese. A livello nazionale, ha i più elevati tassi di analfabetismo, disuguaglianza e malnutrizione infantile. È una delle poche province a maggioranza musulmana, ma è un islam moderato che, da sempre, segue una tradizione sufi moderata.

«Gli ultimi attacchi sono stati ben pianificati – spiega un missionario –. Si è notato un salto di qualità nell’azione. Le strutture del governo sono state bruciate in modo sistematico. La matrice religiosa, però, è emersa solo poco tempo fa. In Mozambico si pensa che ci siano interessi particolari che si nascondono dietro la copertura religiosa».

La pace sociale ha iniziato a incrinarsi nel 2010 con la scoperta, da parte dell’americana Anadarko e dell’italiana ENI, di enormi giacimenti di gas davanti alle coste di Capo Delgado. Attualmente, tre dei maggiori progetti di gas naturale liquefatto al mondo sono in fase di realizzazione, con un investimento complessivo che arriverebbe a superare i 50 miliardi di dollari. La matrice religiosa nasconde altro?

  • Rivista Africa, 29 maggio 2020.
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