Mentre Cirillo di Mosca espone sempre più la sua Chiesa nella giustificazione dell’aggressione all’Ucraina vale la pena di segnalare alcuni dei resistenti. Saranno loro a salvare l’onore dell’Ortodossia russa, a riscattare i silenzi sofferti delle comunità, ad attestare la dignità della fede per tutti.
I loro nomi – oltre ai molti che non conosciamo – e le loro vicende saranno accennati dopo una informazione sul patriarca e una nota sull’area “grigia” dei molti che non si espongono.
Dopo essere stato indicato come “persona non grata” in Gran Bretagna, Canada, Estonia, Lituania e Cechia, Cirillo ha evitato di essere censurato dai paesi dell’Unione Europea per il veto del solo Orban (Ungheria). L’Ucraina lo ha chiamato alla sbarra anche se con poche possibilità di portarlo in tribunale. Dopo l’avvio dell’“operazione militare speciale” il patriarca è rimasto silenzioso per alcune settimane.
I fedeli della Chiesa ucraina (legata a Mosca) attendevano una parola esplicita. «Ma il suo silenzio, che nel contesto russo poteva essere percepito come una distanza dalla guerra, gli ucraini l’hanno interpretato diversamente: “Il nostro difensore a Mosca perché resta silenzioso mentre noi veniamo uccisi? “. Le domande si sono allargate, seguite dalla lettere dei preti e dei vescovi, fino all’irritazione: “Ma chi sei per farti ricordare nella liturgia?”. E cresceva la richiesta di autocefalia. Il patriarca non ha trovato niente di meglio da dire: “la vostra domanda non è canonica”. Il clero si è indignato e il metropolita Onufrio ha cessato il suo ricordo nei dittici» (N. Mitrokhine).
Nel concilio del maggio 2022 la distanza si è formalizzata. Cirillo si lamenta per l’incomprensione dell’Occidente, ma non solo: «La preghiera della Chiesa per la pace, la compassione per tutte le vittime della guerra e l’aiuto umanitario regolarmente fornito non vengono presi in considerazione… La Chiesa, però, alza instancabilmente la sua voce per la pace, non per un mondo filoamericano o filoeuropeo» (19 ottobre 2023).
E aggiunge che la Russia «oggi funge da roccaforte dell’Ortodossia nel mondo» (6 novembre 2023). Confermando quello che aveva già detto molte volte: «La santa Russia, grazie a Dio, preserva i valori cristiani, già contenuti nel sistema dei valori nazionali» (9 aprile 2023).
Salviamo i nostri
L’insegnamento ufficiale interpreta bene il sentire degli ortodossi più intransigenti, che appoggiano il conflitto come espressione del totale rifiuto dell’Occidente e come manifestazione dell’identità ortodossa del paese. Gli altri, dopo lo shock iniziale hanno cominciato a vivere come una routine la guerra che resta incomprensibile.
«La maggior parte degli ecclesiastici, come molti altri cittadini russi, hanno giustificato il loro comportamento per se stessi e per gli altri così: non sostengono la guerra, le truppe o il governo, ma i “loro uomini”. Nello stesso tempo, la questione del perché della guerra e il suo significato sono raramente detti a voce alta» (J. Kormina – S. Shtyrkov).
Solo una ventina di vescovi (su oltre 300) si sono spesi per la guerra. La gran parte, come succede tra i fedeli e nella società, non si esprime. C’è una ripresa nicodemica del riferimento a D. Bonhoeffer. Diversi vescovi, come Ioann di Belgorod o Pitirum di Skopin evitano la condanna come il consenso e si limitano a sostenere “i nostri”.
Anche Hilarion, già responsabile del dipartimento patriarcale per i rapporti con l’estero, è stato allontanato a Budapest per non aver “sposato” l’impresa. Numerosi preti sono sulla stessa onda, come Sorokin Alexandre, Alexiei Uminiski, Stepanov Alexander.
Un giovane prete, di una diocesi del Sud accompagna pastoralmente i militari, benedice i funerali e consola i familiari: «il mio dovere è di donare speranza e pregare per loro, anche se il cristianesimo non ha a che fare con quanto succede laggiù. Sono pronto a testimoniare al tribunale dell’Aia in caso di necessità. Saprei esattamente il perché. Ma non mi pentirei di quello che ho fatto».
Nomi da non dimenticare
Hovorum Cyril. È stato sospeso dal servizio presbiterale per aver violato il giuramento al proprio vescovo concelebrando con gli “scismatici” di Costantinopoli. Laureato in fisica teorica, poi studente all’Accademia teologica di Kiev, Atene, Durham (Gran Bretagna) e Mosca, ha aiutato Hilarion a riconfigurare gli studi in conformità al “processo di Bologna”. Dal 2012 ha abbandonato il servizio al Patriarcato per l’insegnamento di teologia negli USA, Stoccolma, Roma e Vienna. Nato in Ucraina è stato per alcuni il candidato per l’attesa riconciliazione fra le Chiese ortodosse ucraine, fallita con concilio che ha avviato la nuova Chiesa autocefala.
Gavzryshkiv Ilya. Larin Wassa, suora ortodossa della Chiesa “oltrefrontiera”, animatrice a Vienna di un blog confessionale, scrive in una lettera: «Nella mia Chiesa, sia in Russia che altrove, preti e laici vengono intimiditi e costretti al silenzio sulla questione dei grandi crimini di guerra nell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia». E racconta di un prete del villaggio di Gorodische, Gavzryshkiv Ilya, costretto dal vescovo alle scuse pubbliche per aver pregato per la pace e non per la vittoria.
Koval John, prete di Mosca è stato sospeso dal ministero per la stessa accusa anche se formalmente gli è stato imputato di non aver onorato il giuramento. Il ragionamento del tribunale: se tutti i preti modificano le preghiere a loro piacimento si infrange l’unità ecclesiale. Il suo ricorso al patriarca di Costantinopoli è stato accettato da Bartolomeo e quindi reintegrato nel ministero. Ma non in Russia.
Dichiarazione di Natale. Diffusa il 24 dicembre 2022 il testo nasce da un gruppo spontaneo dalla base. A tutti i cristiani delle diverse confessioni i promotori ricordano il comandamento di non uccidere, riconoscono l’aggressione russa come un delitto contro la legge divina e denunciano la distorsione delle Scritture per giustificare i delitti al fronte (cf. SettimanaNews, qui).
Cosa diranno di noi?
Kuraev Andrej. Noto professore dell’Accademia teologica di Mosca, critico di molti aspetti della teologia (dalla morale alla fondazione biblica) è stato allontanato dall’insegnamento nel 2013 e condannato nel 2020. Critico per l’occupazione della Crimea e per la recente aggressione all’Ucraina è stato ridotto allo stato laicale. Fra i suoi crimini, quello di essersi rivolto anche a Costantinopoli. Si è dovuto trasferire nella Repubblica Ceca.
Kordochkin Andrej. Attivo nel ministero a Madrid da più di 20 anni, dopo aver firmato la lettera di protesta dei preti per la pace è stato sottoposto a critiche pesanti sui social. La sua comunità si è spaccata grazie all’arrivo di nuovi fedeli inviati con il compito di farlo. Ha fondato un gruppo di aiuto ai preti ortodossi censurati e allontanati dal ministero: Pace per tutti. In ottobre 2023 ha deciso di abbandonare il ministero e la Chiesa russa, dopo essere stato sospeso dalla pastorale dal patriarca. «Quando le persone dicono che la Chiesa sostiene la guerra dobbiamo ricordare che molti, nei fatti la maggior parte, non lo fanno».
Guaita Giovanni. Italiano, arrivato a Mosca nel gruppo dei Focolari, è entrato nella Chiesa russa pur mantenendo ottime relazioni con le persone del movimento. Dapprima attivo nel Dipartimento per le relazioni estere del Patriarcato è poi passato alla pastorale in una chiesa di Mosca. Ha firmato convintamente la lettera dei 300 preti ortodossi. In una intervista alla Sir ha detto: «Se ci mettiamo in un’ottica storica mi chiedo: cosa in futuro si scriverà di noi e di questi avvenimenti? … Mi preoccupa molto anche il fatto che la Chiesa ortodossa russa sia capace di formare le coscienze delle persone, aiutandole a distinguere il bene dal male. Perché una Chiesa che non fa questo vive in uno stato grave di malattia. Prego e spero non sia così». In una recente intervista sui social afferma che l’unico peccato “imperdonabile” è usare la fede per uccidere. Il popolo di Dio sa che la fede non è proprietà dei funzionari dello stato o delle alte gerarchie ecclesiastiche.
Un’altra Ortodossia
Bukin Afanasij. Ieromanaco a servizio della missione russa a Gerusalemme. È stato ridotto allo stato laicale per essersi espresso contro l’operazione militare speciale, invocando la sua pretesa infedeltà al giuramento ecclesiastico (Asianews)
Vorontsov Jakov. Ha spontaneamente «abbandonato la metropolia ortodossa del Kazakistan, prima di essere a sua volta cacciato… Possibile che la cultura russa sia diventata terreno fertile per la crescita dell’Anticristo? Io credo di no e confido nei tanti russi che non vogliono la guerra anche se non hanno il coraggio di dirlo apertamente”» (Asianews)
Volchkov Alexei. Ha firmato la lettera dei 300 preti chiedendola pace e la fine della guerra. «Sono stato aspramente rimproverato dalle persone che mi erano vicine. Alcuni pensavano di essere stati traditi. Ma ritengo che la firma (alla lettera) sia una delle cose spiritualmente più belle che ho fatto negli ultimi anni». Non avendo ricevuto censure Volchkov si ritiene fortunato rispetto a molti suoi colleghi che hanno firmato la lettera.
Vasilevich Natalia. Ha fondato con altri attivisti ucraini e bielorussi il Movimento cristiani contro la guerra. Il suo sito è stato bloccato. «Stiamo cercando di fare spazio a una Ortodossia “alternativa”». Anche se non pensa di poter cambiare la Chiesa russa, almeno cerca di sostenere i sacerdoti perseguitati.
Kurmoyarov Ioann. Privato del sacerdozio nel 2022 è stato condannato a tre anni di carcere e gli è vietato di postare sul suo blog per due. Accusato di «false informazioni sui comportamenti dell’esercito russo» avrebbe ammesso la sua colpa.
Nagibin Maxim. Dopo un suo sermone in cui ha condannato la guerra ha dovuto affrontare l’ostracismo della sua comunità ed è stato interrogato dai servizi di sicurezza federali. Ha detto: «Le persone o hanno paura di parlare apertamente e scelgono di seguire la corrente, oppure sostengono quello che sta succedendo. Nel mio villaggio ci sono solo due persone che la pensano come me».
Voglio una coscienza in pace
Burdin Ioann. Anche lui ha pronunciato una omelia contro la guerra. È stato condannato in base alla legge approvata recentemente per stroncare ogni possibile critica all’operazione militare. È stato dimesso dall’incarico di parroco di un villaggio dove vive un prete dissidente dell’epoca sovietica, il novantunenne Edelstein Geogji. Gli è stato imputato uno pseudopacifismo. Il tribunale ecclesiastico lo ha accusato di «deviazione radicale dall’insegnamento ortodosso sulla guerra, la pace e la protezione della patria». Per il tribunale il pacifismo in vari periodi della storia della Chiesa è già stato condannato come eresia. Sarebbe un pacifismo alla Tolstoj. Ha chiesto invano di passare alla giurisdizione della Chiesa bulgara.
Chapnin Sergei. È attualmente direttore delle Comunicazioni del Centro studi cristiani ortodossi presso la Fordham University di New York. In precedenza è stato un collaboratore diretto del patriarca Cirillo, redattore della rivista del patriarcato. È l’autore della lettera aperta ai vescovi ortodossi perché escano dall’afasia davanti alle contraddizioni di un coinvolgimento nella guerra (cf. SettimanaNews, qui). «Sono pochi i preti che si sono pronunciati apertamente contro la guerra, ma i nomi di quei meravigliosi sacerdoti passeranno senza dubbio alla storia».
Fomine Arkadij. Ha abbandonato la Chiesa. «Voglio avere la coscienza in pace. Ho deciso di esprimermi contro la volontà della mia diocesi … Non c’è spazio per il silenzio … È come se davanti a una persona che cerca di uccidere qualcuno per strada dovessi chiedere ai miei superiori gerarchici il permesso di aiutarla».
Vostrodymov Alexsandre. Dopo l’intervento del patriarca Cirillo che affermava per i soldati morti sul fronte la purificazione del loro peccato attraverso il loro sacrificio militare, ha vivamente protestato. Ha ricordato che Basilio il Grande prevedeva la possibilità della guerra, ma chiedeva che i soldati rientrati si astenessero dalla comunione per tre o quattro anni. «La guerra è dolore. La guerra è male. La guerra è peccato. E una uccisione è sempre un dolore».
Kara-Murza Vladimir. Laico e politico è un oppositore di Putin. Condannato a 25 anni di carcere ha scritto un testo che è fortunosamente uscito dal cercare e pubblicato in diverse riviste e blog (Meduza, Asianews ecc.). È una lettera piena di sapienza e spessore spirituale che ricorda la testimonianza di alcuni preti fra quelli sopra ricordati e sottolinea che simili provvedimenti censori «si raccontano sempre più in tutto il paese e nelle diverse eparchie della Chiesa ortodossa russa». afferma che la Scrittura e i padri sono concordi nel giudizio negativo sulla guerra. Ricorda in particolare la testimonianza dell’archimandrita Spiridone dopo la prima guerra mondiale. «In che cosa ho trasformato i santi misteri – si chiedeva – non è questo uno dei mezzi più potenti per ispirare i soldati a uccidere soldati come loro? Attraverso la comunione dei soldati impegnati in una sanguinosa battaglia, non ho forse mandato Cristo stesso a uccidere le persone e a farsi uccidere?».
Magistero ignorato
Dottrina sociale russa. Alcuni dei testimoni qui ricordati come anche alcuni dei tribunali ecclesiastici che li hanno condannati si rifanno a I Fondamenti della concezione sociale, testo magisteriale approvato dal concilio di Mosca nel 2000 e alla cui stesura e approvazione ha partecipato lo stesso patriarca Cirillo. Scritto sulla falsariga della parallela dottrina sociale cattolica (diversi esperti cattolici parteciparono alla preparazione) il testo è stato adattato alle concezioni russe. Nel documento è contenuta una lettura prudente sulla guerra, nell’ambito della “guerra giusta”, e si esclude da ogni giustificazione una guerra di aggressione o una guerra civile (cap. terzo, n. 8).
Si afferma «la guerra è male» (capitolo 8, n.1). Pur giustificando l’esercito e una eventuale guerra si enumerano le condizioni che la rendono tollerabile (capitolo 8, n. 3). Una verifica immediata è riconoscibile da come si trattano i prigionieri, la popolazione civile della parte avversaria, specialmente i bambini le donne e gli anziani. «La chiesa ortodossa russa aspira a realizzare il suo servizio di edificazione della pace sia a livello nazionale che internazionale, cercando di comporre le diverse contraddizioni e di indurre alla concordia gruppi etnici, governi e forze politiche» (capitolo 8, n. 5). E ancora: «È contrario all’etica ortodossa operare distinzioni di carattere morale fra nazioni e umiliare una qualsiasi nazione, etica o civile. A maggior ragione sono in contrasto con l’ortodossia gli insegnamenti che mettono la nazione al posto di Dio o degradano la fede a uno degli aspetti dell’autocoscienza nazionale» (capitolo 2 n.4).
L’insieme mal si accorda con l’attuale atteggiamento di Cirillo e della direzione della Chiesa ortodossa. Anche se nel documento esistono “scorciatoie” che possono essere invocate. Fra queste la giustificazione alla guerra di san Cirillo la cui citazione si conclude: «se essi (i soldati) moriranno sul campo di battaglia, la Chiesa li canonizzerà tra i santi martiri e i loro nomi saranno ricordati e invocati nelle preghiere davanti a Dio». Oppure più in generale, dopo aver parlato delle forme del governo, si dice: «Non si può del tutto escludere la possibilità di una rinascita spirituale di una società, tale da rendere naturale una forma di ordinamento statale più accentuatamente religioso».