Mi permetta, signor Presidente, di fare un ultimo appello. Milioni di persone le hanno dato fiducia e, come ha detto ieri alla nazione, lei ha avvertito sulla sua persona la mano provvidenziale di un Dio amorevole. Nel nome del nostro Dio, le chiedo di avere pietà delle persone nel nostro paese che ora sono spaventate. Ci sono bambini gay, lesbiche e transgender in famiglie democratiche, repubblicane e indipendenti, alcuni dei quali temono per la propria vita. I concittadini che coltivano i nostri campi, puliscono i nostri uffici, lavorano negli allevamenti di pollame e negli stabilimenti di confezionamento della carne, lavano i piatti dopo che abbiamo mangiato nei ristoranti e lavorano nei turni di notte negli ospedali, potrebbero non avere la nostra nazionalità o essere privi dei permessi di soggiorno legali, pur non essendo, nella stragrande maggioranza, criminali.
Pagano le tasse e sono buoni vicini. Sono membri fedeli delle nostre chiese, moschee, sinagoghe e templi. Le chiedo, signor Presidente, di avere pietà dei membri delle nostre comunità i cui figli temono che i genitori vengano deportati. Le chiedo di aiutare coloro che fuggono dalle zone di guerra e dalle persecuzioni nei loro Paesi a trovare compassione e accoglienza qui da noi. Il nostro Dio ci insegna ad avere compassione per gli stranieri, perché noi stessi un tempo eravamo stranieri in questo paese. Che Dio ci dia la forza e il coraggio di trattare tutti gli esseri umani con dignità, di esprimerci con verità e amore e di camminare umilmente gli uni con gli altri e con Dio. Per il bene di tutti in questo paese e nel mondo. Amen.
È la parte finale del sermone tenuto, alla presenza di Donald Trump, dalla vescova statunitense Mariann Edgar Budde nella cattedrale episcopaliana di Washington, martedì 21 gennaio 2025, il giorno dopo l’insediamento del quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Sermone che il neopresidente non ha gradito.
All’uscita dalla cattedrale, ad un giornalista che gli ha chiesto la sua opinione sui relativi contenuti Donald Trump si è limitato ad esprimere il suo disappunto: «Non penso sia stato un buon servizio. Potrebbero fare molto meglio».
Nella mattinata di mercoledì 22 gennaio, sulla sua piattaforma Truth Social ha però rincarato la dose. Dopo aver accusato «la cosiddetta vescova Mariann Budde» di essere stata «sgradevole», l’ha accusata di essere «un’estremista della sinistra radicale che odia visceralmente Trump». «Noioso nel tono e poco stimolante nei contenuti» il suo sermone. Per l’incapacità dimostrata nel suo lavoro – ha aggiunto Trump – «lei e la sua chiesa dovrebbero ora chiedere scusa a tutti!».
«Uno straordinario atto di resistenza»
Del tutto diverso il giudizio espresso dal New York Times che, invece, ha ritenuto il sermone «uno straordinario atto di resistenza».
Non un’arringa, ma, nello stile pacato di chi avverte il soffio dello Spirito negli accadimenti di ogni giorno, una ferma e rispettosa esortazione alla misericordia – il messaggio più alto del cristianesimo – che significa aprire il cuore sulle altrui disgrazie.
Un intervento – a mio sommesso parere – abissalmente distante dal contenuto delle preghiere fatte il giorno precedente nella Rotonda di Capitol Hill, in occasione del giuramento del neopresidente, da altri leaders religiosi presenti: cioè, dal compiacente cardinale cattolico Timothy Dolan, dall’accomodante predicatore protestante Franklin Graham, dall’esagitato pastore evangelico Lorenzo Sewel e dal compassato rabbino ortodosso Ari Berman.
Va detto, però, che a Capitol Hill, un umile presbitero cattolico in pensione di Brooklyn, Frank Mann, diventato amico del presedente nel 2016 per essersi preso cura della tomba della famiglia Trump nel contea di Queens dello Stato di New York, si è preso la libertà non solo di invocare il conforto di Dio «per coloro che si sentono persi o scoraggiati in questo momento di transizione», ma anche di chiedere a Dio di «ispirare i nostri nuovi leader ad essere sostenitori dei vulnerabili e difensori di coloro le cui voci sono spesso messe a tacere», perseguendo «politiche che promuovano il benessere di tutti, cercando di costruire ponti che favoriscano l’unità e l’appartenenza».
Chi è la vescova episcopaliana Mariann Edgar Budde
Donna di 65 anni, sposata con Paul Budde, madre di due figli (Amos e Patrick) e nonna, prima donna a diventare vescova della Chiesa episcopaliana di Washington, voce sottile e pacata, carattere energico e coraggioso, Mariann Edgar Budde è solita non indietreggiare di fronte ai potenti, ma a rivolgersi ad essi con un linguaggio che è, ad un tempo, rispettoso nei modi e profetico nei contenuti. Non a caso, nel 2023 ha pubblicato un fortunato libro dal titolo assolutamente significativo «How We Learn to Be Brave: Decisive Moments in Life and Faith» (Come imparare ad essere coraggiosi: momenti decisivi nella vita e nella fede).
È una delle personalità più influenti della comunità cristiana episcopaliana americana: nota soprattutto per il suo impegno verso la giustizia sociale e la tutela dei diritti umani.
Nel 2011, appena diventata vescova, aveva ordinato che venissero rimosse dalla Washington National Cathedral le vetrate in onore dei generali degli Stati Confederati d’America Robert Edward Lee e Stonewall Jackson, facendone installare di nuove, raffiguranti la lotta per i diritti civili degli afroamericani.
Nel 2016, all’indomani della prima elezione di Trump, aveva convocato una conferenza stampa per esprimere biasimo riguardo allo striscione che gli elettori più faziosi avevano appeso al muro del giardino di una parrocchia episcopaliana a Silver Spring (Stato del Maryland), frequentata da molti fedeli latini, su cui era scritto «Trump Nation. Whites only» (La Nazione di Trump. Solo bianchi).
Nell’estate del 2020 si era pubblicamente espressa in termini molto critici nei confronti di Trump quando, durante le proteste del movimento Black Lives Matter per la morte dell’afroamericano George Floyd nell’estate 2020, l’allora presidente aveva usato la storica chiesa episcopaliana di San Giovanni a Washington come sfondo per una foto con una Bibbia in mano.
Ancora, nel 2024 è stata una dei duecento leader, teologi e studiosi cristiani, firmatari di una lettera aperta invocante la salvaguardia della democrazia pluralista e l’opposizione al governo autoritario.
Il sito web della chiesa cattedrale di Washington, nel presentare la figura della vescova Budde, utilizza le seguenti parole: «Bishop Budde is committed to the spiritual and numerical growth of congregations and developing new expressions of Christian community. She believes that Jesus calls all who follow him to strive for justice and peace, and to respect the dignity of every human being» (La vescova Budde crede che Gesù chiami tutti coloro che lo seguono a lottare per la giustizia e la pace, e a rispettare la dignità di ogni essere umano).
I contenuti del sermone
Ma davvero la vescova Mariann Edgar Budde dovrebbe chiedere scusa per il tono e il contenuto del sermone pronunciato alla presenza del neopresidente Usa Donald Trump e del suo vice James David Vance?
Avendolo letto con attenzione nella sua stesura integrale, mi sembra di poter affermare che si tratta di un sermone (della durata di 14 minuti!) dai contenuti profondamente evangelici e teologicamente densi, incentrato su quattro concetti: unità, dignità, verità e umiltà. Merita socializzarlo quasi per intero.
Unità. «Questo culto nazionale ci vede riuniti per pregare per l’unità del popolo e della nazione […]. Un’unità che, al di là delle nostre diversità e divisioni, serva al bene comune e ci permetta di vivere in libertà e insieme in un Paese libero […]. L’unità non è conformismo, non è vittoria, non è spenta cortesia o stanca passività, non è partigianeria. L’unità è un modo di stare insieme, rispettando le nostre differenze e le nostre diverse condizioni di vita. Ci esorta a prenderci cura gli uni degli altri, nonostante i nostri disaccordi […]. L’unità, come l’amore, implica un dono di sé. Nel discorso della montagna Gesù di Nazareth ci invita ad amare non solo il nostro prossimo, ma anche i nostri nemici e a pregare per coloro che ci perseguitano, a essere misericordiosi come il nostro Dio è misericordioso, a perdonare come Dio ci perdona. E Gesù accoglieva gli esclusi dalla società. Ammetto che questo invito di Dio richiede da parte nostra molta speranza e preghiera, ma corrisponde al meglio di noi stessi. Ed è ovvio che se, invece, le nostre azioni contribuiscono solo ad aumentare le divisioni, le nostre preghiere serviranno a ben poco […]. Noi che siamo qui nella cattedrale non siamo ingenui, e quando sono in gioco potere, ricchezza e interessi contrastanti, quando ci sono opinioni diverse sul futuro dell’America, sappiamo che su tutte queste questioni ci saranno vincitori e perdenti […]. Se la cultura del disprezzo si diffonderà in America ci distruggerà tutti. Sono una credente, circondata da credenti, e credo che, con l’aiuto di Dio, la nostra unità sarà possibile: non sarà perfetta perché siamo un popolo imperfetto, ma sarà tale da permetterci di continuare ad aderire ai nostri ideali espressi nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, che afferma l’uguaglianza e la dignità innate di ogni essere umano […]. Gesù ci ha insegnato a costruire la nostra casa di fede sulla roccia dei suoi insegnamenti e non sulla sabbia della nostra inconsistenza. E le fondamenta della roccia, così come ce le rivelano le nostre tradizioni e i nostri testi sacri, mi sembrano essere tre».
Dignità. «Il primo fondamento dell’unità è il rispetto della dignità di ogni essere umano. Come dimostrano le varie religioni rappresentate oggi in questa cattedrale, tutti gli esseri umani sono ugualmente figli dell’unico Dio. Nel discorso pubblico dobbiamo conseguentemente rispettare la dignità di tutti, rifiutando ogni derisione, ogni denigrazione, ogni demonizzazione di chi è diverso da noi, rispettando, confrontandoci con rispetto sulle nostre differenze e cercando un terreno d’intesa ogni volta che è possibile. E se ciò risulta impossibile, rimaniamo naturalmente fedeli alle nostre convinzioni senza disprezzare chi ha le sue».
Verità. «Il secondo fondamento dell’unità è la verità, sia nelle conversazioni private che nei discorsi pubblici. Altrimenti, il nostro atteggiamento contradirebbe le parole delle nostre preghiere. All’inizio sperimenteremmo un falso senso di unità, che a lungo termine non sarebbe abbastanza forte per affrontare le sfide che abbiamo di fronte. Certo, non è sempre facile sapere dove sta la verità. Ma quando lo sappiamo, è nostro dovere darne testimonianza, anche se ci costa».
Umiltà. «Il terzo fondamento dell’unità è l’umiltà, perché siamo tutti esseri umani fallibili. Diciamo e facciamo cose di cui poi ci rammarichiamo. Ed è forse quando siamo convinti, senza ombra di dubbio, di avere assolutamente ragione e che qualcun altro abbia assolutamente torto che siamo i più pericolosi per noi stessi e per gli altri […]. La verità è che, alla fine, siamo tutti solo esseri umani, capaci sia di bene che di male. Alexander Solzhenitsyn diceva che la separazione tra bene e male non è tra Stati, classi sociali o partiti politici, ma attraversa ogni cuore umano. Più diventiamo consapevoli di questa verità, più permettiamo all’umiltà di dominare i nostri cuori e ci apriamo agli altri nonostante le nostre differenze e più ci rendiamo conto che ci assomigliamo più di quanto crediamo. Abbiamo, in realtà, bisogno gli uni degli altri. E più ce ne rendiamo conto, più diamo spazio dentro di noi all’umiltà e all’apertura verso l’altro, al di là delle nostre differenze».
«Pregare e costruire insieme»
Questa la conclusione del vero e proprio sermone, prima dell’accorata «ultima richiesta» rivolta direttamente al presidente (riportata integralmente all’inizio del presente scritto).
«È facile pregare per l’unità nelle celebrazioni solenni. È molto più difficile quando ci confrontiamo con le differenze reali nella nostra vita privata e nel mondo politico. Senza una vera unità, costruiremmo la casa del nostro Paese sulla sabbia. Costruendo invece sulle solide fondamenta della dignità, dell’onestà/verità e dell’umiltà, faremo nostri e realizzeremo, come il tempo presente ci richiede, gli ideali e i sogni dell’America».
«Non so odiare»
Quanto alle accuse di odiare il neopresidente o di essere un’esponente della sinistra radicale, la vescova, rispondendo alla domanda di un giornalista del settimanale Time, si è limitata ad affermare testualmente: «Non chiederò scusa per aver invocato misericordia per gli altri. Non so odiare, mi sforzo di non odiare nessuno e non odio il presidente Trump. Non appartengo nemmeno alla sinistra radicale, qualunque cosa ciò significhi: non è quello che sono».
In un’intervista rilasciata alla Associated Press la vescova ha assicurato che avrebbe continuato a pregare per il presidente, come sua abitudine. «Non condivido molte delle sue idee sulla società americana e su come rispondere alle sfide del nostro tempo. In realtà, sono fortemente in disaccordo, ma credo che possiamo essere in disaccordo senza mancarci di rispetto, esprimendo le nostre idee e continuando a sostenere le nostre convinzioni senza ricorrere alla violenza verbale».
@anima errante. No, la sua ricostruzione si basa su pochi fatti scelti ad hoc, la cui documentazione non è scontata come la dà. Nel caso di MH17, per prendere il primo punto dal suo elenco, le questioni hanno sempre avuto un velo di nebbia. Infatti i lanciatore BUK di fabbricazione sovietica con il quale l’MH17 è stato abbattuto era in possesso dell’esercito ucraino; si suppone poi sia stato rubato dai separatisti, ma fonti olandesi riportano fosse noto che quel lanciatore non era funzionante. Pare che la carlinga dell’aereo presentasse delle rotture, fori, attribuibili a schegge la cui provenienza non era in via così certa attribuibile allo stesso BUK. Quando la commissione di indagine JIT fu in prima istanza creata, volutamente, si esclusero sia Russia che Ucraina dal parteciparvi, questo per l’ovvio motivo che entrambi avevano i medesimi lanciatori ed entrambi avrebbero potuto manipolare o inquinare il risultato delle indagini. Poi l’Ucraina fu aggiunta alla commissione, cosicché la JIT perdette la qualità della parzialità. Credo che nessuno di noi sappia esattamente come le cose siano andate, proprio per questo è necessario usare moderazione, in vicende così complesse. D’altra parte, recentemente, ricorderemo altri casi di missili sparacchiati a destra ed a manca la cui paternità è stata attribuita in modo veloce, ma che di certo non aveva nulla, come ad esempio il missile giunto sulla stazione di Kramatorsk, con sopra scritto “Per i bambini”; di quel missile sappiamo due cose: che la scritta non avrebbe potuto reggere il calore dell’attrito, invece si era mantenuta, e che il missile non era un Iskander, come subito fu dichiarato, ma un Tochka dei quali forse i russi hanno ancora qualche residuato, ma che certamente hanno gli Ucraini. I missili sono stati tracciati satellitarmente nelle loro traiettorie; non risulta che, oltra alla propaganda iniziale, ci sia stato un seguito, forse perché anche le propagande devono avere un limite.
Spero che questa vescova riconosca almeno che portare la pace in Ucraina (questo lo sta facendo Trump, non Biden o Draghi) sia uno dei modi più efficaci di avere “pietà per le persone”. Lo dico più per lei perché i normali cittadini lo hanno già capito perfettamente.
Vabbeh, sembra veramente che la colpa di tutto quello che sta succedendo iqpn Ucraina sia di tutte le parti coinvolte tranne che dei russi e dei loro alleati ( che hanno invaso un paese senza nessun motivo, massacrato gente, represso le confessioni religiose che non fossero gli ortodossi russi, rapito bambini etc)
Certo se uno legge i giornali italiani è come dice lei. Anzi, se uno legge i giornali italiani gli tocca credere anche che “Mosca è a corto di munizioni. I soldati usano le pale come armi” (Open 6 marzo 2023). Oppure “Russia, i chip per i carri armati dagli elettrodomestici?” (Il Messaggero 1 novembre 2022). Oppure “Ecco perché gli ucraini stanno vincendo su tutto il fronte” (La Repubblica 4 ott2022).
A Settembre 2022 gli ucraini avevano sfondato a Kharkiv e a Novembre avevano riconquistato Kherson, e i russi erano effettivamente in difficoltà su tutto il fronte e in carenza di mezzi.
Infatti Putin ordinò una mobilitazione generale di fatto da allora la Russia è in un’economia di guerra, con risorse e strutture sempre più ingenti incanalate nel settore militare, per coprire le immense carenze che vi erano all’inizio dell’invasione.
Comunque non serve leggere i giornali italiani, basta sentire quello che dicono i greco-cattolici ucraini, che stanno soffrendo la persecuzione nei territori occupati e il cui arcivescovo maggiore era nella lista delle persone da eliminare nel caso l’Ucraina fosse stata conquistata.
Che i russi abbiano invaso un paese sovrano è un fatto, che lo abbiano fatto senza motivo è un falso. Chi legge qualcosa di più della Gazzetta dello Sport sa bene che nel conflitto ucraino sono coinvolte sfere di influenza politica, di sicurezza nazionale ed equilibri strategici che era notissimo a tutti non potessero essere ignorati.
La reazione della Russia all’affacciarsi della NATO in quelle aree, con presenza costante dal 2014, nonché esercitazioni sul terreno, era non solo prevedibile ma prevista e dichiarata. Può la Russia accettare possibili installazioni missilistiche nucleari al confine ucraino? Possono gli USA accettare installazioni missilistiche nucleari russe in Messico? La risposta è scontata: no. La crisi di Cuba del ’62 è l’emblema della questione: una superpotenza non può esser messa con le spalle al muro senza che minacci ed agisca una reazione militare.
Poi c’è una questione, probabilmente secondaria, che è la difficile convivenza dei russofoni nelle regioni orientali ed i documetati eccidi di questi ultimi da parte di milizie paramilitari, quando non regolari, infiltrate da simpatizzanti al nazismo come gli Azov e non solo. Se vogliamo negare queste questioni continuiamo a fare disinformazione o meglio l’informazione che ci piace credere e propagare, ma la realtà è ben documentata, basta volerla approfondire.
*documentati eccidi di questi ultimi da parte di milizie paramilitari, quando non regolari, infiltrate da simpatizzanti al nazismo come gli Azov e non solo.*
Teniamo conto che gli Azoviti reclutano tra i russofoni di Kharkiv, quindi questa affermazione già puzza.
Poi uno va a vedere i dati OSCE e vede che i morti dopo il 2015 sono dovuti principalmente a residuati bellici come mine e bombe inesplose, e i reciproci bombardamenti tra militari ucraini e separatisti.
Poi uno scopre dei vari massacri fatti dai separatisti…
Addiruttura gli Azoviti! Caspita, che dignità diamo a questa marmaglia paramilitare che definire destrorsa è poco. Dal 2015 in avanti, dopo Euromaidan, le volontà separatiste delle regioni ad est del Dnepr sono state contrastate violentemente da una costellazione di soggetti le cui capcaità belliche non erano raffrontabili a quelle delle forze separatiste. Fu attivato l’Antiterrorismo (ATO) e ripristinata la Guardia Nazionale (GN), che era una componente di riservisti delle Forze Armate Ucraine dipendente dal Ministero degli Interni, sciolta nel 2000 per motivi di insostenibilità economica. Nell’attuazione della cosiddetta ATO un contributo fondamentale arrivò da milizie “volontarie” costituite da battaglioni di fatto solo parzialmente controllati dalle autorità governative. Tra questi battaglioni, gli Azov, notoriamente infiltrati da componenti naziste che in Ucraina mai si sono venute sopite, tanto che l’eroe nazionale mi pare rimanga Bandera che è un po’ diverso da Garibaldi. Gli Azov hanno commesso innumerevoli atrocità; reclutassero anche tra i russofoni, vero o meno che sia, non fa alcuna differenza. Il punto è che un paese che non ha pieno controllo delle forze armate, questa l’Ucraina dopo gli eventi del 2014, non può essere paragonato alle nostre democrazie e quindi ad i nostri stati di diritto. Dove non esiste stato di diritto ha la meglio il più forte; nella logica del più forte la discriminazione è certa. Che tra il 2014 ed il 2022 in Luhans’k e Donetsk siano morte 13.000 persone lo dice l’ONU, non una combriccola di complottisti o putiniani. Di quei morti nessuno si è mai occupato e preoccupato perché il punto non era salvare vite umane e conciliare, ma usare una nazione scompensata e fragile per obiettivi geopolitici, economici e militari. La solita morale a doppio standard, talmente illogica che anche la propaganda più pervicace non riesce più a sostenere.
13.000 morti, di cui circa 3500 civili e il resto militari. Tra questi:
– i morti del volo MH17, abbattuto da un missile russo ceduto ai separatisti;ù
– le persone uccise a Sloviansk dal leader separatista Girkin, in quanto lui fucilava sul posto tutti i ‘criminali’, tra cui gente che aveva rubato una maglietta e 4 leader pentecostali per puro odio religioso;
– le centinaia di militari ucraini massacrati a tradimento a Ilovaisk da russi e separatisti dopo che si era arresi e avevano accettato di ritirarsi;
– i militari ucraini massacrati a Bebaltseve dai russi e separatisti che avevano continuavano ad assaltare il presidio militare nonostante la tregua fosse in vigore;
– il missile separatista a Mariupol del 2015 che uccise 31 persone.
Comunque le ambizioni autonomiste di Donetsk e Luhansk potevano venir soddisfatte pacificamente nella primavera del 2014, in quanto vi erano trattative tra i leader locali e il governo di Kyiv, che probabilmente avrebbero potuto sfociare nelle stesse concessioni che erano state fatte a Kharkiv. purtroppo il 12 aprile militanti entravano nella regioni dalla Russia, guidate da Girkin, e facevano scoppiare il conflitto militare…
C’è nel mondo uno stato veramente severo con gli immigrati clandestini.
In quel barbaro paese l’immigrazione clandestina è punita con la reclusione da uno a quattro anni e una multa da 10.000,00 a 25.000,00 euro.
Si tratta di una monarchia assoluta elettiva.
È lo stato di Città del Vaticano.
Dico io non sarebbe più civile limitarsi ad espellerli i clandestini?
La lettera di oggi del Papa ai vescovi d’America non lascia dubbi in merito alla posizione della Chiesa Cattolica. La Chiesa non può tacere e rinunciare a difendere il Vangelo, anche contro i più potenti della terra. La risposta data da Trump al Papa aiuta a capire come sia lontano il Presidente USA dal messaggio cristiano.
Perche’ nessun sedicente cattolico ha mai chiesto a Biden :pieta’ per i feti non ancora nati ,fatti a pezzi e venduti da ParentParenthood che lei Presidente ,finanzia ? Perche’ nessun sedicente cattolico ha chiesto a Biden : pieta’ Presidente per i bambini e i ragazzini mutilati per cambiare sesso a 10- 12 anni ?
Evidentemente quello che faceva Non den e l’ amministrazione DEM vi andava bene ! Ne dovrete rendere conto a Dio ,sepolcri imbiancati .
La Chiesa ha sempre condannato queste pratiche, e il papa ha chiamato sia Trump che Harrys male, e li ha definiti contro la vita, quanto ai bambini mutilati per cambiare sesso… Ha visto troppi film dell’ orrore torni alla realtà, rifugga dal complottismo o altre sciocchezze.
Qui si stava parlando di altro: perché dovete sempre fare un unico grande calderone e attaccare “gli altri”?
Ma anche ammesso che si stesse parlando del suo cambio di argomento, e anche ammesso che abbia ragione sul principio, almeno riporti i fatti reali:
1. C’è chi aveva tuonato contro ParentParenthood: O’Malley nel 2015 contro Obama.
2. Non è vero che ParentParenthood vendeva feti (lo dicono i soliti siti reazionari cattolici, ma la notizia è stata smentita: https://www.open.online/2023/07/25/planned-parenthood-traffico-feti-abortiti-produzione-vaccini-fc/
3. In America non si possono operare bambini di 10/12 anni per il cambio di sesso. L’età standard è 18 anni; ci sono rare eccezioni per casi particolari, ma solo dopo percorsi lunghi (www.hrc.org/) e quindi evidentemente non con minori di quell’età.
La vescova Mariann Budde, sposata e madre, è una donna intelligente, preparata, forte e coraggiosa. Altrettanto forte e coraggiosa è la sua Chiesa che, a differenza della chiesa cattolica, non ha paura delle donne e non ha problemi a riconoscere la piena parità uomo-donna, ammettendo, giustamente, il sacerdozio femminile, anche di persone con famiglia e quindi più capaci di comprenderne la realtà. Ammiro questa grande donna e la sua Chiesa.
Interessante riflettere sul fatto che l’Episcopal Migration Ministries (EMM) del vescovo Mariann Budde ha raccolto, nel solo 2023, 53 milioni di dollari dai programmi governativi per il “reinsediamento deli immigrati”.
Possiamo dunque comprendere bene il terrore che questo personaggio provi nei confronti di Trump. Per fortuna degli USA (ma anche nostra) Trump tira dritto per la sua strada mentre la vescova, nella sua casa (valutata almeno 1.6 milioni di dollari) potrà consolarsi in una delle sue numerose stanze.
incredibile: la vescova di Washington DC vive nella sua diocesi, uno dei posti negli USA dove il costo della vita è più alto! Chi lo avrebbe mai detto!
Comunque l’EMM non è una creatura della Budde, ma dell’intera Chiesa Episcopale, che ha diocesi e Chiese sorelle in tutta l’America Latina e il Pacifico, e quindi ha un chiaro interesse anche nell’evangelizzazione nell’accogliere gli immigrati…
e comunque le ricordo che Trump ha fatto picchiare i chierici e i volontari della St John’s Church (nella sua giurisdizione) per farsi una foto con la Bibbia in mano. Ha perciò tutte le buone ragioni per avercela con lui.
NOn penso che tutti i residenti di Washigton vivano in case da 1 milione e mezzo di dollari!!!
Dovremo rendere conto a Dio di tutta la misericordia NON esercitata, di tutte le persone che NON abbiamo accolto, rifocillato, confortato, visitato, ascoltato, aiutato. NON di quante volte siamo andati a Messa, NON di cosa abbiamo creduto o stabilito nei nostri Concili, NON di quant sono bravi e onesti i nostri figli, NON di quanto ci siamo mantenuti puri, NON se abbiamo “protetto il nostro stile di vita, la nostra civiltà e la nostra cultura”. Gente come voi dovrebbe vergognarsi di definirsi “cristiana”.