Nel 2016 l’attuale presidente federale tedesco Steinmeier, allora ministro degli esteri, costituiva presso il ministero il dipartimento “Religione e politica estera”. Una delle ragioni era quella di rendere operativo il potenziale di pace delle religioni per ciò che concerne la convivenza civile e lo sviluppo sociale.
Fin dall’inizio, il dipartimento si è avvalso della collaborazione di rappresentanti delle religioni nel ruolo di consulenti esterni. Dopo quattro anni di fecondo lavoro, si giunse nel 2020 a una impasse a causa delle polemiche legate al coinvolgimento del presidente del Consiglio centrale dei musulmani in Germania, Nurhan Soykan.
A partire dall’estate del 2020 fu congelata la collaborazione di consulenti esterni in rappresentanza delle religioni. Di questi giorni la notizia secondo la quale il ministero degli esteri tedesco, per quanto riguarda il dipartimento “Religione e politica estera”, non intende più ricorrere a consulenti esterni in rappresentanza delle religioni; limitandosi a contatti con organizzazioni religiose e personalità del mondo delle religioni.
Il monaco benedettino N. Schnabel, che è stato consulente del dipartimento, ha espresso una dura critica in merito alla decisione presa dal ministero degli esteri tedeschi: “La religione non è un qualsiasi fattore della società civile, ma il più grande attore socio-civile del nostro pianeta”.
La decisione lascia, in effetti, profondamente perplessi – soprattutto alla luce del ruolo che la religione sta giocando nel conflitto tra Russia e Ucraina; denunciando una miopia preoccupante, oltre all’ignoranza del fattore religioso, da parte della politica e delle istituzioni.
Una situazione che si rispecchia anche a livello di Unione Europea per quanto riguarda l’inviato speciale della Commissione per la libertà religiosa e di credo al di fuori dell’Unione. Dopo una lunga vacanza, era stato nominato a questo incarico, nel maggio del 2021, Christos Stylianides – che, però, dopo breve tempo ha dovuto lasciare questo ruolo perché chiamato a far parte del governo greco.
Da allora, la Commissione europea non solo non ha provveduto a nominare un nuovo incaricato, ma sembra essere calato anche un silenzio indifferente sulla funzione strategica dell’inviato speciale per la libertà religiosa nel quadro della politica internazionale dell’Unione Europea.