Nel più laico e a-religioso paese dell’ex impero sovietico, la Repubblica Ceca, una vigorosa disputa si è accesa attorno ad una colonna di 16 metri con una statua di Maria posizionata sulla piazza della città vecchia di Praga. La cerimonia si è svolta il 16 agosto e la benedizione del monumento è stata fatta dal card. Dominik Duka, arcivescovo della capitale. La colonna, collocata il 4 giugno è stata fatta oggetto di sfregio da un tentativo di incendio il 21 giugno.
La statua della Vergine, con il capo circondato da un’aureola di 12 stelle dorate, ha, alla sua base, quattro angeli, simboli della lotta contro il male. Opera dello scultore Petr Vaňa, riprende l’originale barocco di Jan Jiři Bendl, costruito sullo stesso posto nel 1650 e distrutto nel 1918. Per la sua collocazione funge anche da meridiana.
L’arenaria bianca del manufatto contrasta con il bronzo di un monumento a poche centinaia di metri del riformatore cristiano Jan Hus, eretto nel 1915 in occasione del quinto centenario della sua morte sul rogo nel 1415. Un condensato di storia e di tensioni che vale la pena ripercorrere.
I simboli e le identità perdute
Il monumento originale è – come si è detto – del 1650 e racconta una duplice memoria.
Anzitutto la vittoria del sacro romano impero nella guerra dei trent’anni sul movimento riformista che si rifaceva agli insegnamenti di Hus (il 21 giugno 1621 sulla stessa piazza furono giustiziati 27 leader dell’insurrezione).
In secondo luogo, la vittoria sugli invasori svedesi del 1648.
Considerata dagli hussiti e dai nazionalisti come l’esibizione del potere asburgico e della Chiesa cattolica, la colonna inneggiava all’impero e all’ortodossia confessionale. Quando nel 1918, dopo la prima guerra mondiale, crolla l’impero degli Asburgo, le forze nazionaliste della nuova Cecoslovacchia eliminano il maggior numero possibile di segni del potere precedente, incluso il simbolo della colonna mariana che una folla inferocita e capitanata dallo scrittore Franta Sauer distrugge il 3 novembre 1918. Da quel momento scompare la colonna ma non la statua di Hus.
Dopo il crollo del regime comunista nel 1989 e la «rivoluzione di velluto», si avviano iniziative per ricostruire la colonna. Nel 2013 l’amministrazione cittadina di B. Svoboda decide di rinnovarla per affermare la multiculturalità della città. La successiva amministrazione fa marcia indietro. La questione è riproposta nel 2017. La società per il restauro della colonna ottiene il permesso, ma non riesce a portare a termine l’impresa. Nel 2019 arrivano 200 pezzi di cui si compone il monumento, ma senza possibilità di innalzarlo. Si giunge così a gennaio 2020 quando una maggioranza dell’amministrazione cittadine accende di nuovo la luce verde.
Hus e Maria
Il 15 agosto 2020 mentre una folla, coi vestiti tradizionali, festeggia in piazza il monumento rinato assieme ad alcune personalità politiche come l’ex ministro degli esteri K. Schwarzenberg e l’ex ministro della difesa A. Vondra, poco distante gli oppositori manifestavano con cartelli dal tono «Praga non è il Vaticano» e «colonna della vergogna».
Il card. Duka ha chiamato alla riconciliazione delle memorie e ha moralmente chiuso il cerchio: dalla soluzione condivisa relativamente alla gestione della cattedrale col governo (che resta il proprietario) avviata all’inizio del suo ministero nel 2010 alla riproposta della colonna mariana nella piazza vecchia sul finire del suo servizio. Per gli oppositori essa rappresenta un’intollerabile pretesa di ri-cattolicizzare il paese. La Chiesa hussita aveva chiesto di sostituire la statua di Maria con quella di Gesù e gli ambienti ecumenici ipotizzavano la collocazione della colonna in un sito meno carico di memorie e di polemiche.
Un divertito commento di M. Svehla è uscito come editoriale su Respekt in cui rileva la sorprendente riemersione dei discendenti filo-hussiti e filo-asburgici dall’oblio della storia e la presunta costatazione che J. Hus, dal suo angolo di piazza e guardando Maria, abbia accettato «questa nuova collaborazione, come dovrebbero fare i suoi eredi».
Conosco benino Praga e la sensibilità – areligiosa, se non proprio apertamente irreligiosa, e certamente acattolica – di molti praghesi. Se la chiesa cattolica in quel Paese vuol continuare a fare clamorosi autogol simbolici – e, temo, autolesionisticamente gratuiti – ha imboccato la strada giusta. Concordo con don Egizio.
diversa cultura architettonica rispetto all’Italia: a Praga anche la chiesa “medievale” dove predicava Hus, la cappella di Gerusalemme, è stata costruita nel 1950 circa sul luogo dove si trovava l’originale, scomparso da secoli. Il centro di Varsavia, totalmente sparito nel 1945 è stato ricostruito non com’era nel 1939, ma com’era nei dipinti di Bellotto nel Settecento! Allora ricostruite anche l’ala del municipio, sulla stessa piazza Vecchia, Staromesti, che è bruciato nel 1942 o giù di lì. Allora però che fare col monumento (ingombrantino) di Hus del 1915 (alternativo alla colonna)? Non mi convince tanto la ricostruzione dal nulla di monumenti scomparsi. Che stato scegliere? I monumenti architettonici e gli spazi evolvono: se si ricostruiscono bisogna scegliere arbitrariamente un’epoca, è un falso arbitrario.
don Egizio Salomone