…per parafrasare con un minimo di garbo l’Amleto di Shakespeare davanti all’annuncio del governo di Copenaghen di voler introdurre una legge che obbliga a tenere ogni predica o discorso tenuto in un contesto liturgico delle comunità religiose presenti nel paese in lingua danese – o di renderlo disponibile in essa.
Il presidente della COMECE, card. Hollerich, ha immediatamente espresso la sua grave preoccupazione per una scelta che va a minare in radice la libertà religiosa all’interno dell’Unione Europea: “Come presidente della COMECE desidero esprimere la mia preoccupazione per la proposta legislativa che verrà presto discussa in Danimarca nella quale si richiede che ogni sermone o discorso tenuto in un contesto religioso (liturgico) deve essere in danese o resa accessibile in tale lingua. Di fatto, l’esito sarebbe quello di imporre un impedimento sproporzionato per ciò che concerne il diritto fondamentale della libertà di religione”.
Per Hollerich non si tratta di un evento isolato, ma piuttosto di un passo che rientra all’interno “di una tendenza più ampia e in crescita di non osservanza del diritto fondamentale della libertà religiosa negli stati membro dell’Unione Europea e anche a livello delle Corti dell’Unione Europea”.
Se lo scopo della proposta di legge è quello che prevenire la radicalizzazione delle comunità religiose (leggi: riuscire a controllare maggiormente quelle musulmane in cui liturgia e predica sono in arabo), l’esito sarebbe quello di mettere ine strema difficoltà le piccole comunità religiose, composte in prevalenza da immigranti, che non avrebbero a disposizione i mezzi finanziari per ottemperare alla richiesta di legge. In altre parole, sarebbe discriminatoria nei confronti delle minoranze presenti in Danimarca.
La parrocchia luterana di Copenaghen, attraverso la pastora R. Scheepers, si è detta scioccata dalla proposta di legge e ha annunciato di voler continuare a tenere le liturgie in lingua tedesca.
Forse non è solo in Danimarca che c’è qualcosa che non va a riguardo del rispetto effettivo della libertà religiosa, ma più ampiamente in tutti i paesi dell’Unione Europea – in contraddizione con il suo programma di anti-terrorismo in cui si afferma che essa rientra tra i pilastri fondativi dell’Unione stessa. Diventa sempre più evidente sia un analfabetismo costituzionale dei soggetti politici e burocratici dell’Unione e degli stati membro rispetto alla declinazione legislativa della libertà religiosa, sia una sua tendenziale derubricazione ad elemento accessorio nella configurazione dello spazio pubblico.
Davanti all’intransigenza con cui si affermano i nuovi diritti umani, si dimentica che l’erosione di quelli fondamentali mina l’intero impianto costituzionale dello stato di diritto che salvaguarda la nostra libertà di cittadini.