L’ultima decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena di canonizzare sedici ecclesiastici come confessori della fede ortodossa durante gli anni del comunismo, nell’ambito delle celebrazioni per il 2025 centenario del Patriarcato romeno, ha scatenato una forte agitazione nella società civile romena.
Alcuni di questi nomi − p. Dumitru Stăniloae, p. Liviu Galaction Munteanu, p. Arsenie Boca, p. Sofian Boghiu, p. Ilarion Felea, p. Ilie Lăcătușu, p. Gherasim Iscu − hanno sostenuto o espresso idee fasciste e antisemite durante gli anni tra le due guerre o dopo la loro incarcerazione durante il comunismo.
L’intero processo di canonizzazione ha avuto una lunga storia segnata da controversie, disaccordi tra i vescovi e rinvii a catena. Inizialmente, una lista di venticinque nomi di ecclesiastici proposti per la canonizzazione come confessori della fede durante il comunismo circolava tra le comunità ortodosse come il segreto di Pulcinella. I nomi sono stati suggeriti da ogni vescovo ortodosso della Romania, senza la partecipazione di laici, monaci o sacerdoti regolari. Con notevoli eccezioni (p. Ilie Cleopa e p. Arsenie Boca), i futuri santi non suscitano alcuna pietà ortodossa, e la maggior parte dei fedeli comuni e del clero regolare ignora chi siano.
Le contraddizioni del patriarca Daniel
Con i dibattiti in corso sui criteri di canonizzazione, il patriarca Daniel ha rilasciato due dichiarazioni, tra cui una il 4 luglio 2019, in cui chiarisce che il nazionalismo non dovrebbe costituire una lente analitica nel plasmare le agiografie ortodosse. In un’altra, il 28 ottobre dello stesso anno, ha rinviato la pratica di canonizzazione di p. Arsenie Boca (1910-1989) senza alcuna motivazione.
La decisione sorprese allora le comunità ortodosse della Transilvania, poiché p. Arsenie era l’unico santo che godeva di devozione tra la base ortodossa. Cinque anni dopo, l’11 luglio 2024, su richiesta del patriarca Daniele, il Sinodo metropolitano di Muntenia ha approvato la canonizzazione di tre nuovi santi: P. Arsenie Boca del monastero di Prislop, P. Ilie Lăcătușu e P. Constantin Sârbu.
Lăcătușu e Sârbu erano praticamente sconosciuti al di fuori di Bucarest. Inoltre, tutti e tre gli ecclesiastici simpatizzavano o erano membri del movimento fascista romeno, la Guardia di Ferro. Il giorno seguente, il Santo Sinodo di Bucarest ha approvato sedici nomi per la canonizzazione, compresi quelli proposti dal patriarca Daniel.
Le recenti azioni del patriarca Daniel contraddicono le sue dichiarazioni del 2019 sul ruolo del nazionalismo nel confezionare nuove agiografie e sulla canonizzazione di p. Arsenie Boca, un ieromonaco sconsacrato alla fine degli anni Cinquanta ed escluso dal monachesimo per presunta disobbedienza, immoralità ed eterodossia.
Il ruolo dei vescovi nel processo di canonizzazione risale al 1952, quando p. Liviu Stan (1910-1973), ex ecclesiastico fascista, elaborò i principi per la canonizzazione dei santi nella Chiesa ortodossa romena. Questi principi affidavano la decisione su chi dovesse essere riconosciuto come santo esclusivamente ai vescovi.
La storia occultata
Durante l’attuale processo, la selezione dei potenziali candidati alla canonizzazione spettava ai vescovi, che hanno basato le loro proposte sulle competenze degli storici interni della Chiesa ortodossa. Nel loro tentativo di ricostruire le vite dei santi a partire da fonti primarie e secondarie, questi «esperti» hanno interpretato le fonti in modo selettivo, privilegiando gli aspetti agiografici a scapito di dettagli rilevanti riguardanti l’attivismo politico e antisemita, in un deliberato processo storiografico di occultamento della verità dei fatti.
Nel decidere se i fascisti dovessero essere considerati santi, i vescovi hanno votato senza avere una conoscenza informata di cosa fosse il fascismo o nonostante fossero consapevoli che alcuni futuri santi erano fascisti.
Mentre la notizia delle canonizzazioni ha ricevuto ampi consensi dagli intellettuali di destra e dai circoli fondamentalisti, la maggior parte del clero e dei laici è rimasta in disparte. In una lettera aperta indirizzata al Santo Sinodo, l’Istituto nazionale per lo studio dell’Olocausto in Romania «Elie Wiesel» ha sollevato dubbi sul passato fascista di tre nuovi santi (Stăniloae, Lăcătușu e Felea). Nella sua risposta, il Patriarcato romeno ha rifiutato qualsiasi coinvolgimento pubblico nelle decisioni del Santo Sinodo in materia di fede, pur ammettendo tacitamente che alcuni dei nomi presenti nella lista hanno un passato problematico. La lettera prosegue affermando che questi ecclesiastici si sono pentiti del loro attivismo fascista durante la loro vita.
Mentre la loro fedeltà fascista e le loro diatribe antisemite sono diventate pubbliche, non ci sono però documenti che attestino tali casi di pentimento pubblico. Dopo il 1990, alcuni di loro continuarono a sostenere posizioni fasciste come quelle manifestate negli anni tra le due guerre.
Dieci mesi prima della sua morte, il 19 gennaio 1993, coerentemente con le sue idee del 1937, p. Dumitru Stăniloae dichiarò nella pubblicazione neo-legionaria Gazeta de Vest: «Il sacrificio di questi coraggiosi ragazzi [i comandanti legionari Moța e Marin, deceduti in Spagna durante la guerra civile combattendo come volontari al fianco delle forze del generale Franco] è il dono offerto a Dio dalla nazione romena, dotata dal Creatore di una spiritualità superiore, che può servire da modello per altri paesi e aiutarli a progredire verso un livello morale superiore. Con la sua bontà, Cristo è vivo e presente nell’Ortodossia della nostra nazione, a differenza del mondo occidentale separato da Dio, come si può vedere nell’invalidità dei loro Santi Sacramenti considerati prodotti della grazia creata. Questo è il motivo per cui molte denominazioni cristiane non hanno sacramenti validi, generando così tutte le filosofie atee dell’Occidente, culminate con l’avvento del comunismo».
Un nuovo clerico-fascismo?
Le recenti canonizzazioni hanno lasciato una serie di domande senza risposta da parte del Santo Sinodo e del Patriarcato. Il Santo Sinodo non ha chiarito se un ex fascista o un convinto antisemita, sia del clero che dei laici, indipendentemente dall’età in cui è vissuto e dallo stato di santità in cui è morto, possa essere scelto per la canonizzazione. Se qualcuno è stato processato e imprigionato per accuse politiche e non per aver difeso la fede ortodossa, può essere considerato un confessore della fede o un santo martire?
Rimane poco chiaro il motivo per cui il patriarca Daniel abbia legittimato le rivendicazioni delle voci fondamentaliste e neofasciste all’interno dell’Ortodossia romena, che già da decenni si battevano a favore della canonizzazione dei fascisti morti nelle carceri comuniste come martiri-santi ortodossi. In alcuni casi, i documenti della polizia segreta rivelano posizioni inquietanti per i candidati alla canonizzazione che hanno informato la polizia segreta comunista su altri candidati alla canonizzazione: come accaduto nel caso di p. Stăniloae (Văleanu Ion il suo nome in codice della Securitate) su p. Arsenie Boca.
Lungi dall’essere concluso, il dibattito pubblico che ha accompagnato le recenti canonizzazioni della Chiesa ortodossa romena dovrebbe lasciare il lettore occidentale rattristato. La Chiesa ortodossa romena si è gettata oltre la sfida del fascismo contemporaneo e del suo passato fascista imboccando una pericolosa traiettoria illiberale che, invece di condannare il clerico-fascismo, ne ha fatto una parte costitutiva della sua agiografia. Inoltre, è triste vedere come il Patriarcato romeno abbia usato il nome di p. Stăniloae, uno dei più influenti teologi ortodossi del XX secolo, per legittimare gli altri nomi della lista.
- Pubblicato sul sito Public Orthodoxy il 30 luglio 2024 (originale inglese qui).