La Chiesa ortodossa rumena vive un duplice sviluppo: una spinta identitaria all’interno e una espansiva legata ai processi delle migrazioni. Ambedue assai evidenti nelle decisioni prese dal sinodo dei vescovi il 29 e dal parlamento il 20 febbraio.
Quest’ultimo ha approvato quasi all’unanimità un progetto di legge che, secondo i desideri del patriarca Daniel, indica il 2025 come anno nazionale per il centenario del patriarcato rumeno. La Chiesa ortodossa aggiunge a quella memoria una seconda ricorrenza: i 150 anni dal riconoscimento dell’autocefalia e la memoria dei padri spirituali e dei martiri del ventesimo secolo.
I vescovi hanno deciso di aprire un’eparchia (diocesi) in Gran Bretagna e una seconda in Irlanda-Islanda, di affermare l’autonomia della Chiesa dai partiti, di approvare alcuni importanti testi liturgici, di definire meglio i controlli sui flussi finanziari stato-Chiesa e di dare forma giuridica (metropolia) alle comunità di radice rumena attive nelle Chiese ortodosse della Moldavia (Bessarabia) e dell’Ucraina.
L’espansione in Occidente è legata alle massicce emigrazioni. Solo in Gran Bretagna i rumeni sarebbero oltre un milione e Londra la terza città per abitanti rumeni dopo Bucarest e la capitale della Moldavia (Chişināu).
Lo spirito ecumenico scompare
Le decisioni relative alla politica e all’amministrazione rispondono ai gravi problemi e agli scandali esplosi (cf. qui)) negli ultimi anni e che hanno messo in difficoltà la Chiesa, mentre si sta ultimando la faraonica cattedrale collocata di fronte al parlamento.
Il crescente potere ecclesiastico nelle istituzioni è accompagnato dall’emarginazione delle minoranze cristiane (a partire dai cattolici) e dei musulmani. La spinta ecumenica sembra esaurita, mentre la si chiede e la si trova nella diaspora.
L’espansione esterna come le nuove due diocesi, che si aggiungono alle 10 già operanti, non trova difficoltà in Occidente, mentre le metropolie in Moldavia e in Ucraina si scontrano con le pretese, canonicamente corrette, delle Chiese ortodosse: quella filo-russa della Moldavia e quella autocefala dell’Ucraina (Epifanio). A difesa della Chiesa ucraina non autocefala è intervento pesantemente il sinodo della Chiesa russa.
In Moldavia l’egemonia della Chiesa filo-russa è stata scossa dal consenso di Cirillo alla guerra di invasione verso l’Ucraina e dal fondato timore che, in successione, sarebbe toccato alla popolazione moldava, già provata dall’indipendenza di fatto della provincia della Transnistria, amministrata in toto da Mosca. La presenza di una forte base militare russa renderebbe rapida l’occupazione.
Il ceppo russo e rumeno della popolazione si è integrato, ma le radici riemergono quando il controllo politico si allenta e la spinta verso occidente si rafforza. Così la Chiesa filo-russa di Vladimir ha lanciato un allarme per impedire che le parrocchie, e soprattutto i preti, passassero alla metropolia di lingua e tradizioni rumene.
Alle divergenze dirette fra i due vescovi (Vladimir e Pietro) si è aggiunta l’irritazione dei filo-russi verso Mosca, espressa in una lettera decisamente drastica di Vladimir (cf. qui) e l’incertezza di una parte significativa del clero che passerebbe alla Chiesa romena senza dover transitare dall’attuale dirigenza della metropolia di Pietro.
In una recente lettera (6 marzo) del vescovo Vladimir al patriarca Daniel si chiede un dialogo costruttivo. In un contesto di scontro politico (filo-occidentali e filo-russi), il vescovo denuncia le discutibili ragioni di alcuni preti di passare all’obbedienza rumena: il salario assicurato dallo stato rumeno, la difficoltà a gestire le parrocchie, la disobbedienza. Essi violano i canoni che reggono l’ortodossia e trovano piena legittimazione nella diocesi di Bessarabia. Essa – sottolinea – diventerà un’idrovora insaziabile delle risorse del patriarcato rumeno. Restaurare l’ordine canonico garantirebbe la pacificazione necessaria.
Etnofiletismo
Anche da parte della Chiesa autocefala ucraina di Epifanio non si nasconde l’irritazione. È illegittimo che Bucarest impianti diocesi in territorio canonicamente già coperto dalla Chiesa autocefala, riconosciuta dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Tanto più che la Chiesa ha già provveduto a erigere un vicariato ortodosso rumeno all’interno delle sue strutture.
I preziosi aiuti ai profughi ucraini non giustificano la violazione dei canoni. Espandersi per via etnica significa cadere nell’etnofiletismo, nella pretesa di far coincidere la Chiesa con una etnia.
Sorprende il silenzio della Chiesa ucraina non autocefala. Al suo posto – immagino con irritazione da parte di Onufrio – è intervenuto il sinodo di Mosca (12 marzo) che contesta «con profondo rammarico» le decisioni del patriarcato rumeno. Esse «comporteranno inevitabilmente gravi conseguenze, sia per le relazioni bilaterali delle Chiese ortodosse russa e rumena, sia per l’unità della Chiesa ortodossa nel suo insieme». Il passaggio dei preti moldavi alla diocesi di Bessarabia è illegittimo, senza il permesso di Vladimir.
Il sinodo dà mandato al vescovo Antonio, presidente del dipartimento delle relazioni estere, di approfondire la questione e di proporre decisioni operative.
Gli scontri fra le Chiese ortodosse si stanno moltiplicando e condizionano pesantemente il già difficile percorso ecumenico, indebolendo la testimonianza cristiana nel suo insieme.
Caro autore,
mi rammarico che esistono ancora persone che lei che scrivono senza sapere la storia. Non pretendo che tutti sappiano la storia della Moldavia, ma almeno fare delle semplici ricerche su google, sarebbero di dovere.
L’ortodossia russa nasce dopo 980 (la conversione). Fino in quel tempo e dopo sul territorio della Moldavia ci sono stati delle diocesi, delle strutture, dei santi ecc. che non avevano niente a che fare con l’ortodossia russa.
Dovrebbe studiare quando l’ortodossia russa e entrata in Moldavia e quando ha istituito delle diocesi.
E un’ultima cosa … le diocesi di oggi che appartengono al Patriarcato di Mosca, dovrebbero parlare e celebrare solo in russo non in “moldavo” (lingua che ha 95% di parole romene).
Buon studio e che abbia almeno il buon senso (se c’è la) di cancellare l’articolo, li farebbe solo onore.