In conformità ai canoni ecclesiastici e «sulla base della 25a regola dei Santi Apostoli, il prete Alexis Uminsky è interdetto (dal servizio ecclesiale) per il rifiuto di assentire alla benedizione patriarcale e di leggere la preghiera per la gloria della santa Russia durante la divina liturgia». La sentenza del tribunale ecclesiastico di Mosca è del 13 gennaio e costringe al silenzio una voce importante nel clero moscovita.
Da trent’anni Uminsky è rettore della chiesa titolata alla santa Trinità di Khokhly, al centro della città, luogo di rifugio per molti credenti e uomini in ricerca, motore di molte attività sociali e caritative.
Lo stesso tribunale aveva privato del sacerdozio Joann Koval. Il segretario del collegio giudicante (5 arcipreti) è A. Mironov, rettore della chiesa collocato dentro l’edificio dei servizi segreti (FSB).
Uminsky si aggiunge all’elenco dei resistenti (cf. SettimanaNews, qui). Il suo processo ha scatenato molte reazioni. Sono già più di 11.000 le firme per una lettera aperta al patriarca Cirillo. In essa si ricorda lo straordinario lavoro evangelizzante del rettore. I suoi libri, sermoni, articoli riconciliano le persone con la fede ortodossa. Il suo lavoro sociale va dalla cura dei morenti ai “senza fissa dimora”, dai prigionieri all’hospice, dai bambini ai “dissidenti”.
«Il decreto che impedisce al p. Alexis di celebrare priverà del sostegno spirituale migliaia di persone. Per molti credenti è una vera tragedia, come per i piccoli pazienti dell’ospedale, per centinaia di prigionieri e migliaia di “barboni”».
Non si affronta il male sul suo terreno
In un’intervista all’Eco di Mosca ha detto: «Con questa guerra nessun popolo diventerà migliore o più intelligente o più generoso. Niente di tutto questo». E ha aggiunto: «Ci sono chiese dove i preti cercano di non parlare troppo di spirito di combattimento, pregando più per la pace che per la vittoria. I fedeli ortodossi dovrebbero cercare questi preti che capiscono come ogni vittoria è una vittoria di Pirro. Essi condividono le stesse idee, consolano i penitenti e aiutano a risolvere i problemi della guerra».
Da tempo il prete era nel mirino. Tre anni fa l’emittente televisiva del patriarcato (Spass) lo aveva definito “criminale in tonaca” per aver chiesto alle autorità di consentire ai medici di visitare il noto oppositore Alexeij Navalny.
È conosciuta la sua diffidenza per la vicinanza della Chiesa rispetto al potere putiniano. «È un problema che ereditiamo da Bisanzio, quando l’imperatore Giustiniano parlò di “sinfonia” fra il potere, lo stato e la Chiesa. L’idea ha attraversato il tempo della monarchia russa, anche se non si è mai compiutamente realizzata. Oggi siamo in una situazione sorprendente. La Chiesa è separata dallo stato per la prima volta e, in teoria è per la prima volta libera nella sua azione, ma è una libertà che essa non utilizza. Non ha alcuna esperienza per farlo».
Si potrebbe indicare la posizione ecclesiale di Alexis Uminsky come “post-sinfonica”. «Durante una riunione ho sentito dire che la Chiesa russa aveva mancato di adempiere la propria missione storica nel XIX secolo nel paese, perché avrebbe dovuto denunciare la schiavitù (dei contadini)…
Ma la Chiesa non ha una missione intra-storica. Non deve lottare contro la schiavitù, né contro il sistema politico. La Chiesa non ha alcun fine storico e politico. Oso dire che la Chiesa non deve “lottare” contro il male perché fallirà sempre. Forse sono affermazioni bizzarre, ma il fine della Chiesa non è lottare contro l’aborto, la criminalità, la tossicodipendenza, il matrimonio omosessuale. Per una semplice ragione: essa non “combatte” il male, essa di “oppone” al male… dobbiamo renderci conto che non si resiste al male usando gli stessi strumenti del male.
Non si resiste alla menzogna usando la menzogna, all’aggressione con l’aggressione, all’insulto con l’insulto. La resistenza al male non può avvenire sullo stesso territorio del male. Lottare contro il male sui suoi stessi percorsi è impossibile. È “normale” per la politica, ma per la Chiesa è impossibile…
Il fine della Chiesa è Cristo e il suo Regno. Per questo noi preghiamo per i credenti “Dona loro qualcosa del cielo non della terra, dell’eterno non del temporale, del solido piuttosto che del deperibile”. La nostra lotta contro il male è una testimonianza di vita pura, che Dio è amore e luce, che in Lui non c’è oscurità. La Chiesa manifesta questa verità e questa verità libera la gente dal male».
La sentenza del tribunale ecclesiastico moscovita ha spento una voce profetica e il patriarca ha designato come nuovo rettore della chiesa titolata alla santa Trinità di Khokhly l’arciprete Andry Tkachyoy, noto per il suo sostegno incondizionato all’invasione dell’Ucraina.
Una storia di ordinaria miseria foriera di una semplice verità: quanta tenebra giace nell’animo di Cirillo
Allacciandomi alle parole di Pietro: la luce non combatte le tenebre…… sè consideriamo la realtà odierna mi sembra che la luce viva uno status di caporetto ….. ma aggiungo che noi persone di fede oltre a camminare cerchiamo instancabilmente di combattere portando la luce(persuasiva del vangelo) dove luce non c è
mario
Non serve combattere. Bisogna amare. E solo Dio può sapere fin dove potrà agire un gesto d’amore fatto nel nome di Gesù. Sarà un gesto d’amore cristiano a salvare il mondo. Ne sono certo.
Lascia sempre di stucco l’aver inserito il matrimonio omosessuale nell’ambito del male insieme a tossicodipendenza e altre amenità. Ma parliamo di un prete russo… Ma detto questo concordo con il concetto espresso. La chiesa non deve combattere il male allo stesso livello. La luce non combatte le tenebre. Le basta brillare e il buio è già sconfitto. Non deve fare altro che brillare e ha già fatto il suo dovere.