Il 21 dicembre scorso, il sito russo indipendente Meduza ha pubblicato un articolo che riprende un’inchiesta condotta dal team investigativo di Alexey Navalny sulla corruzione nelle alte sfere del potere russo e che getta anche un’ombra sull’efficacia delle sanzioni occidentali contro gli oligarchi e gli uomini di vertice del regime di Vladimir Putin.
L’articolo è titolato ironicamente “Un’umile moglie di un militare. Come un alto ufficiale dell’esercito russo ha trasformato la miseria di Mariupol in uno stile di vita lussuoso per la sua consorte”.
La storia ruota attorno a Svetlana Ivanova, una nota protagonista del jet set russo. Nel 2009, subito dopo il divorzio dal suo primo marito, il ricco uomo d’affari Mikhail Maniovich, la signora ha sposato l’attuale viceministro della Difesa russo Timur Ivanov.
Negli anni successivi, Ivanov si è distinto per la supervisione dei contratti di costruzione del Ministero della Difesa e, ultimamente, si è occupato della ricostruzione di Mariupol, la città martire ucraina quasi completamente distrutta dal lungo assedio russo. Secondo quanto scoperto dagli investigatori di Navalny, la “ricostruzione” avrebbe fruttato uno stile di vita “spettacolare” alla signora Ivanova.
La scorsa estate, prima delle sanzioni dell’UE contro Ivanov, Timur e Svetlana hanno divorziato, ma la sola conseguenza pratica del divorzio è stata che il cosiddetto ex marito non può mettere piede in Europa, mentre lei può continuare a viaggiarvi liberamente.
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Meduza scrive che “Il Team di Navalny ha basato la sua indagine su 8.000 e-mail trapelate, inviate e ricevute da Svetlana Ivanova nell’arco di 12 anni e contenenti una ricca (in tutti i sensi) documentazione della sua vita sociale, dei suoi acquisti, dei progetti di costruzione e delle transazioni immobiliari, del noleggio di yacht, dell’antiquariato e del collezionismo di gioielli. Le e-mail contengono progetti, fatture e migliaia di foto”.
Dal 2010, la coppia trascorre ogni agosto in Costa Azzurra, affittando ville e yacht lussuosi. Secondo quanto scoperto dagli investigatori del team Navalny studiando la corrispondenza dal 2013 al 2018, la coppia di sposini spendeva non meno di 850.000 euro solo per gli affitti a Saint-Tropez e altri 250.000 euro per il noleggio di yacht.
Nel 2011, gli Ivanov hanno acquistato una Rolls-Royce Corniche del 2001, intestandola a una società lussemburghese. L’auto aveva un prezzo di 120.000 euro, a cui se ne sono aggiunti altri 75.000 per ammodernarla e rifinirla secondo i gusti della coppia. All’epoca, la dichiarazione giurata di Timur Ivanov depositata per stabilire il mantenimento dell’ex moglie asseriva che il suo reddito mensile era di 112.000 rubli al mese, ovvero 1,3 milioni di rubli all’anno, ovvero circa un quarto del costo della Rolls-Royce.
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Alla signora Ivanova piacciono i bei vestiti: risulta, per esempio, l’acquisto di abiti di Dolce & Gabbana per un prezzo compreso fra 52.000 e 94.000 euro. “Le piacevano anche i gioielli: uno degli anelli che ha acquistato costava 104.000 dollari”. Nel 2018, per festeggiare il suo compleanno a Istanbul, la signora Ivanova ha speso 178.000 euro.
Secondo il Team Navalny, la Ivanova ha speso più di 109 milioni di rubli (circa 1,5 milioni di dollari) solo nel 2020. Novanta milioni sono stati destinati all’acquisto della quota dell’ex marito nel loro appartamento nell’iconica via Povarskaya di Mosca. Ma le proprietà immobiliari della coppia non finiscono qui.
Oltre a questo appartamento (e ad una villa fuori Mosca), gli Ivanov possiedono anche un palazzo del XIX secolo in via Prechistenka a Mosca. Sulla carta, la casa di Mosca appartiene alla “Federazione Russa” e la villa a una società di proprietà dell’autista personale di Ivanov. Lo stesso autista “possiede” anche la Rolls-Royce Ghost e la Mercedes classe G degli Ivanov.
I conti di Svetlana Ivanova, che si tratti di gioielli o di ristrutturazioni, sono spesso pagati da altre persone e società, fra cui Olimpsitistroy, un importante appaltatore del Ministero della Difesa, attualmente impegnato nella costruzione di nuovi edifici per appartamenti a Mariupol.
Casualmente, una delle società collegate a Olimpsitistroy paga anche le bollette della Ivanova ed è proprietaria di una villa di circa 3.000 metri quadrati nella regione di Tver, di cui è stata la stessa Ivanova ad approvare i progetti dell’architetto per la sua costruzione.
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In passato, la Ivanova aveva la cittadinanza israeliana e, insieme al primo marito, possedeva un appartamento a Tel-Aviv. Nessuno dei suoi figli adulti vive in Russia. Nel marzo 2022, poco dopo l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, la Ivanova si è recata in Francia per visitare la figlia e poi il figlio nel Regno Unito. Durante il viaggio, ha acquistato alcuni gioielli da Joel Arthur Rosenthal e alcuni vestiti nuovi da Prada.
L’estate scorsa i coniugi Ivanov hanno divorziato, ma solo sulla carta: le e-mail della signora Ivanova non mostrano alcuna prova dell’effettiva separazione della coppia. La mossa si è rivelata astuta: a ottobre Timur Ivanov è finito sotto le sanzioni dell’UE, ma la sua “ex” consorte no, tanto che a dicembre, solo poche settimane fa, pare abbia fatto nuovamente visita alla figlia in Francia, cogliendo l’occasione per rinnovare il guardaroba.
Questa vicenda mostra come sia sufficiente un banale escamotage, come un finto divorzio, per aggirare le sanzioni ad personam adottate – oltretutto, con grande ritardo – dall’Unione Europea nei confronti degli uomini del potere russo.
La famiglia Ivanov è legata da una forte amicizia con quella del portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, anche lui soggetto alle sanzioni europee. Non è da escludere, quindi, che presto verremo a conoscenza del “divorzio” fra Peskov e la moglie, signora Tatiana Navka.
Quelli nati in Russia li chiamiamo oligarchi, perchè un russo pieno di soldi deve essere per forza cattivo. Se sono nati in America invece, miliardari o persino filantropi, ma probabilmente loro- e le rispettive mogli, fanno le stesse cose.
Come l’uragano statunitense e il ciclone asiatico due termini diversi per indicare più o meno la stessa cosa.
L’uragano è un termine più nobile e tremendo, perchè uccide persone del primo mondo. Del ciclone in Indonesia non gliene frega -quasi- niente a nessuno.