Russia: non nominare la pace invano

di:
john koval

P. Joann Koval, già prete del Patriarcato di Mosca

Lo scorso 11 maggio, il sacerdote russo Joann Koval, pastoralmente attivo nella parrocchia di Sant’Andrea, nel vicariato di Ljublino, uno fra quelli della diocesi moscovita (guidati da un vescovo ausiliare), è stato ridotto allo stato laicale da un tribunale ecclesiastico per avere modificato una parola nella «preghiera per la santa Rus’» scritta dal Patriarca Cirillo il 25 settembre 2022.

Sulla vicenda offre un’ampia informazione Sergei Chapnin (qui nell’originale inglese sul sito Public Orthodoxy), già direttore della rivista del Patriarcato, netto oppositore rispetto alla guerra in Ucraina e oggi operante alla Fordham University (USA). Sua una lettera aperta ai vescovi russi per denunciare la loro ignavia (cf. qui). Riprendiamo qui la «preghiera per la santa Rus’» in cui Joann Kowal ha cambiato il termine «vittoria» con il termine «pace».

Signore Dio della forza, Dio della nostra salvezza, guarda con misericordia al tuo umile servitore, ascolta e abbi pietà di noi. Ecco, coloro che combattono contro la santa Rus’ sperano di dividere e distruggere il nostro popolo.

Sorgi o Dio per aiutare il tuo popolo e donarci la vittoria con la tua potenza. Vieni dai tuoi figli fedeli, difensori dell’unità della Chiesa russa, rafforzali nello spirito dell’amore fraterno e liberali dai pericoli. Impedisci coloro che tirano a sorte la tua veste, oscurando le menti e indurendo i cuori, che minacciano la Chiesa del Dio vivente. Rovescia i loro piani.

Con la grazia del tuo potere guidaci ad ogni bene e arricchisci la nostra saggezza! Conferma i soldati e tutti i difensori della nostra patria nei tuoi comandamenti. Invia loro la forza dello Spirito, salvali dalla morte, dalle ferite e dalla prigionia! Quanti sono privi di riparo e in esilio, ospitateli nelle case, nutrite gli affamati, fortificate e guariti gli ammalati e i sofferenti, date buona speranza e conforto a coloro che sono confusi e doloranti! Concedi (o Dio) il perdono dei peccati a tutti gli uccisi di questi giorni, morti per ferite o malattie. Concedi loro il riposo beato!

Aumenta la nostra fede in Te che sei speranza e amore, garantisci la pace e l’unità di tutti i paesi della santa Rus’. Rinnova nel tuo popolo l’amore reciproco, confessando Te, unico Dio nella Trinità gloriosa, a una sola voce e con un solo cuore. Tu sei intercessione, vittoria e salvezza per coloro che confidano in Te e noi eleviamo gloria a Te, al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen

A Mosca erano relativamente poche le persone che conoscevano p. Joann Koval prima del febbraio 2023. Originario di Luhansk, in Ucraina, si è trasferito a Mosca e si è diplomato presso la famosa Scuola centrale di musica del Conservatorio statale di Mosca «Tchaikovsky». Ha ricevuto una formazione teologica presso l’Università Ortodossa di Studi Umanistici di «San Thikhon» prima di essere ordinato circa vent’anni fa e incaricato di lavorare nelle parrocchie del Sud-Est della capitale russa. Dall’inizio di febbraio la vita del sacerdote è cambiata radicalmente. Il nome di p. Koval è apparso su molti media russi, tra cui la Rossiyskaya Gazeta, gestita dal governo.

Sospeso

Perché tanto interesse intorno a un parroco di basso profilo? Che cosa ha realmente fatto? La causa diretta è stata la sua sospensione formale dall’esercizio del ministero sacerdotale. Tuttavia, dietro la censura c’era un’altra ragione che ha provocato lo scandalo.

Il 2 febbraio 2023, il primate della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Cirillo, che è l’ordinario diocesano ex officio della città di Mosca, ha emesso un decreto (ukase) nel quale si leggeva: «Al sacerdote Joann Koval, chierico della chiesa del santo apostolo Andrea, il primo chiamato, a Lyublino, Mosca, è vietato prestare servizio fino alla fine dell’esame del suo caso da parte della Commissione disciplinare presso il Consiglio diocesano di Mosca».

Il provvedimento non diceva nulla sul motivo della censura, cosa strana, persino bizzarra, ma ben presto lo si è saputo. L’azione di Cirillo rispondeva alla denuncia di un membro della parrocchia di p. Koval, secondo la quale il sacerdote avrebbe ripetutamente sostituito la parola «vittoria» con «pace» nelle preghiere in chiesa.

Dopo che l’esercito d’invasione russo è stato più volte duramente colpito in Ucraina, il patriarca Cirillo ha composto una speciale Preghiera per la Santa Rus’ da recitare regolarmente nelle chiese della Federazione Russa. La preghiera contiene una supplica diretta per la vittoria della «Santa Rus’» − che è un modo clericale per dire la Russia di Putin −, e per invocare l’assistenza di Dio per i «guerrieri e difensori» della stessa Russia.

Ho sentito molte volte dal clero moscovita che gli uomini del patriarca spiano le chiese per assicurarsi che la preghiera venga recitata sempre e senza alterazioni o aggiunte. Il patriarca Cirillo e la cosiddetta «Chiesa ufficiale» probabilmente la considerano un modo per esprimere la loro fedeltà ideologica al Cremlino.

In quella preghiera, p. Koval, di etnia ucraina, ha cambiato una parola: «Alzati, o Dio, per l’aiuto del tuo popolo e concedici la pace con la tua potenza». Il patriarca è sceso in campo perché la parola che p. Koval aveva sostituito era «vittoria». Secondo Cirillo, la vittoria della Russia (o della Santa Rus’) è l’unico modo per raggiungere la pace.

Così vanno le cose a Mosca

Quando la notizia della sospensione di p. Koval è apparsa sui media, il vicepresidente del Dipartimento per le comunicazioni pubbliche della Chiesa ortodossa russa, Vakhtang Kipshidze, ha ribadito lo statuto sacrosanto della formulazione utilizzata nella preghiera: «Devo dirvi autorevolmente che, se un sacerdote cambia le preghiere per adattarle alla sua mentalità, aspirazione o preferenza politica, l’unità stessa della nostra Chiesa viene messa in discussione».

L’affermazione è fondamentale per comprendere come funzionano le cose nel Patriarcato di Mosca. Con il suo consueto modo brutale, Kipshidze afferma che nella Chiesa ortodossa russa può esistere una sola «preferenza politica»: quella del patriarca Cirillo. Tutte le altre opzioni costituiscono un’eresia o, quantomeno, una grave violazione della disciplina ecclesiastica e comportano immediatamente una censura, come la sospensione.

La dichiarazione di Kipshidze, tuttavia, esprime anche una posizione teologica più radicale. Secondo le sue parole, l’unità della Chiesa dipende direttamente dall’orientamento politico della gerarchia, il che significa che tutto il clero è obbligato (per usare un eufemismo) ad aderire a un’unica ideologia pro-Cremlino.

Il caso di p. Joann Koval è un esempio perfetto di come il Patriarcato di Mosca stia agendo perché il clero sia ideologicamente compatto. Si sanno già i nomi di coloro che hanno presentato la denuncia e l’hanno trasmessa all’ufficio del Patriarca e come questa abbia cambiato i rapporti tra p. Koval e i suoi confratelli.

Capita che la spia sia un accolito cinquantenne di Sant’Andrea, il quale ha sentito p. Joann sostituire pace alla parola vittoria. La sua indignazione è stata tale da interrompere la liturgia per proclamare lui stesso la formula «politicamente corretta» della preghiera. Questa riparazione, però, non è parsa sufficiente all’uomo, tanto che ha presentato anche denuncia al rettore della parrocchia, l’arciprete Victor Shkaburin.

Padre Shkaburin non ha mai brillato per coraggio. Ha subito cercato di mettersi al di sopra di ogni sospetto di simpatia verso il prete turbolento, presentando a sua volta denuncia all’arcivescovo Matfei Kopylov, capo del vicariato locale, un territorio a guida episcopale all’interno di una diocesi. Gli ingranaggi della burocrazia ecclesiastica hanno così iniziato a girare. L’arcivescovo Matfei non è certo un uomo desideroso di assumersi responsabilità, per cui si è limitato a telefonare a p. Koval dicendogli che era «interdetto» dalle funzioni ministeriali; senza presentare alcun documento ufficiale e nemmeno una spiegazione. P. Koval aveva celebrato a Natale, ma non più all’Epifania, due settimane dopo. Il decreto ufficiale è stato emesso dopo altre due settimane.

Una farsa

Alla fine di marzo, alcuni membri della Commissione disciplinare diocesana si sono recati a Sant’Andrea, guidati dall’arciprete Nikolai Inozemtsev, rettore della chiesa di Nostra Signora di Kazan sulla Piazza Rossa. Hanno interrogato la congregazione [l’insieme dei fedeli della parrocchia − ndr] per diverse ore. Secondo i partecipanti e i testimoni oculari, la maggioranza assoluta dei parrocchiani ha difeso p. Koval e si è dichiarata scontenta della sua rimozione.

«P. Joann è un pastore pio e devoto; è sempre stato delicato e mite con tutti. È quel tipo di confessore che ti fa sentire il Signore vicino, se capisci cosa intendo», sono state le tipiche parole condivise ed espresse dai fedeli di Sant’Andrea e non solo.

La commissione, però, non era venuta per chiarire le cose né tantomeno per ascoltare i parrocchiani. Circa ottanta membri della parrocchia hanno tenuto la parte di p. Koval. Ma per la Commissione era molto più importante trovare alcune voci critiche e contrarie al sacerdote e, alla fine, le ha trovate: circa cinque o sei. Una di queste era l’informatore, che – guarda caso – ha vestito anche i panni del provocatore: ha aggredito fisicamente una persona che aveva testimoniato in favore di p. Koval, anche se è stato subito respinto. Tuttavia lo scopo è stato raggiunto: i commissari hanno considerato l’incidente come «una prova» del «fallimento pastorale di p. Koval».

Nel frattempo, il rettore di Sant’Andrea si è tenuto in disparte. Non ha dato alcun sostegno a p. Koval e, quando la posizione ufficiale si è fatta più chiara, ha iniziato a chiamare il sacerdote «nemico della Chiesa».

Ma p. Shkaburin è sempre stato una persona così speciale? Non proprio. Si è laureato al Conservatorio di Stato di Mosca e vi ha anche svolto un post-dottorato. Sul sito web di Sant’Andrea si possono trovare registrazioni musicali di Victor Shkaburin (sì, proprio così, senza il titolo «padre») che esegue canzoni d’amore – musica sua, testi di Veronica Tushnova. Il titolo dell’album recita: «Ti auguro ogni bene». Tuttavia, gli auguri di p. Shkaburin non sono rivolti a nessuno. Oltre alle storie d’amore, compone anche canzoni a sostegno dell’invasione russa dell’Ucraina e ne pubblica i link su YouTube – sì, sullo stesso sito web di Sant’Andrea.

Benedizione e scomunica

Di lì a poco, un altro incidente ha rimarcato bene la nuova atmosfera che si respira a Sant’Andrea e in molte altre chiese di Mosca. La domenica successiva alla Pasqua ortodossa russa (quest’anno il 16 aprile), p. Koval si è recato in chiesa con la sua famiglia. Non indossava l’abito da sacerdote e si è mescolato alla congregazione.

Padre Shkaburin l’ha visto, ma ha scelto di ignorarlo. Non l’ha invitato a entrare nel santuario [la parte della chiesa riservata al clero e coperta dall’iconostasi − ndr] per ascoltare la funzione senza svolgere alcun ministero, una pratica diffusa in Russia per i sacerdoti sospesi. Alcuni parrocchiani si sono accorti della presenza del loro amato pastore e hanno iniziato ad andare da lui, in silenzio, per chiedere la sua benedizione. Il rettore se n’è accorto. Ha atteso che il sacerdote sospeso e la sua famiglia lasciassero la chiesa al termine della funzione e si è rivolto alla congregazione sostenendo che p. Koval «diffonde materiale estremista» ed esortando i parrocchiani a trasmettergli gli screenshot delle loro comunicazioni private con p. Koval. Infine, ha aggiunto che tutti coloro che avevano chiesto la benedizione di p. Koval non potevano più ricevere la Santa Comunione.

I membri della congregazione scomunicati hanno chiesto a p. Koval se fosse il caso di presentare una petizione al Patriarca, ma lui ha raccomandato loro di non procedere. Quando p. Koval si è recato a Sant’Andrea, in una successiva occasione, nessuno è più andato a chiedere la benedizione. Anzi, le persone temevano la sua presenza.

C’è un altro aspetto interessante da rilevare. Essere stato tanto fedele alla posizione ideologica del patriarca non pare abbia giovato molto a p. Shkaburin. La Pasqua è tradizionalmente il giorno in cui un sacerdote ortodosso russo può ricevere una nagrada (una onorificenza) dal suo vescovo o dal patriarca. Il giorno di Pasqua 2023 ne era attesa una per p. Shkaburin. Ma, alla fine, non è arrivato nulla: il rettore deve aver creato troppi problemi.

In aprile, la Commissione disciplinare ha concluso la sua indagine e ha deferito la questione al tribunale diocesano. Sotto l’autorità del patriarca Cirillo, il sacerdote imputato non ha il diritto di ricevere una copia del capo d’accusa prima della sua comparsa in tribunale e, di conseguenza, non può preparare la sua autodifesa. A p. Koval non è stato consegnato alcun documento prima di affrontare il processo.

Lo strumento del terrore

L’udienza si è svolta l’11 maggio ed è stata presieduta dall’arciprete Mikhail Ryazantsev, decano in carica della cattedrale di Mosca di Cristo Salvatore. I membri del tribunale hanno fatto pressione affinché p. Koval dichiarasse la sua posizione politica: «Cosa sei, un pacifista, un sostenitore dell’Ucraina?». Il sacerdote ha insistito sul fatto che non riteneva il tribunale ecclesiastico un luogo adatto per discutere di politica.

Altro tratto tipico della Russia di Putin. Il fervore di p. Shkaburin non si è limitato alle aggressioni verbali contro p. Koval: egli ha anche sporto denuncia scritta, stavolta non contro p. Koval ma contro i suoi figli minorenni, accusandoli di essere cresciuti in uno «spirito nazionalista ucraino».

Il verdetto era stato scritto in anticipo; di conseguenza, l’udienza è stata una mera formalità. La sentenza del tribunale, come prevedibile, è stata molto severa: in base al XXV Canone Apostolico, cioè per aver «infranto» i suoi voti di ordinazione, p. Koval è stato ridotto allo stato laicale. Per diventare effettiva, la sentenza deve ora essere confermata dal patriarca Cirillo, vescovo diocesano della regione di Mosca.

A quanto pare, i vertici della Chiesa ortodossa ufficiale russa si rendono chiaramente conto che la posizione contraria alla guerra è ancora molto diffusa tra il clero, e hanno ritenuto che un verdetto severo servisse a mettere paura ai sacerdoti pacifisti. La paura rimane quindi lo strumento fondamentale utilizzato dalla Chiesa ufficiale in Russia per mantenere il clero sotto stretto controllo.

La «Chiesa ufficiale» russa continua a sfidare palesemente le norme fondamentali del diritto canonico ortodosso per quanto riguarda il proprio clero. A volte appellarsi al Patriarcato Ecumenico può servire a far prevalere la verità. È forse giunto il momento di considerare la creazione di organismi cristiani di patrocinio incaricati di difendere il clero e i laici abusati dalle autorità della Chiesa ortodossa russa.

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10 Commenti

  1. Giampaolo Sevieri 19 maggio 2023
  2. Alessandro Giovanardi 17 maggio 2023
    • Anima errante 17 maggio 2023
  3. Gian Piero 17 maggio 2023
    • Anima errante 17 maggio 2023
      • Gian Piero 18 maggio 2023
        • Anima errante 18 maggio 2023
          • Giampaolo Sevieri 18 maggio 2023
          • Anima errante 18 maggio 2023
  4. Giovanni Lupino 17 maggio 2023

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