Per la prima volta, a mia conoscenza, la Chiesa ucraina non autocefala che fa riferimento al metropolita Onufrio, canonicamente legata a Mosca, accusa il patriarca di Mosca di tradire il Vangelo. Il dipartimento delle relazioni estere di Onufrio, il 28 marzo, ha fatto sapere che il decreto del congresso mondiale del popolo russo, l’associazione politico-ecclesiale voluta e presieduta da Cirillo di Mosca, propone affermazioni «incompatibili con l’insegnamento evangelico».
Non sono mancate nei due anni della guerra russo-ucraina ripetute affermazioni di Onufrio contro la guerra, a denuncia dei silenzi di Cirillo e a difesa della reazione militare ucraina. Nell’attuale testo ucraino si ripete la piena indipendenza della Chiesa ucraina non autocefala da Mosca, il dissenso radicale dalla concezione geopolitica del Russkji Mir (mondo russo), la legittimità della difesa armata dell’Ucraina e la sua giustificazione morale, l’affermazione dell’identità nazionale ucraina, l’illegittimità dell’occupazione dell’Ucraina.
A tutto questo si aggiunge la denuncia dell’infedeltà della Chiesa di Mosca ai principi definiti dal suo documento magisteriale di dottrina sociale e, più radicalmente, la sua distanza dal Vangelo. «Dichiariamo che il decreto citato contiene l’apologia della violenza, la giustificazione delle violazioni dei principi spirituali, morali ed evangelici, e che esso costituisce una minaccia per l’identità ucraina e la sovranità dell’intero territorio dell’Ucraina. Pensiamo che le idee contenute nel documento citato non possono essere sostenute da una Chiesa che si pretende cristiana».
La guerra in Ucraina è santa
Per irritare a tal punto la Chiesa ucraina non autocefala che cosa contiene il citato decreto del congresso mondiale russo? Il 27 marzo esce col titolo Il presente e il futuro del Russkji Mir un testo di sei cartelle approvato dai 488 delegati dell’assemblea generale del consiglio mondiale del popolo russo.
L’associazione, fondata e presieduta da Cirillo, è composta da vescovi, preti e laici, in rappresentanza dei gruppi locali che sono attivi in tutta la Russia e nei paesi viciniori. È stata la cassa di risonanza della visione politica del Russkji Mir divenuta il quadro ideologico della politica imperiale di Putin.
Il decreto di Cirillo qualifica la guerra d’aggressione all’Ucraina come «una nuova tappa della lotta di liberazione nazionale del popolo russo contro il regime criminale di Kiev e l’Occidente che lo sostiene». Si tratta di una guerra santa in cui la Russia difende lo spazio spirituale della santa ’Rus, contrastando la vittoria del globalismo e del satanismo occidentale. Il Russkji Mir si espande oltre i confini della Russia e si estende ovunque vi siano radici di tradizione russa.
La sua missione è di ripristinare l’unità del popolo russo. Essa deve diventare una delle priorità della politica estera della Russia. «La Russia dovrebbe ritornare alla dottrina della “trinità” del popolo russo, che esiste da più di tre secoli, secondo la quale il popolo russo è composta dai “grandi russi” (Russia), dai “piccoli russi” (Ucraina) e dai bielorussi, che sono rami di un unico popolo».
Ucraini e bielorussi sono russi
Il decreto dà poi un grande spazio alla questione demografica indicata come “catastrofica” e al sostegno della famiglia e di quella numerosa in particolare. Nei valori familiari “tradizionali” non vi è spazio per l’aborto, la dissolutezza e la sodomia. La legislazione in merito dovrebbe sostenere in tutta evidenza l’unità e la fecondità dei nuclei familiari.
Altro tema è quello dell’immigrazione che va rigorosamente delimitata a quanti sono in grado di integrarsi nella società. Infine, si affronta il tema educativo ispirato da una rigorosa “sovranità” nazionale. Esso dovrà sottoporre a verifica le teorie e le scuole dell’Occidente, rendere coerenti ai valori tradizionali le conoscenze umanistiche, riformare l’intero sistema educativo nazionale.
Nel suo intervento all’assemblea il patriarca Cirillo diceva: «Il Russkji Mir non è un fenomeno strettamente nazionale, è una comunità di ideali e valori, uno spazio culturale comune di tutti i popoli che hanno vissuto, creando e lavorando pacificamente per secoli per la nostra patria unita».
Una pericolosa proposta di legge
La Chiesa non autocefala ucraina di Onufrio deve dare evidenza al suo distacco dalla Russia e dalla sua Chiesa servile, da un lato, e, dall’altro, deve resistere ai tentativi amministrativi dello stato ucraino, impegnato allo spasimo nella guerra, di assicurarsi un’ortodossia coerente con il sentimento nazionale e tendenzialmente unificata nella Chiesa autocefala di Epifanio, sostenuta dal patriarca di Costantinopoli.
Particolarmente pericolosa per Onufrio è la legge, già arrivata in seconda lettura al parlamento (Rada) che prevede la soppressione di Chiese che abbiano il loro riferimento all’estero in una nazione nemica, lo scioglimento delle organizzazioni religiose delle stesse, la loro esclusione dai beni demaniali, la facilitazione di passare dalla loro obbedienza a quella della Chiesa autocefala. Un indirizzo che coinvolge le parrocchie, le confraternite, i monasteri, le “lavre” e le chiese ora a disposizione della Chiesa non autocefala.
Con grande sforzo la Chiesa non autocefala ha sollecitato la presenza di un suo rappresentante nelle commissioni dell’ONU che si interessano della libertà religiosa, utilizzando anche lobby specializzate americane. Un grande studio di avvocati di Amsterdam si è messo a disposizione per difendere i diritti della Chiesa di Onufrio. È nata un’associazione internazionale che si preoccupa di sollecitare le istanze europee per le violazioni alla libertà religiosa in Ucraina. Documenti, confronti scientifici internazionali, richiami pastorali sono indirizzati allo stesso fine.
Alleati ambigui
Sia la Chiesa ortodossa di Mosca che considera l’autonomia della Chiesa ucraina non autocefala come una sorta di “vacanza scolastica” che finirà nel momento della vittoria militare, sia la difesa di Chiese direttamente legate alla Russia si espongono molto nella denuncia internazionale di una “persecuzione” anti-Onufrio in Ucraina.
Per Onufrio sono alleati scomodi. È il caso del vescovo serbo Ireneo di Bacha, considerato l’ideologo del sinodo serbo e consigliere anziano del patriarca Porfirio. Interpellato sui nemici dell’ortodossia ucraina canonicamente legata a Mosca, ha indicato con supponente sicurezza la Chiesa “uniate” (la Chiesa greco-cattolica) che ha le sue radici storiche nel concilio di Firenze (1438-9) e nell’unione di Brest-Litovsk (1596) e la Chiesa “scismatica” di Epifanio.
Aggiungendo un paragone di sicura efficacia ma di scarsa intelligenza fra le devastanti persecuzioni sovietiche che hanno visto la morte di centinaia di migliaia di preti, vescovi e laici credenti, le sofferenze dei gulag e la distruzione dell’intero patrimonio delle Chiese nei territori ex sovietici rispetto alle attuali (e discutibili) forme amministrative, legislative e talora operazioni forzose del sistema pubblico ucraino verso la Chiesa non autocefala.
«I sovietici non raggiunsero mai questo livello di follia e di odio. Sì, hanno distrutto chiese e monasteri, e la maggior parte di quelli rimasti sono stati profanati e chiusi…; sì, uccisero decine e forse centinaia di migliaia di vescovi, preti, monaci e credenti in tutta l’Unione Sovietica, milioni dei quali furono espulsi nelle tristi isole dell’Arcipelago Gulag. Sì, hanno commesso queste e molte altre atrocità, ma sotto di loro non è stata presa una decisione formale da parte della massima autorità, secondo la quale la Chiesa sarebbe stata semplicemente bandita e chiusa».
La storia a piacimento
Confondere vessazioni di tipo “napoleonico” con la sistematica distruzione delle fedi da parte dei soviet vuol dire fare un pessimo servizio alla Chiesa di Onufrio che ha sotto processo una sessantina di preti (su alcune migliaia di pastori attivi) e cinque vescovi (un paio sono già fuggiti in Russia), ma che può manifestare liberamente il suo pensiero e mettere in opera la sua pastorale.
La difficoltà di Onufrio nei confronti di alcuni dei suoi “alleati” (russi e serbi) è visibile nel silenzio (non però pieno) davanti alle prepotenze della Chiesa russa nei territori militarmente occupati. Le tre diocesi della Crimea sono considerate ormai parte del patriarcato russo e tutti i territori del Dombass dipendono totalmente da vescovi, preti e appartenenze canoniche del patriarcato russo. Nessuna di queste decisioni è stata condivisa con la Chiesa non autocefala ucraina.
Quando la religione si lega (subordinandosi) ai nazionalismi diventa pretesto per le più orribili e blasfeme turpitudini. Di ciò oggi abbiamo malauguratamente fin troppe conferme…..