«Il santo sinodo dei vescovi della Chiesa ortodossa serba si rallegra della decisione delle più alte autorità dello stato, che hanno annullata la manifestazione dell’Euro-Pride, prevista dagli organizzatori a Belgrado nel mese di settembre (12-18). Si congratula con il presidente serbo, Alexandar Vucić e il governo per tale responsabile decisione» (27 agosto 2022).
Ancora una volta la protesta delle minoranze LGBT inquieta le autorità politiche e le Chiese.
In un paese di tradizione slava e con una Chiesa ortodossa molto legata a Mosca è facile il rimando all’improbabile denuncia del patriarca Cirillo che il 6 marzo scorso ha giustificato l’intervento armato della Russia in Ucraina in base allo scontro di civiltà (Oriente-Occidente) la cui cartina di tornasole è il permissivismo immorale («esiste oggi un test per la lealtà al governo – del potere mondiale –, una specie di passaggio a quel mondo felice, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della libertà: è necessario organizzare una parata Gay Pride»).
Altrettanto agevole è rimarcare qualche evidente eccesso sia sul fronte dei militanti come degli oppositori. Il vescovo Nicanore di Banat, nei primi giorni di agosto, ha detto che i partecipanti all’Euro-Pride «profanano la città di Belgrado, la città santa della Serbia». E ha aggiunto: «Maledirò tutti coloro che organizzano e partecipano a simili iniziative… Se avessi un’arma la userei, userei quella forza se solo l’avessi, ma non lo faccio».
Nella folla che ha sfilato dopo il raduno voluto dal patriarca di Belgrado, Porfirio (11 settembre), le immagini religiose si confondevano con le foto di V. Putin e il servizio d’ordine era garantito dai “lupi della notte”, un gruppo motociclistico reazionario e filo-russo.
Presidente e lesbica
Dal punto di vista della politica l’evento sembrava ulteriormente giustificato per la presenza alla presidenza del governo di una donna, notoriamente lesbica, Ana Brnabić.
Ma il presidente Vucić ha annullato la manifestazione motivando il provvedimento in ragione dell’ordine pubblico in un momento di acuta tensione politica con il Kosovo e a causa dei pericoli per i territori sacri all’Ortodossia serba che sono in quello stato.
Gli organizzatori hanno invocato le libertà civili di manifestazione e l’inconsistenza delle motivazioni, accusando la stessa Brnabić di fare la “foglia di fico” delle tendenze illiberali e autoritarie di Vucić. Non si sa con precisione se e quanti degli eventi previsti saranno effettivamente cancellati. Le associazioni LGBT li hanno confermati tutti.
Il patriarca ha preso nelle sue mani la questione e, forte di un consenso per la sua posizione socialmente aperta, per la soluzione allo scisma macedone e il concordato con il Montenegro, ha appoggiato la decisione del presidente della repubblica e ha convocato una grande manifestazione popolare l’11 settembre per una preghiera per la santità del matrimonio e la pace nella nazione.
Ha composto una preghiera da recitarsi in tutte le chiese e i monasteri. In un lungo discorso alla folla ha sottolineato l’invito alla preghiera e al sostegno al sistema di valori nati dal Vangelo.
«Fratelli e sorelle, non imponiamo il nostro modo di vivere a nessuno, ma non vogliamo nemmeno che nessuno, da nessuna parte del mondo, venga a imporre i propri valori, la propria visione del mondo, imponendo a noi il loro modo di vivere. Lo ripeto, non imponiamo a nessuno il nostro modo di vivere, per nessuno, anche se si crede migliore di noi e pretende di imporre le sue regole, la sua visione del mondo e il suo modo di vita».
«Siamo di fronte a un’ondata, a uno tsunami, all’invasione di tanti nuovi riferimenti di valore che si impongono o con violenza e aggressività oppure attraverso un potere sottile e condizionamenti che sfuggono ai radar, con l’obiettivo di far crollare qualsiasi ordine naturale o di civiltà esistente, a favore di un nuovo paradigma e di nuove regole. Un vortice che ha l’intenzionalità di distruggere i fondamenti e i pilastri identitari degli individui e della comunità per rendere tutto relativo e fragile. L’epilogo di queste ideologie sociali post-umaniste non è solo la rimozione della distinzione fra maschio e femmina, del matrimonio, ma, in conclusione… non potremmo nemmeno dire con certezza che cosa sia l’uomo».
Gender e appartenenze etniche
«Vorrei subito contestualmente sottolineare che siamo contro ogni tipo di violenza, che siamo contro il disprezzo, l’odio, la persecuzione e il marchio di infamia su coloro che condividono le idee (LGBT), soprattutto se la violenza è commessa in nome della Chiesa e in nome di Cristo. Inoltre, so che ci sono molte persone fra di loro che sono migliori di me e che non condividono l’esibizione della parata. Non li giudichiamo, non li accusiamo, non li condanniamo».
La netta opposizione al Gay Pride e alle sottili influenze dell’ideologia Gender nasce da una condizione sociale ed ecclesiale che ritiene necessaria la resistenza ad una “libertà” imposta e non conquistata, esponendosi tuttavia ad alleanze politiche e culturali ambigue, con una identificazione con posizioni non del tutto attrezzate per attraversare i processi di secolarizzazione.
La mancata e chiara denuncia della Chiesa serba sulla responsabilità del patriarcato russo nella guerra contro l’Ucraina ne è un segno. Come anche la sua difficoltà di liberarsi dai vincoli nazionalistici e dalle appartenenze etniche.