Il nuovo quartier generale africano di Amazon, il deus ex machina del nostro tempo che provvede a ogni necessità riempendoci di beni a nostre spese, dovrebbe sorgere a Città del Capo (Sudafrica) all’interno di un complesso commerciale sviluppato su terreni considerati sacri da gran parte delle popolazioni originarie del paese.
In questa zona, infatti, i guerrieri Khoi respinsero un attacco delle truppe portoghesi nel 1510 – in quella che fu la prima battaglia di resistenza al colonialismo europeo in Sudafrica.
In merito, le diverse rappresentanze delle popolazioni originarie si sono divise: alcune favorevoli allo sviluppo commerciale dell’area, con la promessa dell’impresa di costruzione di creare un centro museale mediatico sull’eredità culturale delle popolazioni originarie; altre decisamente contrarie perché, qualsiasi forma prenda l’area commerciale, si tratterebbe comunque di un atto sacrilego che finirebbe col cancellare uno dei luoghi più importanti della memoria culturale delle popolazioni indigene.
La spaccatura non deve sorprendere più di tanto, poiché le popolazioni originarie del Sudafrica hanno conosciuto secoli di persecuzione, prima coloniale e poi razziale, che le ha portate a una sorta di disintegrazione – resa oggi evidente dalle molteplici sigle di enti e associazioni che hanno visto riconosciuto il proprio diritto di rappresentanza.
La controversia interna rischia di rendere vana la lotta di lunga data portata avanti dalle popolazioni indigene sudafricane per vedere riconosciuti i propri diritti e la propria storia.