Ho raccolto due testimonianze di persone che conosco e stimo: quella di Lior Genah, guida turistica italo-israeliana di Tel Aviv, e quella di Jessica Jasmine Barhom, imprenditrice britannica, musulmana, che vive vicino a Gerusalemme e, insieme alla sua famiglia promuove attività di incontro e conoscenza tra arabi musulmani ed ebrei.
- Dov’eri quando hai sentito dell’attacco e come hai reagito?
Lior. Eravamo in casa e dormivamo tutti. Erano le 6.30 del mattino e inoltre era il giorno della festa di Simchat Torah, quando si celebra la lettura del testo sacro dall’inizio del libro della Genesi. È un giorno solenne e gioioso in cui tutte le sinagoghe si riempiono di famiglie con bambini. Ma quella ricorrenza si è trasformata in una tragedia: il primo giorno in cui Hamas ha lanciato oltre cinquemila missili contro di noi.
Jessica. Di primo mattino abbiamo sentito molti razzi qui vicino (noi abitiamo a Ein Rafa) ed è stato orribile, uno shock. Questo è il periodo più tragico che io abbia vissuto. Quanti traumi dovremo affrontare prima di capire che la guerra non è una soluzione?
- Conosci qualcuno al fronte?
Lior. Mia figlia, vent’anni, e anche molte altre persone che conosco sono al fronte come riservisti. Molti amici e padri di famiglia hanno lasciato le loro case per difendere il nostro Paese e, purtroppo, tanti non torneranno.
Jessica. Non personalmente, ma conosco famiglie che ne hanno. Grazie al nostro lavoro, abbiamo molti amici ebrei e siamo sempre in contatto con loro. Conosco anche persone a Gaza e non posso credere a ciò che sta loro accadendo.
- Com’è la tua vita adesso e quella della tua famiglia, la vostra routine quotidiana?
Lior. Non esiste più la vita di prima. Io ho perso il mio lavoro di guida, tutte le scuole sono chiuse. Siamo asserragliati in casa e usciamo solo per comprare beni di prima necessità, ma mai insieme, ci alterniamo per stare con i nostri figli: temiamo di essere colpiti. Spesso dobbiamo correre al riparo nei bunker, appena sentiamo le sirene. Dove abito abbiamo un bunker collettivo, ma molte abitazioni sono costruite in modo da avere una stanza di sicurezza privata. Ci sono bunker sparsi in ogni quartiere, pronti a ospitare chiunque.
Jessica. La routine è completamente stravolta; i gruppi che accogliamo, per cui organizziamo gli incontri e anche cuciniamo, hanno disdetto e stanno cancellando le prenotazioni dei prossimi mesi. Tutte le scuole sono, al momento, chiuse, con lezioni solo online. Noi siamo musulmani e, credendo nell’integrazione, abbiamo scelto la scuola ebraica per i nostri bambini quando erano piccoli. Le mie due figlie maggiori adesso frequentano la scuola cattolica delle Rosary Sisters di Gerusalemme e uno dei miei figli è iscritto alla scuola di Neve Shalom/Wahat al Salam, il famoso villaggio ove ebrei e palestinesi vivono insieme.
- Come vi informate su quello che sta accadendo?
Lior. In casa seguiamo i notiziari in televisione; quando siamo nel bunker, invece, ascoltiamo la radio tutti insieme.
Jessica. Leggiamo, ascoltiamo e guardiamo costantemente i canali israeliani, arabi e la BBC, cercando di capire gli eventi da diversi punti di vista.
- Se tu potessi parlare ai vostri leader, cosa diresti?
Lior. Direi che è finalmente arrivato il momento di trovare una soluzione alla questione palestinese. Bisogna anche disarmare e fermare i terroristi una volta per tutte. Le guerre si combattono tra soldati, non prendendo in ostaggio donne, bambini e anziani, infierendo sui loro cadaveri.
Jessica. Direi: «Basta! Basta!». Ho davvero perso la fiducia nella politica. Nessuno ha inquadrato la situazione in un contesto più ampio, sia storico sia umano. E, per favore, non scadiamo in facili prese di posizione: non si tratta di prendere le parti di uno o dell’altro. Ritroviamo la nostra umanità!
- Come possiamo aiutare, anche se siamo lontani?
Lior. Non tacete di fronte a questo nuovo genocidio, migliaia di israeliani sono stati trucidati. Però bisogna saper distinguere: la questione palestinese va risolta con i palestinesi, non con i terroristi, che sono la rovina del loro stesso popolo. Non si può trattare con loro. Da parte mia, continuerò a lavorare, come ho sempre fatto, con i palestinesi.
Jessica. Da tutto il mondo riceviamo supporto, e siamo commossi, ci dà forza. Prego Dio che ci sia un’opportunità di pace che ci conduca fuori da questo incubo.
Sandra Manzella è insegnante e scrittrice. Membro di Agorà delle Religioni di Mantova, è autrice del volume Gerusalemme Viaggio al centro del mondo, Edizioni Unicopli.